Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23262 del 20/08/2021

Cassazione civile sez. II, 20/08/2021, (ud. 20/04/2021, dep. 20/08/2021), n.23262

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26870-2016 proposto da:

MECOIN METALMECCANICA COSTRUZIONI INDUSTRIALI SRL IN PERSONA DEL SUO

LEGALE RAPP.TE PRO-TEMPORE, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

DELLE MILIZIE 106, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO FALVO

D’URSO, rappresentata e difesa dall’avvocato FERDINANDO AMATA;

– ricorrente –

contro

T.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PAOLO EMILIO

N. 57, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO BILOTTA, rappresentato

e difeso dall’avvocato CARMELO MOBILIA;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di BARCELLONA POZZO DI GOTTO,

depositata il 13/07/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/04/2021 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

T.G. ebbe a chiedere ed ottenere decreto ingiuntivo per la somma di Euro 30.910,00 nei confronti della srl M.E.CO.I.N. a titolo di compenso per prestazione professionale di avvocato svolta in favore della società cliente.

La società propose opposizione con atto di citazione – anziché ricorso – e, costituitosi il T. che contestava l’opposizione avversaria, il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto adito dispose la mutazione del rito da ordinario in quello speciale D.P.R. n. 150 del 2011, ex art. 14 ed, all’esito dell’udienza collegiale, accolse per parte l’opposizione, revocando il provvedimento monitorio e condannando la società a pagare all’avv. T. l’importo di e 12.960,00.

Il Collegio siciliano, preso atto che l’esistenza del rapporto professionale non era contestato, poiché si controverteva solo sulla quantificazione del compenso dovuto, ritenne che la chiesta liquidazione corrispondesse all’attività difensiva prestata nel procedimento civile – ancora in corso – sino alla rinunzia al mandato e che la liquidazione del compenso doveva esser effettuata in forza del chiesto nella causa presupposta – ancora in corso – illustrando i parametri utilizzati per la sua quantificazione compreso l’aumento per il mandato congiunto all’avv. T. ed all’avv. L.M..

La srl M.E.CO.I.N. ha proposto ricorso per cassazione fondato su quattro motivi. T.M. s’e’ costituito a resistere con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto dalla srl M.E.CO.I.N. s’appalesa fondato in relazione al terzo motivo ed in tale misura va accolto.

Con la prima articolata ragione d’impugnazione svolta la società ricorrente denunzia violazione della norma D.M. n. 140 del 2012, ex art. 1, comma 4, art. 132 c.p.c. in relazione all’art. 118 disp. att. c.p.c. ed art. 111 Cost., comma 2, poiché il Tribunale ha riconosciuto anche l’aumento del 20% sul compenso chiesto dall’avv. T. in ragione della difesa collegiale con l’avv. L.M., benché l’ingiungente fosse carente di legittimazione a pretendere il pagamento del compenso per altro professionista; inoltre il tribunale nemmeno aveva esposta alcuna motivazione in ordine ai criteri di fissazione dell’ammontare dell’aumento riconosciuto ed, invero, nemmeno aveva individuato l’effettivo impegno professionale profuso dall’avv. L.M..

La censura s’appalesa siccome infondata poiché la norma evocata – D.M. n. 140 del 2012, art. 1, comma 4 -, che disciplina il compenso in ipotesi di incarico collegiale a più professionisti, espressamente stabilisce che “il compenso è unico” e lo stesso può dal Giudice essere aumentato sino al doppio.

L’espressa previsione di legge circa l’unicità del compenso nel caso di incarico collegiale lumeggia come i due avvocati incaricati siano concreditori solidali, ex art. 1292 c.c., verso il cliente, sicché ciascuno è abilitato a chiedere l’intiero – salvo poi regolamento interno tra i concreditori – al cliente e questi, pagando il creditore che agisce giudizialmente, adempie alla sua obbligazione ex art. 1296 c.c., posto che ogni questione tra i concreditori sarà questione interna al loro rapporto, ex art. 1298 c.c..

Quanto poi al difetto di motivazione circa la quantificazione dell’aumento riconosciuto per la difesa collegiale, basta osservare come il Tribunale abbia puntualmente valutata l’attività professionale richiesta per la trattazione della lite, relativamente alla quale viene chiesto il compenso, e tale esame non già risulta limitato all’attività profusa dal solo professionista che agisce, bensì ovviamente va ragguagliato al collegio di professionisti incaricati con il mandato. Con la seconda doglianza la società ricorrente denunzia violazione della disciplina ex D.M. n. 140 del 2012 quando all’individuazione dello scaglione di valore, sulla cui base parametrare il compenso, nonché vizio di motivazione implicante nullità e violazione del disposto ex art. 2233 c.c., in quanto erroneamente il Collegio di prime cure ha ritenuto di individuare il valore della lite patrocinata, tenendo conto, non già, del valore della domanda da essa proposta tramite i professionisti incaricati, ma anche dell’ammontare della pretesa risarcitoria avanzata dalla controparte con la domanda riconvenzionale, senza azionare la sua facoltà discrezionale di moderare la misura del compenso all’effettivo valore della controversia.

