Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2326 del 03/02/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 2326 Anno 2014
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: PICCININNI CARLO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Chimica Omnia s.r.l. in liquidazione in persona del
legale rappresentante, elettivamente domiciliata in
Roma, via Del Vascello 6, presso l’avv. Pierluigi
Rocchi, che con l’avv. Andrea Finzi la rappresenta e
difende giusta delega in atti;

– ricorrente contro

Bonelli Maria Teresa, quale commissario giudiziale del
concordato preventivo Chimica Omnia

– intimata
avverso il decreto del Tribunale di Brescia emesso
nella procedura di c.p. n. 19/2011 del 24.3.2012.

2010
2ot3

cII

Data pubblicazione: 03/02/2014

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17.12.2013 dal Relatore Cons. Carlo
Piccininni;
Udito l’avv. Rocchi per la ricorrente;
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore

l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
Con decreto del 24.3.2012 il Tribunale di Brescia
dichiarava improcedibile la procedura di concordato
preventivo a carico di Chimica Omnia s.r.l. in
liquidazione, ritenendo che all’esito del voto non
fosse maturata la prescritta maggioranza.
Più precisamente, al termine dell’adunanza avrebbero
votato favorevolmente creditori per complessivi C
207.860,23, mentre invece l’approvazione del concordato
avrebbe presupposto un valore dei crediti pari a C
861.783, circostanza che imponeva al giudice delegato
di riservarsi di provvedere sul punto, all’esito del
termine di cui all’art. 178, quarto comma, 1.f.
Nei venti giorni successivi pervenivano poi in
cancelleria voti favorevoli di otto creditori per
complessivi C 632.185,34, insufficienti dunque per il
raggiungimento della maggioranza necessaria, che invece
sarebbe stata raggiunta ove fossero stati computati

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Generale Dott. Pierfelice Pratis, che ha concluso per

anche i voti pervenuti nello stesso termine presso lo
studio del commissario giudiziale ( rispettivamente dei
creditori Optika s.r.l. per C 9.753,24 e Asal per C
3.202,20 ), che poi provvedeva a depositarli presso la
cancelleria del tribunale due giorni dopo, e cioè nel

Il tribunale, preso atto di quanto sopra, riteneva
quindi che, ai fini del calcolo delle maggioranze di
cui all’art. 177 1.f., dovessero essere calcolati
soltanto i voti pervenuti in cancelleria nel rispetto
del termine di venti giorni, e decideva
conseguentemente nel senso già indicato.
Avverso il detto decreto la Chimica Omnia s.r.l. in
liquidazione proponeva ricorso per cassazione ai sensi
dell’art. 111 Cost. affidato ad un motivo, cui non
resisteva l’intimata.
La

controversia

veniva

quindi

decisa

all’esito

dell’udienza pubblica del 17.12.2013.
Motivi della decisione
Con il solo motivo di impugnazione la ricorrente ha
denunciato violazione degli artt. 177, 178, 179, 162,
secondo comma, 1.f., con riferimento all’omesso computo
dei voti pervenuti presso lo studio del commissario
giudiziale nel pomeriggio del ventesimo giorno
successivo all’adunanza dei creditori.

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ventiduesimo giorno dalla votazione.

Deporrebbero infatti in senso contrario alla decisione
adottata la prassi costantemente seguita nei tribunali
italiani, l’orientamento della dottrina prevalente, il
favore per le soluzioni negoziali delle crisi di
impresa manifestato dal legislatore, la necessità di

caso fossero ravvisate incertezze al riguardo.
Il ricorso è fondato.
In proposito va invero osservato che la normativa
vigente non fornisce alcuna indicazione in ordine al
luogo in cui debbono pervenire le dichiarazioni di voto
trasmesse successivamente alla chiusura del verbale
dell’adunanza dei creditori, atteso che l’art. 178,
quarto comma, 1.f. dispone semplicemente che le
adesioni pervenute entro venti giorni dalla detta
chiusura sono annotate dal cancelliere in calce al
relativo verbale.
Stando dunque alla lettera della legge il dato della
trasmissione, da parte di un creditore, della
comunicazione dell’adesione al concordato in luogo non
coincidente con la cancelleria del tribunale non
varrebbe di per sé a rendere viziata, e quindi
ininfluente sul computo della maggioranze, la relativa
manifestazione di voto.
Ciò tanto più ove si consideri la diversa formulazione

