Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23259 del 05/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 05/10/2017, (ud. 28/03/2017, dep.05/10/2017),  n. 23259

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – rel. Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15652-2015 proposto da:

L.F., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA SAN TOMMASO D’AQUINO 116, presso lo studio dell’avvocato ANDREA

ZANELLO, rappresentato e difeso dall’avvocato IVAN CARIOLI, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

MONTECO S.R.L., P.I. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DELLA

LIBERTA’ n. 20/13, presso lo studio dell’avvocato PIERLUIGI

MANFREDONIA, rappresentata e difesa dagli avvocati CATALDO MOTTA,

VALERIA GALASSI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3003/2014 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 10/12/2014 R.G.N. 2587/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/03/2017 dal Consigliere Dott. LAURA CURCIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato ANDREA ZANELLO per delega verbale Avvocato IVAN

CARIOLI;

udito l’Avvocato VALERIA GALASSI.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1) La Corte d’Appello di Lecce ha respinto l’appello promosso da L.F., confermando la sentenza di primo grado che aveva accertato la legittimità del licenziamento per giusta causa del 6.9.2010 comminatogli dalla società Monteco srl a seguito della contestazione disciplinare con la quale gli era stato addebitato di essere stato trovato dal Nucleo Operativo Ecologico del Carabinieri con l’automezzo di servizio, di proprietà della datrice di lavoro, presso la ditta privata Rottamazioni industriali Scialpi sas, con il cassone – vasca dell’autocarro – riempito anche di materiale non ferroso scartato da tale ditta.

2) La corte d’Appello, diversamente da quanto lamentato dal ricorrente, ha ritenuto che vi fosse coincidenza tra i fatti contestati con lettera dell’11.8.2010 e i motivi esposti nella lettera di licenziamento, in quanto detta contestazione si era riferita ai risultati dell’operazione di sequestro da parte dei carabinieri proprio dei materiali non ferrosi rinvenuti nel vascone dell’automezzo. La corte di merito ha ritenuto la condotta addebitata al lavoratore di particolare gravità, avendo questi prelevato in orario di lavoro e con automezzo aziendale, rifiuti speciali non ferrosi provenienti da azienda privata, caricandoli sull’automezzo della società datrice di lavoro, appaltatrice di un servizio di interesse pubblico di nettezza urbana presso il Comune di Brindisi.

3) Ha proposto ricorso per cassazione il L. affidato a due motivi, seguito dal deposito di memoria ex art. 378 c.p.c.. Ha resistito la società Monteco srl con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4) Con il primo motivo di ricorso il L. ha lamentato la violazione e /o falsa applicazione degli artt. 116 e 132 c.p.c. in relazione all’art. 253 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Secondo il ricorrente la Corte territoriale avrebbe posto a fondamento della sua decisione le valutazioni operate dai verbalizzanti e contenute nell’atto di sequestro e non le circostanze di fatto emerse dalle deposizioni testimoniali o dalla verbalizzazione di tali fatti, senza valutare quindi le prove secondo il prudente apprezzamento sancito dall’art. 116 c.p.c. e nel rispetto anche dell’art. 253 c.p.c.. Inoltre avrebbe errato la Corte nell’affermare che la piena ascrivibilità della condotta a L. era provata dal predetto verbale di sequestro, desumendo da tale verbale che il materiale trovato nella vasca dell’automezzo fosse quello prelevato presso la sas di Scialpi. Tale affermazione sarebbe in contrasto con le testimonianze dei colleghi del L. raccolte in primo grado, che invece avevano ad oggetto fatti conosciuti direttamente.

5) Il motivo è inammissibile. Come ha statuito questa corte “in tema di ricorso per cassazione, una questione di violazione o di falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per un’ erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorchè si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione” (Cass. 2700/2016). Ed ancora è stato precisato da questa Corte (cfr Cass. n. 13960/2014) che ove si lamenti che il giudice abbia solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è consentita ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, conseguendone l’inammissibilità della doglianza che sia stata prospettata sotto il profilo della violazione di legge ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 (cfr. Cass. n. 13660/2014).

