Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23267 del 15/11/2016


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Cassazione civile sez. I, 15/11/2016, (ud. 21/04/2016, dep. 15/11/2016), n.23267

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18342-2011 proposto da:

BANCA POPOLARE VESUVIANA SOC. COOP. A R.L., (C.F. (OMISSIS)), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE FLAMINIO 44, presso l’avvocato

MARTA LETTIERI, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO

VITOBELLO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CREDITO EMILIANO S.P.A., nella qualità di incorporante di ABAXBANK

S.P.A. (c.f. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SABOTINO 2, presso

l’avvocato FRANCESCA LUISA REVELLI, rappresentata e difesa

dall’avvocato PAOLO FERRARI, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2746/2010 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 12/10/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/04/2016 dal Consigliere Dott. ANDREA SCALDAFERRI;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato F. L. REVELLI, con delega,

che si riporta per il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel giugno 2001 la Banca Popolare Vesuviana s.c.r.l. (BPV), intenzionata ad operare un investimento a medio termine, si rivolse ad Abaxbank s.p.a., la quale le inviò un documento informativo contenente termini e condizioni indicative di un titolo Crediop, intitolato Credit Linked Note first to default legata ad un basket di corporate europei, con scadenza 5 anni, strutturato in modo tale per cui il verificarsi di una ipotesi di insolvenza a carico di uno dei soggetti in esso elencati avrebbe comportato la liquidazione anticipata del credito vantato dal portatore del titolo, mediante consegna di una obbligazione del soggetto caduto in insolvenza o del suo controvalore in contanti. Acquistato il titolo per l’importo di Euro 2.500.000,00 versato ad Abaxbank, era poi accaduto che, a causa della insolvenza di Parmalat (uno dei soggetti compresi nel basket) verificatasi alla fine del 2003, il rimborso del titolo era stato effettuato dalla emittente nella misura di Euro 270.000,00.

Quindi nel maggio 2004 BPV convenne in giudizio Abaxbank, deducendo l’invalidità e inefficacia, sotto più profili, del contratto di investimento, nonchè la violazione da parte della convenuta dei doveri di diligenza, correttezza e trasparenza. Nel contraddittorio delle parti, il Tribunale di Milano respinse le domande di annullamento e di risarcimento danni, e dichiarò inammissibile la domanda di nullità del contratto di investimento, perchè formulata per la prima volta nel corso del giudizio, non essendo neppure state dedotte in citazione violazioni di norme imperative.

L’appello proposto da BPV, cui resisteva Abaxbank, veniva rigettato dalla Corte d’appello di Milano, la quale in sintesi osservava: a) che rettamente il primo giudice aveva, in accoglimento della eccezione sollevata da Abaxbank nella memoria ritualmente notificata alla controparte a mezzo fax, giudicato nuova la domanda di nullità del contratto di investimento per la mancata comunicazione, prevista dall’art. 129 T.U.B., alla Banca d’Italia della vendita del titolo, non essendo in citazione stata formulata tale domanda, nè dedotta la contrarietà del contratto a norme imperative; b) che non condivisibile era la tesi dell’appellante secondo cui la nullità era comunque rilevabile d’ufficio in un giudizio instaurato per l’annullamento del negozio, ed in ogni caso la pretesa nullità non sussisteva, riferendosi la norma richiamata alla offerta in Italia di valori mobiliari esteri, e tale ipotesi (che, secondo le istruzioni per la vigilanza della Banca d’Italia, può ravvisarsi ove si tratti di “strumenti di raccolta di fondi, negoziati o negoziabili in un mercato.

Condivideva inoltre la corte distrettuale le valutazioni del primo giudice in ordine alla infondatezza della domanda di annullamento per errore essenziale e riconoscibile – peraltro infondatamente riferito dalla appellante ad un insussistente contratto di mandato prodromico al contratto di investimento, anzichè a quest’ultimo -, non risultando un errore siffatto. In particolare, non risultava la volontà di BPV di acquistare un titolo già emesso anzichè in via di emissione, nè assumeva rilievo, a detti fini, la differenza tra il soggetto emittente risultante dal documento informativo (Crediop s.p.a.) e quello effettivo (Crediop Overseas Bank Limited), giacchè il fatto che si trattasse di un titolo di una emittente estera risultava nell’ordine di acquisto dal codice ISIN ivi indicato, ed in ogni caso non incideva sul rischio e sulla valutazione della solvibilità avendo Crediop s.p.a. garantito incondizionatamente e irrevocabilmente l’emissione del titolo da parte della sua controllata; nè, infine, poteva ritenersi rilevante il fatto che, essendo l’emissione avvenuta per una quantità (Euro 5 milioni) inferiore a quella indicativamente prevista nel documento informativo (10 milioni), BPV si fosse trovata ad acquistare una quota pari alla metà, anzichè un quarto, della emissione stessa. Analoghe considerazioni in fatto conducevano infine al rigetto anche della domanda di danni per violazione dei doveri di informazione di cui all’art. 21 T.U.F.