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privilegiare una interpretazione non restrittiva, nel

adottata dal legislatore in tema di concordato
fallimentare ( art. 125 1.f. ), laddove è stabilito
che, all’esito della comunicazione della proposta del
fallito, i creditori che non la ritengano conveniente ”
devono far pervenire nella cancelleria del tribunale la

inferiore a venti giorni né superiore a trenta )
fissato dal giudice.
La non coincidente regolamentazione disposta con
riferimento alla destinazione delle dichiarazioni di
voto trasmesse dai creditori nelle due procedure del
concordato preventivo e fallimentare, caratterizzate
entrambe dall’essere subordinata la loro apertura
all’adesione dei creditori ( che per il concordato
fallimentare deve essere manifestata iscritto, mentre
per il concordato preventivo i creditori hanno
semplicemente facoltà di operare in tal senso ), induce
dunque a ritenere che la soluzione adottata dal
legislatore non sia intervenuta casualmente, ma che
piuttosto sia stata frutto di una scelta motivata e
consapevole, in sintonia con le diverse esigenze che le
due indicate procedure sono finalizzate ad assicurare.
Il concordato preventivo infatti, pur alla stregua
della disciplina antecedente alla riforma apportata
dalla legge n. 80 del 2005 e successive modificazioni,

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loro dichiarazione di dissenso ” entro il termine ( non

era stato previsto nella prospettiva di consentire
all’imprenditore insolvente, ricorrendo le ulteriori
condizioni specificamente indicate, di evitare il
fallimento

(

” L’imprenditore che si trova in stato

d’insolvenza, fino a che il suo fallimento non è

preventivo

• ) ,

art. 160, primo comma, 1.f. ),

prospettiva del tutto diversa, quindi, da quella
configurabile nel concordato fallimentare in cui, oltre
ai profili di legittimità, prevalgono gli aspetti di
convenienza ( da valutare pure in relazione alla
maggiore o minore celerità dei tempi di definizione )
rispetto alla procedura fallimentare già in corso.
Né a diverse conclusioni può indurre l’elemento
letterale valorizzato in senso contrario dal tribunale,
secondo il quale le adesioni pervenute ” sono annotate
dal cancelliere in calce ” al verbale di udienza ( art.
178, quarto comma, 1.f. ).
Secondo il giudice del merito da tale elemento dovrebbe
invero desumersi ” che le adesioni devono comunque
pervenire presso la cancelleria del tribunale ” ( p. 4
), deduzione che non appare causalmente connessa con la
premessa, poiché la semplice previsione di un obbligo
di annotazione del voto in capo al cancelliere non
consente l’automatica identificazione di quest’ultimo (

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dichiarato, può proporre ai creditori un concordato

con corrispondente obbligo di trasmissione per il
creditore votante ) come destinatario dell’indicazione
di voto.
Deve dunque conclusivamente ritenersi, come sopra
anticipato, che, in assenza di una specifica

dell’organo deputato alla ricezione del voto, il
mancato invio della relativa comunicazione in
cancelleria non costituisca un vizio idoneo a
vanificarne la rilevanza giuridica.
Ad identiche conclusioni deve poi pervenirsi ove si
tenga conto dei criteri ispiratori della disciplina del
concordato preventivo, all’evidenza ispirata
dall’esigenza di mantenere in attività la struttura
produttiva in precarie condizioni economiche e di
evitare il fallimento.
Tutte le varie riforme in tema di concordato preventivo
che si sono succedute dal 2005 ad oggi sono state
infatti sollecitate dal perseguimento del detto
obiettivo, e particolarmente significativa al riguardo
risulta la modifica dell’art. 178, quarto comma, 1.f.
operata con il D.L. 2012/83 del 2012, secondo la quale
i creditori non votanti possono trasmettere il proprio
dissenso nei venti giorni successivi alla chiusura del
verbale e, in mancanza, sono considerati consenzienti.

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indicazione normativa in ordine all’individuazione

A voler ragionare nei termini indicati dal tribunale di
Brescia, dunque, ove fosse applicabile la nuova
disciplina sul concordato preventivo si verificherebbe
l’anomala situazione per la quale un creditore non
votante sarebbe computato come consenziente, mentre un

dissensiente ai fini del calcolo delle maggioranze, ove
avesse trasmesso la dichiarazione di voto presso il
commissario giudiziale, anziché presso la cancelleria
del tribunale.
Il giudice del merito, per vero, ha affrontato la
questione relativa all’incidenza della nuova disciplina
di favore per le soluzioni negoziali delle crisi di
impresa, esprimendo al riguardo un giudizio di
ininfluenza rispetto alla tesi sostenuta dall’attuale
ricorrente, in ragione dell’applicabilità al caso di
specie delle norme di diritto privato che regolano la
conclusione del contratto, del ruolo centrale del
tribunale nelle varie fasi di verifica del voto dei
creditori, della irrilevanza, ai fini indicati, della
qualità di organo della procedura e di ausiliario del
giudice riconosciuta al commissario giudiziale.
Si tratta tuttavia di rilievi privi di pregio, quanto
al primo, poiché quello del concordato preventivo è un
procedimento in cui si fondono elementi privatistici e