6) Nel caso in esame la corte territoriale ha motivato facendo riferimento sia ad una prova documentale, il verbale di sequestro dei carabinieri effettuato nel pomeriggio dell’11.8.2010 e relativo al materiale non ferroso e a rifiuti speciali rinvenuti nel cassone del automezzo affidato al L., presente nel cortile dell’azienda della azienda privata Scialpi sas durante l’orario di lavoro, sia alla prova testimoniale del carabiniere che aveva proceduto nel pomeriggio al sequestro e che nella mattinata, durante un’ispezione presso detta azienda, aveva fotografato lo stesso materiale. In nessun error in procedendo è incorsa quindi la sentenza impugnata.

7) Con il secondo motivo di ricorso lamenta il L. la violazione e falsa applicazione degli artt. 2119 e 2106 c.c., oltre che dell’art. 70 del CCNL del settore, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto sussistente la giusta causa di recesso e quindi la proporzionalità della sanzione espulsiva. Secondo il ricorrente dalle testimonianze raccolte sarebbe emerso che fino all’estate del 2010 rifiuti erano portati direttamente in discarica, senza alcuna separazione, che tale ulteriore operazione era stata disposta dalla Monteco solo a far tempo dall’ottobre 2010 e che tutti gli operai raccoglievano qualsiasi rifiuto rinvenuto nei cassonetti e anche fuori dagli stessi e lasciati abbandonati per strada. Ciò secondo il ricorrente faceva venir meno la estrema gravità ritenuta dalla corte, anche considerando che l’art. 70 del ccnl tra le ipotesi di illeciti sanzionabili con il licenziamento in tronco indicava espressamente ipotesi affatto diverse da quella contestata a L..

8) Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato. Quanto alla prima parte della censura secondo cui il fatto ascritto al L. sarebbe diverso da quello riferito dai testi escussi,deve rilevarsi che non sono state trascritte nè depositate con il ricorso la lettera di contestazione e la lettera di licenziamento e neanche il verbale completo delle deposizioni testimoniali, atti tutti che vengono solo indicati, su cui il ricorrente fonda il ricorso, così violandosi il principio di autosufficienza che trova fonte dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 1, n. 4.

9) Ma comunque il motivo è infondato anche con riferimento alla lamentata violazione dell’art. 2016 c.c. e dell’art. 70 del CCNL.. Il giudizio di proporzionalità tra l’addebito contestato e la sanzione adottata che si sostanzia nella valutazione della gravità dell’inadempimento del lavoratore e dell’adeguatezza della sanzione, è devoluto al giudice del merito, con valutazione incensurabile, a meno che si tratti di motivazione illogica (cfr tra le tante Cass. n. 7948/2011, Cass. n. 8293/2012). Come osservato in particolare da Cass. n. 144/2008, la proporzionalità della sanzione rispetto alla gravità dei fatti contestati deve sussistere sia in sede di irrogazione della sanzione da parte del datore nell’esercizio del suo potere disciplinare, avuto riguardo alle ragioni che lo hanno indotto a ritenere grave il comportamento del dipendente, sia da parte del giudice del merito, il cui apprezzamento della legittimità e congruità della sanzione applicata, se sorretto da adeguata e logica motivazione, si sottrae a censure in sede di legittimità. Nel caso in esame la corte ha motivato ampiamente e adeguatamente in ordine alla gravità della condotta con riferimento alle modalità dela condotta tenuta dal dipendente, recatosi a prelevare rifiuti speciali presso una ditta privata, non compresa nella zona assegnatagli, in orario di lavoro con l’automezzo di proprietà del datore di lavoro.

11) Come poi ricordato dalla sentenza impugnata e dallo stesso ricorrente, le previsioni del CCNL che prevedono le ipotesi di giusta causa individuate dai contraenti non sono vincolanti (cfr tra le tante Cass. 25380/2014). Tale principio trova conferma nel caso in esame, in cui la norma contrattuale, art. 70 del ccnl del settore, adotta una nozione elastica di giusta causa, precisando che il licenziamento in tronco si applica in caso di “mancanze relative a doveri, anche non particolarmente richiamati nel presente contratto, le quali siano di tale entità da non consentire la prosecuzione anche provvisoria del rapporto di lavoro, come ad esempio: insubordinazione seguita da vie di fatto, furto, condanne per reati infamanti”.

10) Il ricorso deve pertanto essere respinto, con condanna del ricorrente, soccombente, alla rifusione delle spese del grado, liquidate come da dispositivo.

PQM

 

La Corte respinge il ricorso e condanna ricorrente alla rifusione pagamento delle spese del presente giudizio che liquida Euro 200,00 per esborsi, in Euro 4000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed oneri di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 28 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2017

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