Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23257 del 23/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 23/10/2020, (ud. 04/12/2019, dep. 23/10/2020), n.23257

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. MARTORELLI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7493-2016 proposto da:

TERNA, elettivamente domicillato in ROMA VIA DELLA SCROFA 57, presso

studio dell’avvocato PIZZONIA GIUSEPPE, che lo rappresenta difende

unitamente all’avvocato RUSSO CORVACE GIUSEPPE;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CORGNALETO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1379/2015 della COMM. TRIB. REG. di L’AQUILA,

depositata il 03/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/12/2019 dal Consigliere Dott. MARTORELLI RAFFAELE.

 

Fatto

RITENUTO

Che:

-la società Terna S.p.a. proponeva ricorso avverso l’avviso di accertamento con cui il Comune di Crognaleto, per gli anni d’imposta

(OMISSIS), aveva richiesto – per l’elettrodotto posseduto dall’istante “S.E. Villavalle – S.E. Villanova” – il pagamento della TOSAP. Deduceva la ricorrente la violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 63 e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 44.

Il Comune resisteva con controdeduzioni e, in data 21/02/2014, notificava alla Terna S.p.a. l’ingiunzione finalizzata al pagamento delle somme richieste con l’avviso di accertamento impugnato. Con sentenza n. 438/14 del 04/11/2014 la CTP di Teramo, riuniti i ricorsi, li accoglieva nel merito sul presupposto che l’attività esercitata dalla Terna spa era strumentale all’erogazione di un pubblico servizio per cui andava ritenuta un pubblico servizio.

Avverso l’impugnazione proposta dal Comune, la CIR di L’Aquila accoglieva l’appello. Con riferimento al riconoscimento del regime agevolativo forfettario Tosap di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 63, la CTR affermava che esso trovava applicazione solo per le attività di erogazione di servizi pubblici e per le attività strumentali erogate direttamente ai cittadini. L’agevolazione era finalizzata al conseguimento di una minore tassazione a condizione che si trattasse di fornitura di un servizio primario direttamente ai cittadini. Ma la Terna spa non poteva fruire di detta agevolazione perchè non era un’azienda di erogazione di pubblico servizio e non esercitava attività ad esso strumentali, atteso che l’agevolazione competeva esclusivamente a coloro che svolgevano un servizio pubblico, come quello dell’erogazione di energia, direttamente al pubblico e le attività ad essa strumentali dovevano essere erogate anch’esse direttamente ai cittadini.

Avverso detta sentenza proponeva ricorso la soc. TERNA spa affidata ad un unico motivo. L’Ente intimato non si costituiva.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

la soc. ricorrente ha eccepito:

1. Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 63, comma 2, lett. f) e comma 3, del D.Lgs. n. 79 del 1999, art. 1, della L. n. 239 del 2004, art. 1, comma 2, lett. b), del D.M. 15 dicembre 2010, artt. 1-2-3-15, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Applicabilità del criterio forfetario della TOSAP di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 63, comma 2, lett. f, al soggetto concessionario delle attività di trasmissione e dispacciamento dell’energia elettrica.

A sostegno dell’impugnazione, la Terna spa. ha rilevato che il Giudice di secondo grado aveva erroneamente confermato l’accertamento TOSAP calcolato dal Comune in base alla superficie occupata “commisurata ai metri quadri”, negando l’applicabilità del criterio forfetario di quantificazione della tassa (basato sul numero di “utenze”, ai sensi del combinato disposto del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 63, comma 2, lett, f) e del comma 3,), ritenendo che detta Società non rientrasse fra le “aziende di erogazione dei pubblici servizi” e/o fra “quelle esercenti attività strumentali ai servizi medesimi”. Ai sensi del D.Lgs. n. 79 del 1999, art. 1, comma 1, “le attività di trasmissione e dispacciamento” dell’energia elettrica (a differenza delle relative attività di “produzione, importazione, esportazione, acquisto e vendita”, che erano state liberalizzate) “sono riservate allo Stato ed attribuite in concessione al gestore della rete di trasmissione nazionale di cui all’art. 3 “.

Precisamente, la concessione delle attività di trasmissione e dispacciamento dell’energia elettrica, inizialmente attribuita ad una società per azioni (denominata Gestore della rete di trasmissione nazionale SpA) appositamente costituita da ENEL SpA ai sensi del citato D.Lgs. n. 79 del 1999, art. 3, comma 4, era stata successivamente, con D.P.C.M. 11 maggio 2004 (v. art. 1, comma 1), erano state trasferite a TERNA spa, la quale – per l’effetto – aveva assunto “la titolarità e le funzioni di gestore della rete di trasmissione nazionale”.

Come risultava anche dallo Statuto, dunque, TERNA aveva per oggetto sociale “l’esercizio delle attività di trasmissione e dispacciamento dell’energia elettrica, ivi compresa la gestione unificata della rete di trasmissione nazionale”. In particolare, per “trasmissione”, doveva intendersi il servizio di trasporto e trasformazione sulla rete di trasmissione nazionale dell’energia elettrica dalle centrali di produzione e dalle linee di interconnessione con l’estero alle reti locali di distribuzione; per “dispacciamento”, doveva intendersi il servizio finalizzato al mantenimento dell’equilibrio tra immissioni e prelievi di energia elettrica, con i necessari margini di riserva, per garantire cosi la continuità e la sicurezza della fornitura. Il servizio di trasmissione di energia elettrica esercitato da TERNA rappresentava, quindi, “attività di preminente interesse statale” per espressa disposizione di legge (cfr. D.L. n. 3 del 2010, art. 2-bis).

