Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23261 del 08/11/2011

Cassazione civile sez. I, 08/11/2011, (ud. 20/10/2011, dep. 08/11/2011), n.23261

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 18041/2010 proposto da:

D.R. ((OMISSIS)) DE.RA.

((OMISSIS)) M.A. ((OMISSIS)),

elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA DEL POPOLO 18, presso lo

studio dell’avvocato FRISANI Pietro L., che li rappresenta e difende

giuste procure in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto n. 320/08 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA del

4/06/09, depositato il 18/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE DI PALMA;

è presente il P.G. in persona del Dott. LIBERTINO ALBERTO RUSSO che

ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che A., M., R. e De.Ro. – quali eredi di D.F., deceduto in (OMISSIS) -, con ricorso del 1 luglio 2010, hanno impugnato per cassazione – deducendo due motivi di censura -, nei confronti del Ministro dell’economia e delle finanze, il decreto della Corte d’Appello di Venezia depositato in data 18 giugno 2009, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso dei predetti ricorrenti – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, in contraddittorio con il Ministro dell’economia e delle finanze – il quale, costituitosi nel giudizio, ha concluso per l’inammissibilità o l’infondatezza del ricorso -, ha condannato il resistente a pagare ai ricorrenti la somma di Euro 1.340,00, a titolo di equa riparazione ed ha compensato per la metà le spese di lite;

che il Ministro dell’economia e delle finanze, benchè ritualmente intimato, non si è costituito, nè ha svolto attività difensiva;

che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale – richiesto nella misura di Euro 9.000,00 per ciascun ricorrente per l’irragionevole durata del processo presupposto – proposta con ricorso del 18 marzo 2008, era fondata sui seguenti fatti: a) D.F., ex sottufficiale delle Forze Armate ed asseritamente titolare del diritto alla riliquidazione della pensione, aveva adito la Corte dei conti con ricorso del 16 settembre 1996; b) la Corte adita aveva deciso la causa con sentenza del 7 giugno 2007;

che la Corte d’Appello di Venezia, con il suddetto decreto impugnato – dopo aver determinato in dieci anni e otto mesi la durata complessiva del processo ed aver ritenuto che il periodo di ragionevole durata non poteva eccedere i tre anni – ha conseguentemente determinato la durata irragionevole del processo in cinque anni e quattro mesi circa, liquidando l’indennizzo di Euro 1.340,00 – spettante agli eredi jure hereditatis e pro quota per il periodo dal 16 settembre 1996 all’8 febbraio 2005 (data del decesso del dante causa dei ricorrenti, non risultando questi essersi costituiti dinanzi alla Corte dei conti) – sulla base del parametro di Euro 250,00 annui per la natura “collettiva” della causa e per la “irrisorietà” della posta in gioco.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che con il motivo di censura viene denunciata come illegittima, anche sotto il profilo del vizio di motivazione e dei criteri di liquidazione applicati, la determinazione di un parametro annuo di indennizzo assolutamente inferiore rispetto a quelli adottati dalla Corte EDU;

che il ricorso merita accoglimento, nei limiti di seguito indicati;

che la censura è fondata, perchè questa Corte, sussistendo il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 e fermo restando il periodo di tre anni di ragionevole durata per il giudizio di primo grado, di due anni per il giudizio d’appello, di un anno per il giudizio di legittimità e di un ulteriore anno per la fase di rinvio, considera equo, in linea di massima, l’indennizzo di Euro 750,00 per ciascuno dei primi tre anni di irragionevole durata e di Euro 1.000,00 per ciascuno dei successivi anni;

che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato in relazione alla censura accolta;

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., comma 2;

che il processo presupposto ha avuto una durata complessiva di dieci anni e nove mesi, sicchè, detratti tre anni di ragionevole durata, residuerebbero sette anni e nove mesi di durata irragionevole;

che, peraltro, ai ricorrenti spetta – jure hereditatis e pro quota – l’indennizzo per il periodo dal 16 settembre 1996 (deposito del ricorso introduttivo) alL’8 febbraio 2005 (decesso del de cuius) che, previa detrazione di tre anni di ragionevole durata, ammonterebbe complessivamente a sei anni e cinque mesi di irragionevole ritardo;

che, tuttavia il ricorrente non contesta l’accertata durata irragionevole del processo presupposto, determinata dai Giudici a quibus in cinque anni e quattro mesi circa;

che pertanto, nella specie, sulla base di detti criteri, il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, va equitativamente determinato in Euro 4.600,00, oltre gli interessi a decorrere dalla proposizione della domanda di equa riparazione e fino al saldo;

che, conseguentemente, le spese processuali del giudizio a quo debbono essere liquidate – sulla base delle tabelle A, paragrafo 4, e B, paragrafo 1, allegate al D.M. Giustizia 8 aprile 2004, n. 127, relative ai procedimenti contenziosi e previa compensazione per la metà in ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso -, per l’intero, in complessivi Euro 1.150,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 380,00 per diritti ed Euro 720,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’avv. Pietro L. Frisani, dichiaratosene antistatario;

che le spese del presente grado di giudizio, previa compensazione per la metà, in ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso, seguono la residua soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

PQM

Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo la causa nel merito, condanna il Ministro dell’economia e delle finanze al pagamento ai ricorrenti della somma di Euro 4.600,00, oltre gli interessi dalla domanda, condannandolo altresì al rimborso, in favore della parte ricorrente, delle spese del giudizio, che determina, per il giudizio di merito, previa compensazione per la metà, per l’intero in complessivi Euro 1.150,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 380,00 per diritti ed Euro 720,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’avv. Pietro L. Frisani, dichiaratosene antistatario, e, per il giudizio di legittimità, previa compensazione per la metà, per l’intero in complessivi Euro 1.000,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’avv. Pietro L. Frisani, dichiaratosene antistatario.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi civili, il 20 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2011

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