Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23261 del 05/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 05/10/2017, (ud. 04/04/2017, dep.05/10/2017),  n. 23261

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16558-2015 proposto da:

D.M.F., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA G. PALUMBO 3 presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO

RONCHIETTO, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO MAGLIONE,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

SAIT S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA VECCHIA 657, presso

lo studio dell’avvocato GIULIO PIGNATARO, rappresentata e difesa

dall’avvocato SEVERINO NAPPI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1309/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 13/03/2015, R.G.N. 2508/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/04/2017 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato FRANCESCO MAGLIONE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 13 marzo 2015, la Corte d’Appello di Napoli, confermava la decisione resa dal Tribunale di Napoli e rigettava la domanda proposta da D.M.F. nei confronti di SAIT Società Applicazione Isolanti Termofrigoriferi, avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento disciplinare intimatogli a motivo dell’affidamento in appalto senza autorizzazione alla Isolponteggi S.r.l. di una commessa di cui peraltro non seguiva l’esecuzione cui la Società appaltatrice non dava corso, interponendo tuttavia i suoi buoni uffici per il pagamento in favore della stessa delle relative fatture.

La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, l’irrilevanza nella specie della mancata affissione del codice disciplinare, sussistente l’invocata giusta causa di recesso già in relazione alla stipula del contratto di subappalto eccedente le sue ordinarie mansioni, comprovata dall’accertamento compiuto, per risultare l’addebito comprovato dall’accertamento istruttorio compiuto dal primo giudice, da ritenersi esaustivo e correttamente valutato.

Per la cassazione di tale decisione ricorre il D.M., affidando l’impugnazione a quattro motivi, poi illustrati con memoria, cui resiste, con controricorso la Società.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., degli artt. 99,112 e 115 c.p.c., della L. n. 604 del 1966, artt. 2 e 3 e della L. n. 300 del 1970, art. 7 il ricorrente lamenta l’aver la Corte territoriale ritenuto fatto pacifico la mancata esecuzione ed il pagamento del corrispettivo delle opere commesse con il contratto.

Il secondo motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 c.c., L. n. 604 del 1966, artt. 2 e 3, e L. n. 300 del 1970, art. 7 è inteso ad imputare alla Corte territoriale l’aver proceduto alla valutazione della rilevanza disciplinare dell’addebito anche alla luce di altro fatto analogo estraneo alla contestazione.

La violazione e falsa applicazione degli artt. 1325,1326,1346,1362,1363,1374,1378,1398,2119,2697,2702 e 2729 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., L. n. 300 del 1970, artt. 7 e 18, e L. n. 604 del 1966, art. 5. E’ predicata in relazione al giudizio espresso dalla Corte territoriale in ordine alla ricorrenza dell’invocata giusta causa, per essere questo inficiato dal travisamento del materiale istruttorio e dall’erroneo inquadramento giuridico degli atti posti in essere.

Con il quarto motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost., art. 6 CEDU, art. 2697 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., art. 132 c.p.c., n. 4, artt. 228,230,232,257 e 420, comma 1, il ricorrente imputa alla Corte territoriale una pluralità di errores in procedendo nella conduzione dell’istruttoria, che assume incompleta per la mancata ammissione in particolare dell’esame di un documento prodotto dalla Società da parte del ricorrente in sede di interrogatorio libero del medesimo, dell’interrogatorio formale del rappresentante della Società e dell’ordine di esibizione della documentazione relativa ai procedimenti disciplinari a carico di altri dipendenti coinvolti nella medesima vicenda.

Rilevata l’inammissibilità del primo motivo, per essere la censura sollevata inconferente rispetto alla ratio decidendi, incentrata esclusivamente sull’addebito relativo alla sottoscrizione non autorizzata del contratto in questione e del secondo motivo, per attenere la censura ad un argomento utilizzato in motivazione dalla Corte territoriale soltanto ad adiuvandum e perciò privo del carattere della decisività, resta da dire dell’infondatezza del terzo e del quarto motivo.

In effetti, quanto al terzo motivo, a parte l’irrilevanza rispetto al comportamento tenuto dal ricorrente, da valutarsi sotto il profilo puramente disciplinare, di quanto osservato dal medesimo circa l’inopponibilità alla Società del contratto sottoscritto senza poteri, evidentemente richiamata, ma vanamente, a discarico dell’attribuita responsabilità, deve osservarsi come il convincimento espresso dalla Corte territoriale circa l’eccezionalità, rispetto alle ordinarie mansioni, della sottoscrizione da parte del ricorrente di un contratto recante l’indicazione di un diverso procuratore della Società, convincimento di cui il ricorrente si duole, opponendovi l’esistenza di una contraria prassi che assume attestata dalla documentazione in atti, risulta congruamente motivato in relazione all’interpretazione di quella stessa documentazione, di cui qui non si confutano i singoli passaggi e soprattutto alle dichiarazioni testimoniali che quel convincimento corroborano, cui il ricorrente qui neppure fa cenno.

Quanto al quarto motivo, la sua infondatezza emerge in relazione all’orientamento accolto da questa Corte (cfr. Cass., sez. lav., n. 6815/2003), in base al quale nel rito del lavoro l’espletamento del libero interrogatorio delle parti, pur configurando un adempimento obbligatorio, non è previsto a pena di nullità, essendo attribuito al potere discrezionale del giudice del merito di valutarne la indispensabilità e la sua potenziale utilità al fine di acquisire elementi di convincimento per la decisione, principio questo estensibile all’interrogatorio formale della controparte, che riveste nel processo del lavoro una non diversa funzione ed altresì all’ordine di esibizione.

Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000, per compensi oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2017

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