Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2327 del 03/02/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 2327 Anno 2014
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: MACIOCE LUIGI

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 321 del R.G. anno 2007
proposto da;
Bruno Francesco, Bruno Giovanni, Bruno Maria Fontana ,
Bruno Anna, Gioia Giuseppe, dom.ti in Roma P.le Clodio 8
presso l’Avv. Romana D’Ambrosio con l’avv. Vincenzo Vitale del
Foro di Brindisi che li rappresenta e difende per procura in calce
al ricorso

ricorrenticontro

Regione Puglia in persona del Presidente, dom.to in Roma via
Barberini 36 presso la delegazione regionale a Roma, con l’avv.to
Maria Scattaglia del Foro di Bari

contro ricorrente-

Ministero delle Politiche Agricole e Forestali,

con

l’Avvocatura Generale dello Stato via dei Portoghesi 12 Roma
intimatoavverso la sentenza 675 del 28.09.2006 della Corte di Appello
di Lecce ; udita la relazione della causa svolta nella p.u. del

18.12„2013 dal Consigliere Dott. Luigi MACIOCE; presente il
in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Pasquale

20)3

9132)

Data pubblicazione: 03/02/2014

à

Fimiani che ha concluso per il rigetto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
I signori BRUNO Francesco, Giovanni, Maria Fontana, Anna e GIOIA
Giuseppe , sull’assunto di aver ricevuto per contributo una tantum per
danni da siccità nell’annata agraria 1989/1990, ex art. 2 c. 2 legge
31/1991, somme esigue rispetto al maggior importo ammesso ma non
erogato alla luce della insufficienza dei Fondi regionali, chiesero ed ottennero a carico della Regione Puglia decreto ingiuntivo per rispettive

stasi la Regione, chiamante in causa in rivalsa il Ministero delle P.A.F., il
Tribunale di Brindisi, con sentenza 19.11.2003, respinse l’opposizione e
confermò l’obbligo solutorio condannando il Ministero a rivalere la Regione delle somme erogate. La Corte di Lecce, adìta dall’appellante Regione Puglia e dall’appellante Ministero, dichiarata assorbita la domanda
di rivalsa della Regione ,ne accolse il gravame sull’assunto che la legge
prevedesse un contributo di lire 2 milioni ad ettaro ma rapportabile alle
disponibilità del Fondo di Solidarietà, come chiarito con l’art. 8 septies
della legge 186 del 2004, con disposizione la cui costituzionalità era stata fatta salva dalla sentenza 135 del 2006. Con sentenza 28.09.2006 ha
,

quindi revocato l’ingiunzione opposta.
Per la cassazione di tale sentenza gli interessati hanno proposto ricorso il 20.12.2006 con otto motivi cui ha opposto difese la Regione con
controricorso 6.2.2007, nessuna difesa essendo svolta dall’intimato Mistero PAF che ha solo depositato “atto di costituzione” per eventuali difese orali.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Ritiene il Collegio che i motivi, quali appresso esposti, non meritino alcuna condivisione.
Primo motivo: esso contesta l’interpretazione data all’art. 2 c. 2 DL
367/90 convertito nella legge 31/91 dal testo dell’art. 8 septies legge
186/2004, trattandosi, ad avviso dei ricorrenti, di diritto soggettivo.
Secondo motivo: esso contesta la interpretazione datka, ritenendo invece che l’art. 8 septies con il rinvio all’art. 11 abbia fatto capo al solo rapporto di spesa tra Ministero PAF e Regioni e non interferendo affatto nel
rapporto con il beneficiario.
Terzo motivo: esso contesta la sommarietà della valutazione di incapienza fatta dalla Corte di Appello a fronte del rapporto tra somme messe a
disposizione per il contributo una tantum ( 23 miliardi) e somme assegnate alla Regione allo scopo (165 miliardi di lire)
Quarto motivo: esso denunzia la contraddittorietà della motivazione che

lire 10.315.580, 8.673.707, 7.935.062, 7.381.453, 22.478.000. Oppo-

#

avrebbe, al contempo, fatto capo alle disponibilità del Fondo ed a quelle
della Regione destinate allo scopo.
Quinto motivo: esso lamenta, all’esito di una complessa descrizione,
l’interpretazione data dell’art. 8 septies ed afferma che anche sulla sua
base non si sarebbe posto un problema di spettanza del diritto del beneficiario ma solo di entità della erogazione.
Sesto motivo: esso censura la omessa motivazione sul fatto dai ricorrenti allegato, relativo alla circostanza per la quale la Regione non a-

Settimo motivo: esso reitera la stessa appena indicata censura in termini di violazione dell’onere della prova a carico della Regione.
Ottavo motivo: esso censura, sempre per violazione dell’art. 2697 cc e
degli artt. 115 e 116 cpc., la disattenzione per il fatto che la Regione aveva ammesso di aver ricevuto finanziamento del proprio fabbisogno pari al 40% dell’occorrente e che pertanto era insostenibile la erogazione al
beneficiario del solo 6,34%
Va premesso all’esame dei motivi che il Collegio intende dare piena continuità al consolidato indirizzo di questa Corte

(ex multis Cass.

2786/2013 – 11697/2010- 20432/2005) i cui principii possono sintetizzarsi come appresso.
d.