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creditore votante in senso adesivo sarebbe considerato

pubblicistici

e

rispetto

ai

quali,

dunque,

l’accentuazione dei primi a seguito delle intervenute
modifiche normative non vale a determinare
l’applicazione della disciplina in tema di conclusione
del contratto ex art. 1326 c.c.; quanto al secondo,

delle dichiarazioni di voto non scalfisce in alcun modo
l’incontestabile ” ruolo centrale del tribunale nelle
varie fasi di verifica del voto ai creditori ” che il
legislatore ha inteso riconoscere; quanto al terzo,
poiché dal fatto che al commissario giudiziale non sia
attribuito ” un effettivo ruolo in materia di raccolta
e di verifica delle dichiarazioni di voto ” non può
farsi discendere la conseguenza ( come detto non
prevista da alcuna norma ) della ininfluenza della
dichiarazione di voto a lui indirizzata.
Quello che viceversa il legislatore ha certamente
inteso stabilire, ed in caso di inosservanza
sanzionare, è il termine entro il quale far pervenire
le indicazioni di voto non manifestate nel corso
dell’adunanza dei creditori.
Nello schema delineato dagli artt. 178 e 179 1.f. nella
precedente formulazione ( rimasto peraltro integro, per
la parte di interesse, all’esito delle intervenute

modifiche ), infatti,

è previsto che ” nel processo

poiché la determinazione del luogo di destinazione

verbale dell’adunanza dei creditori sono inseriti i
voti favorevoli e contrari dei creditori con
l’indicazione nominativa dei votanti e dell’ammontare
dei rispettivi crediti “; che ai fini del computo delle
prescritte maggioranze devono essere altresì

per lettera nei venti giorni successivi alla chiusura
del verbale “, specificamente annotate dal cancelliere
in calce al verbale; che nel caso di mancato
raggiungimento delle prescritte maggioranze il giudice
deve riferirne al tribunale per la dichiarazione di
fallimento.
Dalla previsione dell’obbligo per il giudice delegato
di attivare il tribunale per l’adozione dei
provvedimenti conseguenti alla mancata approvazione del
concordato, ove non verificatasi entro il termine di
venti giorni stabilito, discende dunque che il detto
termine è da considerare perentorio e che, nel caso di
contestazione in ordine all’avvenuto conseguimento o
meno delle prescritte adesioni, l’accertamento da
compiere va esclusivamente focalizzato sull’effettività
del consenso prestato all’approvazione del concordato
entro il termine fissato dalla legge.
Non sembra dubbio che la trasmissione alla cancelleria
della dichiarazione di voto da parte del creditore

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conteggiate le ” adesioni pervenute per telegramma o

costituisca la più corretta modalità di veicolazione
del consenso, idonea per di più ad eliminare ogni
possibile incertezza o riserva al riguardo.
Tuttavia occorre tener conto, in termini più generali,
delle modifiche intervenute in tema di comunicazioni e

improntate ad una semplificazione delle modalità di
esecuzione e, in termini più specifici, che la sola
condizione stabilita dalla legge fallimentare ai fini
dell’approvazione del concordato da parte dei creditori
è quella del raggiungimento delle maggioranze nei
termini di legge, condizione che non deve
necessariamente trovare attuazione secondo moduli
formali predeterminati, ma che dovrà essere oggetto di

accertamento da parte del giudice del merito secondo il
suo

prudente

apprezzamento,

alla

luce

della

.
documentazione sottoposta al suo esame.
Ne consegue che il ricorso deve essere accolto, con
cassazione del provvedimento impugnato e rinvio al
Tribunale di Brescia in diversa composizione, perché
sulla base dei dati acquisiti verifichi la tempestività
o meno delle adesioni al concordato preventivo
manifestate dai creditori entro il termine indicato
dall’art. 178 1.f.

Il giudice del rinvio provvederà infine anche alla


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notificazioni ( 1. 2005 n. 263, 1. 2011 n. 183 )

liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e
rinvia al Tribunale di Brescia in diversa composizione,
anche per le spese del giudizio di legittimità.

Il consigliere estensore

(Ilitt„?

Il Pres

Roma, 17.12.2013

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