Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23265 del 15/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 15/11/2016, (ud. 01/07/2016, dep. 15/11/2016), n.23265

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

M.M., L.A. e MA.MO., elettivamente

domiciliati in Roma, alla via Avezzana n. 6, presso l’avv. MATTEO

ACCIARI, unitamente all’avv. TOMMASO PAONE, dal quale sono

rappresentati e difesi in virtù di procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

BANCA CENTRO EMILIA – CREDITO COOPERATIVO SOC. COOP., in persona del

presidente p.t. A.G., elettivamente domiciliata in Roma,

alla via della Balduina n. 7, presso l’avv. CONCETTA MARIA RITA

TROVATO, dalla quale, unitamente all’avv. NICOLA LENZI, è

rappresentata e difesa in virtù di procura speciale in calce alla

memoria di costituzione;

– resistente –

avverso la sentenza del Tribunale di Ferrara n. 445/15, depositata il

12 maggio 2015;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 1

luglio 2016 dal Consigliere dott. Guido Mercolino;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale dott.ssa SOLDI Anna Maria, la quale

ha chiesto l’accoglimento dell’istanza.

Fatto

1.- M.M., L.A. e Ma.Mo. hanno convenuto in giudizio la Banca Centro Emilia – Credito Cooperativo Soc. Coop., proponendo opposizione al decreto ingiuntivo n. 74/14, emesso il 17 gennaio 2014, con cui il Tribunale di Ferrara, su ricorso della convenuta, ha intimato ad essi attori il pagamento della somma di Euro 19.895,37, oltre interessi, dovuta a titolo di saldo di un mutuo ipotecario concesso a Ma.Mo. con atto pubblico del 3 luglio 2000, e risoltosi per mancato pagamento delle relative rate alla scadenza.

A sostegno della domanda, gli attori hanno eccepito, tra l’altro, l’incompetenza del Giudice adìto, essendo territorialmente competente il Tribunale di Bologna, quale giudice del luogo di residenza di essi convenuti e del luogo in cui dev’essere effettuato il pagamento, nonchè quale foro del consumatore.

Si è costituita la Banca, ed ha insistito sulla competenza del Tribunale di Ferrara, quale giudice del luogo di adempimento dell’obbligazione e foro convenzionale.

2. – Con sentenza del 12 maggio 2015, il Tribunale di Ferrara ha disatteso l’eccezione d’incompetenza, rigettando nel merito l’opposizione.

Ha ritenuto infatti che, in quanto stipulato con atto notarile, e non già mediante moduli o formulari, il mutuo ipotecario posto a fondamento della domanda non è qualificabile come contratto di consumo, secondo la disciplina vigente all’epoca della sua conclusione: in proposito, ha richiamato la disciplina dettata dalla L. 19 febbraio 1992, n. 142, art. 18, comma 4, riguardante le concessioni di credito per l’acquisto o la conservazione di diritti di proprietà immobiliare, applicabile anche alla fattispecie in esame ai sensi del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, art. 161 nonchè il D.Lgs. 13 agosto 2010, n. 141, che ha modificato del D.Lgs. n. 385 cit., l’art. 122, escludendo l’applicabilità delle disposizioni sul credito al consumo per i finanziamenti destinati all’acquisto o alla conservazione di diritti di proprietà immobiliari e per quelli garantiti da ipoteca su beni immobili aventi una durata superiore a cinque anni. Ha aggiunto che, in quanto espressione di una qualificata forma di trattativa tra le parti, la stipulazione del mutuo per atto pubblico assume i connotati di una deroga al foro del consumatore, precisando comunque che la propria competenza trova giustificazione anche nelle regole ordinarie, in quanto la controversia ha ad oggetto un’obbligazione da adempiere presso un soggetto avente la sua sede principale in (OMISSIS).

3. – Avverso la predetta sentenza i M. e la L. hanno proposto istanza di regolamento di competenza, affidata ad un solo motivo, illustrato anche con memoria. La Banca ha resistito con memoria.

Diritto

1.- Premesso di rivestire pacificamente la qualifica di consumatori, avendo concluso con un professionista un contratto estraneo alla loro attività imprenditoriale o professionale, e di avere la propria residenza in (OMISSIS), i ricorrenti insistono sulla competenza territoriale del Tribunale di Bologna, sostenendo che l’inapplicabilità delle norme del D.Lgs. n. 385 del 1993 riguardanti il credito al consumo e della L. n. 142 del 1992, art. 18 non esclude il riconoscimento del predetto status, ai sensi del D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206 e della direttiva CE 93/13 del 5 aprile 1993, con la conseguente applicabilità del foro del consumatore, avente carattere esclusivo e prevalente su tutti quelli previsti dal codice di rito, anche nelle fattispecie estranee al credito al consumo.