La censura mossa s’appalesa priva di pregio posto che è insegnamento di questo Supremo Collegio che l’individuazione del valore della causa patrocinata, ai fini della liquidazione del compenso al proprio difensore – Cass. sez. 2 n 14691/15 -, deve esser individuato nel valore maggiore tra la domanda e la domanda riconvenzionale, che nella specie ammontava ad Euro 1.500.000,00 come ricordato dalla stessa parte ricorrente.

Difatti di certo l’impegno del difensore appare diverso ed ulteriore in presenza di domanda riconvenzionale rispetto a quello profuso in relazione alla domanda originariamente proposta in giudizio, poiché l’attività difensiva dell’avversario impone autonomo studio di nuova questione e predisposizione di nuova posizione difensiva, sicché la tassazione del compenso operata dal Tribunale appare corretta, poiché fondata sull’utilizzo dello scaglione di valore corrispondente all’ammontare della domanda riconvenzionale.

Con il terzo mezzo d’impugnazione la srl M.E.CO.I.N. rileva omesso esame di fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5 in quanto il Tribunale ha, bensì, tassato il compenso ritenuto dovuto al professionista, ma ha omesso di diffalcare dallo stesso l’ammontare dell’acconto versato, pur essendo fatto incontroverso in causa.

La censura è fondata posto che, come ricorda parte ricorrente, lo stesso avv. T. nel ricorso per decreto ingiuntivo ha dato atto d’aver ricevuto esclusivamente un acconto per Euro 1.000,00, sicché l’importo ritenuto giudizialmente dovuto per l’opera professionale prestata doveva esser decurtato dell’acconto pacificamente versato e pari ad Euro 1.000,00.

Sul punto l’ordinanza impugnata va cassata e, non risultando necessari ulteriori accertamenti di fatto, questa Corte, ex art. 384 c.p.c., comma 1, può decidere nel merito, disponendo che dall’importo capitale indicato dal Tribunale sia da detrarre la somma di Euro 1.000,00.

Con la quarta ragione di doglianza parte ricorrente deduce violazione del disposto ex art. 91 c.p.c., in quanto il Tribunale siciliano ha malamente disposto la sua condanna alle spese di lite, nonostante che la sua opposizione risulta accolta per parte significativa.

La ragione di censura appare priva di fondamento posto che erroneamente la società ricorrente postula che l’accoglimento solo in parte della originaria domanda proposta in giudizio configuri soccombenza per il creditore attore.

Ciò non è – Cass. sez. 3 n 474/1969, Cass. sez. 3 n 2127/1972 -, posto che comunque il convenuto era debitore della minor somma determinata in causa, quindi soccombente; pertanto è mera facoltà del Giudice operare la compensazione, tenuto anche conto che, comunque, le spese sono tassate in relazione al – minore – valore del decisum rispetto all’importo originariamente preteso.

In tal modo l’onere delle spese di lite risulta correlato all’importo effettivamente dovuto da parte del debitore soccombente, e la liquidazione operata dal Tribunale va confermata anche all’esito del parziale accoglimento della presente impugnazione poiché comunque la società ricorrente rimasta soccombente.

Al rigetto della gran parte dei motivi di ricorso segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna della società ricorrente alla rifusione verso il T. delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e rimborso forfetario ex tariffa forense.

Atteso l’accoglimento di uno dei motivi di ricorso reputa la Corte, ex art. 92 c.p.c. di compensare le spese, come dianzi liquidate, per questo giudizio di legittimità in ragione del 30%.

PQM

Accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta i restanti motivi, cassa l’ordinanza impugnata emessa dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto ed, in relazione al motivo accolto, decidendo nel merito, riduce di Euro 1,000,00 – mille – il compenso dovuto.

Conferma la statuizione sulle spese resa dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto nell’ordinanza impugnata.

Condanna la società ricorrente al pagamento in favore del T. delle spese di questo giudizio di legittimità, che tassa in Euro 2.500,00 oltre accessori di legge e rimborso forfetario ex tariffa forense nella misura del 15%.

Compensa le spese di questo giudizio, siccome dianzi liquidate, nella misura del 30%.

Così deciso in Roma, nell’adunanza di camera di consiglio, il 20 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 agosto 2021

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