Il diritto dell’agricoltore al contributo una tantum previsto dall’art.
2, c. 2, del d.l. 367 del 1990, convertito in legge 31 del 1991, in favore
delle aziende agricole colpite dalla siccità nell’annata agraria 1989-90,
ed erogato nell’ambito della Regione Puglia in virtù della legge reg. 11
maggio 1990, n. 24, non costituisce un diritto soggettivo perfetto con
riferimento all’intero ammontare indicato dalla predetta disposizione,
dovendo essere la stessa coordinata con il successivo art. 11, il quale
pone a carico dello Stato uno stanziamento annuo all’interno del quale
devono essere reperiti i fondi che le regioni sono autorizzate ad erogare
ai coltivatori, con la conseguenza che, non essendo previsto a carico delle regioni l’obbligo di reperire direttamente i fondi per far fronte ai danni
derivanti dalle calamità naturali, il predetto contributo in tanto può essere erogato, in quanto vi sia capienza nei fondi messi a disposizione della
regione dal Fondo di solidarietà previsto dall’art. 1 della legge 15 ottobre
1981, n. 590. È stata anche dichiarata infondata con sentenza 135 del
2006 della C.C. la questione di legittimità costituzionale dell’art. 8septies del d.l. 28 maggio 2004, n. 136, introdotto dalla legge di conversione 27 luglio 2004, n. 186, il quale, attribuendo il predetto significato,
ha fornito l’interpretazione autentica dell’art. 2, comma 2, del d.l. n. 367
del 1990, dovendosi ritenere che, diversamente, la norma sarebbe risul-

vrebbe dato prova alcuna della indisponibilità dei fondi.

tata priva di copertura finanziaria, non essendo possibile prevedere il
numero delle regioni aventi diritto a prelevare somme dal Fondo di solidarietà o dei coltivatori aventi diritto al contributo, ovvero lesiva dell’autonomia finanziaria delle regioni, imponendo alle stesse di far fronte a
spese non previste da alcuna norma di legge.
Esaminando, quindi, alla stregua del richiamato e pienamente condiviso principio, l’articolato ricorso in disamina, si osserva che:

merito abbia rettamente ricostruito il quadro normativo ricavandone la conseguenza per la quale l’an ed il quantum del diritto
soggettivo azionabile dagli agricoltori interessati sorge all’esito di
un procedimento che vede A) l’Amministrazione centrale dello
Stato erogatrice della provvista ma estranea al rapporto obbligatorio, B) la Regione tenuta, per delega ex lege , alla ripartizione
dei fondi tra tutte le diverse tipologie di aiuti previsti dalle norme
nazionali e regionali ed alla assegnazione delle quote risultanti
entro il tetto di finanziamento individuale, C) i Comuni delegati
agli accertamenti istruttori: le censure sono pertanto infondate.
2. In relazione ai motivi terzo, quarto, sesto e settimo, si osserva
che: A) non ha consistenza alcuna la pretesa di contestare (pervero affatto genericamente) la decisione regionale di destinare
agli aiuti specifici di rilievo in causa (danni da siccità alle aziende
viti olivicole) la quota di lire 23 miliardi del maggior importo di lire 165 miliardi ad essa Regione destinato dal Fondo di Solidarietà, sottacendosi che gli aiuti del Fondo erano da ripartire tra varie
tipologie di vicende calamitose e nulla affermandosi sulla subvalenza di alcuni rispetto ad altri; B) la contestazione, quindi, avrebbe semmai dovuto svilupparsi attraverso il diniego della esistenza di altre tipologie di aiuti ovvero attraverso la allegazione
di un carattere prevalente degli aiuti in discorso rispetto alla
somma di lire 23 miliardi stanziata dalla regione sottostimando la
entità dei danni effettivi; C) la doglianza di omessa valutazione
di una residua “capienza” delle disponibilità specifiche e l’accusa
di stravolgimento dell’onere probatorio, a dire dei ricorrenti gravante sulla Regione, è fuori centro. Non si tratta infatti di gravare
(erroneamente) l’agricoltore dell’onere di provare la “capienza”
del credito finale rivendicato in ragione di lire 2.000.000 ad ettaro; si tratta di gravare (esattamente) l’interessato dell’onere di

4

1. Con riguardo ai primi due motivi, appare chiaro che la Corte di

contestare specificamente la affermata incapienza; si trattava
dunque di un mero onere di contestazione che la Corte di Appello
(pag. 8 della sentenza) ha ritenuto non soddisfatto e si sarebbe
trattato in questa sede di specificamente censurare la correttezza
della asserita non contestazione. Ma tale censura non è rinvenibile in alcuno dei quesiti posti né in alcun passo dei motivi sesto e
settimo che addebitano alla sentenza solo la errata inversione
dell’onere probatorio.

sposta nomofilattica, non se ne scorge la consistenza: i principii
richiamati dianzi fanno ritenere indubbio che la norma interpretativa abbia individuato il presupposto del diritto al contributo nella
individuazione del quantum erogabile, ma nulla tale principio
comporta che impedisca di ritenere che il quantum erogato in
concreto (e nelle minori somme indicate a pag. 2 del ricorso) corrisponda proprio al quantum spettante. Ditalchè la censura rivela
tutta la sua astrattezza là dove nega che il giudice del merito
possa rigettare la domanda di pagamento del “saldo”.
4.

L’ottavo motivo, infine, ripropone la petizione di principio per la
quale, una volta ammesso che la stessa Regione aveva reputato
che il finanziamento statale copriva il 40% del fabbisogno effettivo, era tal quota che rappresentava il diritto dell’agricoltore: la
inconsistenza della doglianza discende da quanto dianzi precisato.

Sulla base delle esposte considerazioni, quindi, si rigetta il ricorso
e si grava la parte ricorrente (i ricorrenti in solido) dell’onere della
refusione delle spese in favore della Regione Puglia. Non sussiste
onere di sorta con riguardo all’intimato Ministero.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido a versare alla
regione Puglia per spese la somma di C 2.200 (C 200 per esborsi)
oltre IVA e CPA.
Così eciso nella c.d.c. del 18.12.2013.
Il Co s.est.

Il F. residbn e

3. Con riguardo al motivo quinto, il cui quesito finale sollecita la ri-

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