Avverso tale sentenza, depositata il 12 ottobre 2010, BPV ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, cui resiste con controricorso Credito Emiliano s.p.a. nella sua qualità di incorporante Abaxbank s.p.a. in forza di atto di fusione del 21.3.2011. Entrambe le parti hanno depositato memoria a norma dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I primi tre motivi di ricorso riguardano le statuizioni relative, sotto più profili, alla questione di nullità del contratto di investimento per violazione dell’art. 129 T.U.B. Con il primo la ricorrente censura la statuita inammissibilità della relativa domanda perchè introdotta solo nella memoria difensiva, e denuncia la violazione delle norme del D.Lgs. n. 5 del 003 e dell’art. 112 c.p.c. sostenendo che la inammissibilità doveva essere eccepita da Abaxbank nella prima risposta (D.Lgs. n. 5, art. 13) mentre la prima memoria di replica di Abaxbank – peraltro notificata a mezzo fax (senza che dalla citazione risultasse la volontà di ricevere tale forma di notifica) non dall’Ufficiale Giudiziario ma dall’avvocato (notifica che sarebbe inesistente, nonostante la comunicazione di ricevuta, perchè non prevista dalla legge)- non conteneva l’eccezione, formulata da Abaxbank solo con la seconda memoria di controreplica. Con il secondo mezzo la ricorrente si duole della ritenuta preclusione alla rilevabilità d’ufficio della suddetta causa di nullità del contratto, denunciando la violazione degli artt. 1419 e 1421 c.c. sull’assunto che il rilievo d’ufficio della nullità sia consentito anche in un giudizio instaurato per l’annullamento del contratto, ove tutti gli elementi di fatto dai quali emerge la violazione di norme imperative siano portati a conoscenza dei giudici di merito. Con il terzo mezzo la ricorrente censura la statuizione con la quale la corte di merito ha comunque escluso la ricorrenza della nullità dedotta. Sostiene, da un lato, che la corte avrebbe violato o falsamente applicato il disposto dell’art. 129 T.U.B. in quanto la emissione dei valori mobiliari esteri in questione avrebbe dovuto essere sottoposta a valutazione da parte della Banca d’Italia e la mancata comunicazione violerebbe una norma imperativa perchè dettata a tutela di interessi generali; dall’altro, sostiene che, con le scarne motivazioni esposte in sentenza, la corte distrettuale avrebbe omesso di considerare il fatto – senz’altro decisivo, e incontroverso – che la emissione dei valori mobiliari in questione non era stata sottoposta al vaglio preventivo della Banca d’Italia.

2. Esaminando tali doglianze, evidentemente connesse, alla stregua del c.d. criterio della ragione più liquida, ritiene il Collegio che l’infondatezza, per le ragioni che seguono, del terzo motivo renda superflua la trattazione degli altri due.

2.1. Ritiene infatti il Collegio che, contrariamente a quanto argomentato nel ricorso, nella specie non risulti la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 129 T.U.B. di cui al D.Lgs. n. 385 del 1993 (nel testo all’epoca vigente, come modificato dal D.Lgs. n. 415 del 1996), e quindi per il dispiegarsi, a seguito delle preventive comunicazioni di determinate operazioni su valori mobiliari, delle funzioni di controllo della Banca d’Italia, ivi previste al fine di assicurare la stabilità e l’efficienza del mercato di tali valori in Italia (cfr. comma 4).

2.2. In particolare, le operazioni che, ai sensi dei commi 1 e 2 dell’art. Legge in esame, dovevano essere preventivamente comunicate alla Banca d’Italia – onde consentirle l’espletamento di quelle funzioni di controllo – erano “le emissioni di valori mobiliari e le offerte in Italia di valori mobiliari esteri”. La lettera e la ratio di tale previsione normativa consentono, in primo luogo, di escludere che in essa fosse compresa l’emissione all’estero di valori mobiliari, ove non seguita dalla offerta dei titoli stessi al mercato in Italia. Ne discende che nella specie, essendo fuori discussione che il titolo in questione fosse stato emesso all’estero da una società avente sede nelle (OMISSIS) (così lo stesso ricorso, pag. 29), il presupposto dell’obbligo di preventiva comunicazione non poteva ritenersi costituito dalla emissione del titolo estero, dovendosi piuttosto a tal fine indagare se questo fosse stato oggetto di “offerta” in Italia.

La corte di merito lo ha motivatamente escluso, rilevando, in sostanza, come nella specie risulti avvenuta in Italia solo la singola negoziazione del titolo per cui è causa, non già una o più operazioni di raccolta di fondi da una pluralità di investitori, come ha evinto dalla definizione contenuta nelle Istruzioni per la vigilanza emesse dalla Banca d’Italia in attuazione della norma in commento.

