Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23269 del 18/09/2019

Cassazione civile sez. I, 18/09/2019, (ud. 09/09/2019, dep. 18/09/2019), n.23269

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 26948/2018 proposto da:

D.S., elettivamente domiciliato in Roma, Via S. Croce in

Gerusalemme n. 97, presso lo studio dell’avvocato Pacileo Fabrizio,

che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, (Commissione Territoriale Riconoscimento

Protezione Internazionale Roma), in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 13/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/09/2019 da Dott. GENOVESE FRANCESCO ANTONIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA e RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Roma, con il decreto n. 10843 del 2018 (pubblicato il 13 agosto 2018) ha respinto il ricorso proposto dal sig. D.S., cittadino del Senegal, avverso il provvedimento negativo del Ministero dell’Interno – Commissione territoriale di Roma, che a sua volta non aveva accolto le richieste di protezione internazionale e di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari, avanzate dal menzionato cittadino di un Paese terzo.

Il Tribunale, inquadrata la domanda nell’ambito del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis (come introdotto dal D.L. n. 13 del 2017, convertito con modificazioni nella L. n. 46 del 2017), entrato in vigore il 18 agosto 2017, ha disatteso sia la domanda di rifugio politico e sia quella di protezione sussidiaria, affermando la mancata correlazione della vicenda individuale narrata (l’essere stato, il richiedente odierno, dapprima accusato della morte della ragazza con cui aveva allacciato una relazione ma che era deceduta durante il parto, e poi dell’aver partecipato – sia pure non attivamente – al litigio tra un suo amico e un tassista, poi morto a seguito delle violenze) con i diversi profili considerati dalla legge (le previsioni di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a), b) e c)) e con il pericolo di un serio rischio di danno grave. In particolare, i fatti riferiti non evocherebbero profili di persecuzione diretta e personale, atteso che si trattava di fatti ai quali era sostanzialmente estraneo, oltre che non ricompresi nell’area del sistema di protezione nascente dalla Convezione di Ginevra.

Neppure era stata allegata e documentata una specifica ragione di vulnerabilità in rapporto ai rischi di apprezzabile entità cui sarebbe esposto in caso di rimpatrio e nè emergerebbe una stabile integrazione lavorativa in Italia.

Il richiedente asilo ha proposto ricorso per cassazione con due motivi, con i quali lamenta: a) la violazione o falsa applicazione di norme di diritto (D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5 e 7 e D.Lgs. n. 25 del 2018, art. 27, comma 1-bis) in relazione alle dichiarazioni rese per averle considerate scarsamente credibili malgrado il ragionevole sforzo compiuto dal richiedente asilo (art. 360 c.p.c., n. 3); b) la violazione o falsa applicazione di norme di diritto (D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 e D.Lgs. n. 25 del 2018, art. 27, comma 1-bis) in relazione alle dichiarazioni rese per averle considerate scarsamente credibili malgrado i segni di una coltellata ricevuta e i reports più recenti non assicurino affatto il giudizio fornito in ordine alla situazione del Paese di origine; b1) la mancata concessione della protezione sussidiaria in ragione dell’erronea valutazione dello sforzo di inserimento in Italia compiuto dal richiedente.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto sostanziali difese.

In prossimità dell’adunanza camerale il ricorrente ha chiesto rinvio per documentare la propria condizione di unione civile con una cittadina italiana.

Osserva il Collegio che la valutazione delle doglianze relative alla richiesta protezione umanitaria non sono allo stato scrutinabili essendosi rimessa la relativa questione generale all’esame delle SU civili, del cui responso si è in attesa.

E’ pertanto opportuno un rinvio della causa a Nuovo ruolo, da fissarsi dopo il detto pronunciamento delle SU civili.

P.Q.M.

La Corte,

Rinvia la causa a Nuovo ruolo.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione prima civile, il 9 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 settembre 2019

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