1.1. – Precisato inoltre che l’applicabilità del foro del consumatore non è esclusa neppure dalla circostanza che la L. sia titolare di un’impresa individuale, in quanto il contratto di mutuo non è stato concluso nell’esercizio dell’attività d’impresa, contestano l’operatività del foro convenzionale, negando di aver sottoscritto la relativa clausola ed affermando l’irrilevanza della trattativa individuale, rimasta peraltro indimostrata. Sostengono comunque la nullità di tale pattuizione, ai sensi dell’art. 1469-bis c.c., n. 19, vigente all’epoca della conclusione del contratto, negando anche l’applicabilità delle modifiche apportate al codice del consumo dal D.Lgs. 21 febbraio 2014, n. 21, entrato in vigore in epoca successiva al deposito del ricorso per decreto ingiuntivo.

2. – Il ricorso è fondato.

Ai fini dell’individuazione della normativa applicabile alla fattispecie in esame, si osserva che la domanda avanzata con il ricorso per decreto ingiuntivo, pur traendo origine da un contratto di mutuo stipulato il 3 luglio 2000, è stata proposta soltanto il 15 gennaio 2014, e pertanto, ai sensi dell’art. 5 c.p.c., risulta assoggettata alla disciplina dettata dal D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 43 nel testo modificato dal D.Lgs. n. 141 del 2010, il quale, ai fini della disciplina del credito al consumo, rinvia ai capi 2^ e 3^ del titolo 6^ del D.Lgs. n. 385 del 1993. Tra le disposizioni richiamate è compreso anche l’art. 122 di tale decreto, il quale esclude l’applicabilità della disciplina del credito al consumo ai finanziamenti d’importo inferiore ad Euro 200,00 o superiore ad Euro 75.000,00 (lett. a), a quelli destinati all’acquisto o alla conservazione di un diritto di proprietà su un terreno o su un immobile edificato o progettato (lett. e) ed a quelli garantiti da ipoteca su beni immobili (lett. f).

Alle predette fattispecie va indubbiamente ricondotto anche il contratto posto a fondamento della domanda, il quale ha per oggetto la concessione di un mutuo dell’importo originario di Euro 85.215,39, finalizzato all’acquisto di un immobile e garantito da ipoteca su beni immobili della mutuataria: ad esso non si applica pertanto la norma speciale di cui al D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 33, comma 2, lett. u), che, riproducendo l’art. 1469-bis c.c., comma 3, n. 19 (sostituito dal medesimo D.Lgs. con un rinvio al codice del consumo), individua come foro esclusivo per le controversie relative ai contratti conclusi tra il professionista ed il consumatore quello del luogo di residenza o domicilio elettivo di quest’ultimo, disponendo che si presumono vessatorie fino a prova contraria le clausole che hanno come effetto di stabilire come sede del foro competente una località diversa. Non può condividersi, in proposito, la tesi sostenuta dalla difesa dei ricorrenti, secondo cui l’esclusione della configurabilità di un contratto di credito al consumo non impedisce di ritenere applicabile la disciplina dei contratti del consumatore, avuto riguardo alla natura professionale dell’attività svolta dalla Banca ed all’estraneità del contratto di mutuo all’esercizio dell’attività professionale della mutuataria: il D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 43 nel rinviare al D.Lgs. n. 385 del 1993 per la disciplina dei contratti di credito al consumo, non sembra lasciare spazio, al di fuori della predetta categoria, per l’ulteriore applicazione delle disposizioni relative ai contratti del consumatore, la cui estensione a fattispecie diverse da quelle di cui ai capi 2^ e 3^ del titolo 6^ del D.Lgs. n. 385 cit. trova ostacolo nell’ampia portata della nozione di credito al consumo delineata dal D.Lgs. n. 385 cit., art. 121, comma 1, lett. c), e nella specifica esclusione delle fattispecie elencate nell’art. 122, nonchè nella definizione della figura del consumatore contenuta nell’art. 121, comma 1, lett. b), identica a quella risultante dal D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 3, comma 1, lett. a). Non a caso, d’altronde, il legislatore è recentemente intervenuto, con il D.Lgs. 21 aprile 2016, n. 72, art. 1, comma 2, a dettare una apposita disciplina per il credito immobiliare ai consumatori, inserendo nel titolo 6^ del D.Lgs. n. 385 del 1993 il capo 1-bis, dedicato appunto ai contratti di credito garantiti da ipoteca su beni immobili residenziali o finalizzati all’acquisto o alla conservazione del diritto di proprietà su terreni o immobili edificati o progettati: tale disciplina non risulta tuttavia applicabile alla vicenda in esame, avendo carattere innovativo, come si evince dalla norma transitoria contenuta nel D.Lgs. n. 72, art. 3, comma 1, che ne limita espressamente l’operatività ai contratti di credito sottoscritti in data successiva al 1 luglio 2016, stabilendo che ai contratti sottoscritti in epoca anteriore continuano ad applicarsi le norme previgenti.