Tale prospettazione, nella sua sostanza, merita condivisione. Posto che la ratio della vigilanza attribuita dalla norma alla Banca d’Italia è dalla norma stessa (oltre che dalla normativa secondaria) indicata nella finalità di assicurare la stabilità del mercato dei valori mobiliari in Italia impedendo (mediante il divieto o il differimento dell’operazione) gravi turbative nell’afflusso di titoli sul mercato, un intervento siffatto – e quindi l’obbligo di preventiva comunicazione che lo rende possibile – non si giustifica in relazione ad una singola negoziazione, bensì nel caso di offerta in Italia di titoli esteri rivolta al mercato, cioè al pubblico degli investitori (cfr. art. 1, comma 1, lett. t T.U.F.). Ipotesi, questa, che non risulta neppure specificamente dedotta nel giudizio di merito dalla odierna ricorrente, la cui critica nei riguardi della motivazione della sentenza d’appello si mostra del resto diretta a sostenere la intrinseca destinazione del titolo ad una pluralità di investitori, piuttosto che a fornire specifica indicazione sul se e come essa abbia dedotto e provato nel giudizio di merito il compimento in Italia da parte di Abaxbank di un’attività di offerta al mercato del titolo in questione. In difetto di che non può ritenersi integrato il presupposto dell’obbligo di comunicazione previsto dall’art. 129.

Il rigetto dei primi tre motivi ne deriva dunque di necessità.

3. Parimenti non meritevole di accoglimento è il quarto motivo, con il quale viene censurato, per violazione degli artt. 1428, 1429 e 1431 c.c., il rigetto della domanda di annullamento per errore del contratto di investimento. La ricorrente, da un lato, insiste nella prospettazione, motivatamente disattesa dalla corte di merito con riferimento alla mancanza di elementi di riscontro, di una fattispecie complessa (costituita prima dal conferimento di un mandato alla individuazione dei titoli sui quali investire e poi da un contratto di investimento), senza però indicare le ragioni per le quali l’accoglimento di tale tesi (che peraltro afferma genericamente essere sostenuta dalla documentazione prodotta da BPV, oltre che da imprecisati capitoli di prova non ammessi dal tribunale) possa incidere – sotto il profilo della violazione di legge denunciata – sulla decisione della domanda di annullamento. Dall’altro, si limita a riprodurre le sue considerazioni sostenendone la palese fondatezza – sulla erronea rappresentazione, in sede contrattuale, di taluni elementi e sulla essenzialità e riconoscibilità di tale errore: considerazioni puntualmente esaminate e disattese dalla sentenza impugnata, che non possono qui essere oggetto di riesame nel merito senza violare i limiti del controllo di legittimità.

5. Con il quinto motivo la ricorrente torna a trattare la tesi relativa all’intervenuto rapporto di mandato per la individuazione dei titoli sui quali investire, onde dolersi – sotto il profilo della erronea qualificazione del rapporto intercorso tra le parti e quindi della violazione degli artt. 1710 e 1711 c.c. – dell’implicito rigetto della domanda di responsabilità di Abaxbank per aver ecceduto dal mandato conferitole. Ma tale prospettazione, priva come si è detto di valido sostegno in fatto, si mostra inapprezzabile anche in diritto, là dove si attribuisce ad Abaxbank un ruolo di collocatore del titolo senza indicare i necessari elementi di riscontro di tale affermazione: deve infatti tenersi presente, alla luce dell’intervento chiarificatore compiuto dalle sezioni unite di questa Corte (sentenza n. 13905/13), che il servizio di collocamento si caratterizza per essere prestato dall’intermediario in favore del soggetto che emette gli strumenti finanziari, o che comunque li offre in vendita al pubblico, onde è con quest’ultimo soggetto che l’intermediario medesimo anzitutto instaura un rapporto contrattuale e nell’interesse del quale presta il servizio, addossandosi il compito di promuovere l’acquisto da parte dei terzi investitori degli strumenti finanziari offerti in vendita o in sottoscrizione. Nulla di tutto ciò risulta neppure dedotto nella specie.

6. Parimenti infondato è il sesto motivo, con il quale la ricorrente deduce la violazione degli artt. 21 e 23 T.U.F., nonchè degli artt. 1175, 1337 e 1375 c.c., per mancata informazione sugli elementi di diversità rispetto al documento informativo, che considera determinanti. La corte distrettuale non ha affatto negato che il generale obbligo di informazione di cui al richiamato art.21 si applichi anche in favore di soggetti abilitati alla prestazione di servizi di investimento quale è BPV: ha piuttosto rilevato come quegli elementi di diversità – l’entità della emissione e la nazionalità dell’emittente – fossero ininfluenti (oltre che, quanto al secondo, agevolmente verificabili in sede di acquisto del titolo, tenendo anche presente la professionalità dell’odierna ricorrente), e tale valutazione, peraltro congruamente motivata, non può essere sindacata in questa sede, tantomeno sotto il profilo della violazione di legge.

7. Il rigetto del ricorso si impone dunque, con la conseguente condannna della ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al rimborso in favore della resistente delle spese di questo giudizio di cassazione, in Euro 9.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) oltre spese generali forfetarie e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione prima civile della Corte Suprema di Cassazione, il 7 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2016

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