L’inapplicabilità della speciale competenza prevista dall’art. 33, comma 2, lett. u) tale decreto impone di far riferimento alla disciplina ordinaria di cui agli artt. 18 e 20 c.p.c., in virtù della quale l’ordinanza impugnata ha correttamente riconosciuto la competenza del Tribunale di Ferrara, in qualità di giudice del luogo dove avrebbe dovuto essere adempiuta l’obbligazione dedotta in giudizio, e quindi di foro alternativo concorrente sia con quello generale delle persone fisiche che con quello del luogo in cui è stato stipulato il contratto di mutuo. La natura pecuniaria dell’obbligazione posta a fondamento della domanda comporta infatti l’operatività dell’art. 1182 c.c., comma 3, che individua il luogo dell’adempimento nel domicilio del creditore, nella specie coincidente con la sede principale della Banca, situata in (OMISSIS), risultando sostanzialmente ininfluente la circostanza che il rapporto dovesse essere regolato preso la filiale di (OMISSIS), posta nel circondario del Tribunale di Bologna: in proposito, è sufficiente richiamare l’orientamento consolidato di questa Corte, secondo cui nei riguardi delle società il domicilio del creditore, cui fa riferimento l’art. 1182 cit., si identifica con la sede principale, anche nel caso in cui esistano delle filiali, le quali, pur dovendo essere rette, ai sensi dell’art. 2205 c.c., da rappresentanti indicati nel registro delle imprese, non assumono mai un’autonomia tale da localizzare presso di sè i rapporti posti in essere, e quindi da escludere totalmente la legittimazione della sede principale (cfr. Cass., Sez. 6, 9 novembre 2012, n. 19473; Cass., Sez. 3, 22 giugno 2007, n. 14599; 2 maggio 1997, n. 3778).

Soltanto ad abundantiam, pertanto, l’ordinanza impugnata ha fatto riferimento alla deroga al foro esclusivo del consumatore, risultante dalla clausola del contratto di mutuo che prevede quale foro convenzionale il Tribunale di Ferrara, nonchè alla validità di tale clausola, in quanto contenuta in un contratto stipulato per atto pubblico, e quindi espressione di una trattativa individuale tra le parti, come richiesto dal D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 34, comma 4. L’applicabilità di tale disposizione risulta d’altronde preclusa dall’estraneità della fattispecie alla categoria del credito al consumo, che, comportando l’inoperatività della relativa disciplina, impone di fare riferimento a quella generale dettata dal codice civile, in virtù della quale deve escludersi la nullità della predetta clausola: nell’annoverare espressamente tra le clausole vessatorie quelle che prevedono deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria, l’art. 1341 c.c., comma 2 si limita infatti a subordinarne la validità ad una specifica approvazione per iscritto, senza esigere la prova che le stesse costituiscano il risultato di una trattativa seria, effettiva ed individuale tra le parti; tale disciplina, inoltre, non trova applicazione nel caso in cui, come nella specie, la predetta deroga sia inserita in un contratto stipulato per atto pubblico, in quanto la particolare forma rivestita dall’accordo deve considerarsi di per sè sufficiente ad escludere l’unilaterale predisposizione della clausola da parte di uno dei contraenti, ancorchè la stessa si conformi alle condizioni poste da quest’ultimo (cfr. Cass., Sez. 1, 21 settembre 2004, n. 18917; 28 agosto 2004, n. 17289).

4. – Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente dichiarazione della competenza del Tribunale di Ferrara, al quale la causa va rimessa anche per il regolamento delle spese relative alla presente fase.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, e dichiara la competenza del Tribunale di Ferrara, al quale rinvia la causa, anche per la liquidazione delle spese del regolamento dì competenza.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del medesimo art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione sesta Civile, il 16 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2016

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