Dunque, l’attività di TERNA non rappresentava una qualsivoglia libera forma imprenditoriale di esercizio dell’impresa, ma era specificamente regolata e dettagliatamente disciplinata da norme statali, perchè “la gestione di infrastrutture di approvvigionamento di energia connesse alle attività di trasporto e dispacciamento di energia a rete erano di interesse pubblico e erano sottoposte agli obblighi di servizio pubblico derivanti dalla normativa comunitaria, dalla legislazione vigente e la apposite convenzioni con le autorità competenti”.

Stante la natura di servizio pubblico, TERNA ” aveva l’obbligo di connettere alla RTN (Rete di Trasmissione Nazionale, definita dal citato D.Lgs. n. 79 del 1999 come “il complesso delle stazioni di trasformazione e delle linee elettriche di trasmissione ad alta tensione sul territorio nazionale gestite unitariamente”: cfr. art. 2, comma 20) tutti i soggetti che ne facciano richiesta” (art. 3) e doveva assicurare la “sicurezza affidabilità e continuità nel breve, medio e lungo periodo” del servizio erogato, nonchè garantire “l’imparzialità e la neutralità del servizio di trasmissione e dispacciamento al fine di assicurare l’accesso paritario a tutti gli utilizzatori”.

Sulla base di quanto sopra esposto, risultava, quindi, la palese illegittimità della sentenza in epigrafe, secondo cui TERNA “non è un ‘azienda di erogazione di pubblico servizio e non esercita attività ad esso strumentali”, ma eserciterebbe piuttosto un’attività caratterizzata da “connotazioni imprenditoriali”: si ribadisce infatti che la natura di “servizio pubblico” delle attività di trasmissione e dispacciamento dell’energia elettrica era chiaramente espressa dalla legge e pacificamente riconosciuta anche dalla giurisprudenza.

Nè la natura di “servizio pubblico” poteva essere negata – come ritenuto dalla CTR- per il fatto che detto servizio non era erogato “direttamente al pubblico”, trattandosi di una limitazione non prevista dalla legge e che oltretutto ometteva di considerare che trasmissione e dispacciamento erano funzioni indispensabili per l’effettiva distribuzione, vendita ed erogazione dell’energia elettrica al pubblico.

Il ricorso non è fondato.

Il D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 63, disciplinando il “Canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche”, dopo aver stabilito al comma 1, secondo periodo, che “I comuni e le province possono, con regolamento adottato a norma dell’art. 52, prevedere che l’occupazione, sia permanente che temporanea, di strade, aree e relativi spazi soprastanti e sottostanti appartenenti al proprio demanio o patrimonio indisponibile, comprese le aree destinati a mercati anche attrezzati, sia assoggettata, in sostituzione della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, al pagamento di un canone da parte del titolare della concessione…”, ha indicato, al successivo comma 2, i criteri cui deve essere informato il regolamento, specificando, per quanto qui interessa, al punto f) la “previsione per le occupazioni permanenti, realizzate con cavi, condutture, impianti o con qualsiasi altro manufatto da aziende di erogazione dei pubblici servizi e da quelle esercenti attività strumentali ai servizi medesimi di un canone determinato forfettariamente come segue: 1) per le occupazioni del territorio comunale il canone è commisurato al numero complessivo delle relative utenze per la misura unitaria di tariffa riferita alle sotto indicate classi di comuni: I) fino a 20.000 abitanti, Euro 0,77 per utenza; II) oltre 20.000 abitanti, Euro 0,65 per utenza; 2) per ie occupazioni del territorio provinciale, il canone è determinato nella misura del 20 per cento dell’importo risultante dall’applicazione della misura unitaria di tariffa di cui al precedente numero 1, per il numero complessivo delle utenze presenti nei comuni compresi nel medesimo ambito territoriale; 3) in ogni caso l’ammontare complessivo dei canoni dovuti a ciascun comune o provincia non può essere inferiore a Euro 516,46. La medesima misura di canone annuo è dovuta complessivamente per le occupazioni permanente di cui alla presente lettera effettuate dalle aziende esercenti attività strumentali ai pubblici servizi…”.

Ora, dal tenore letterale della norma, emerge che la determinazione forfettaria del canone dovuto per le occupazioni permanenti, realizzate con cavi, condutture, impianti o con qualsiasi altro manufatto è subordinata alla ricorrenza di puntuali presupposti, di carattere soggettivo ed oggettivo: in particolare, da un lato, l’agevolazione presuppone, dal punto di vista soggettivo, che il soggetto occupante le aree pubbliche svolga attività di erogazione dei pubblici servizi ovvero attività strumentali ai servizi medesimi; dall’altro, dal punto di vista oggettivo, poi l’attività di erogazione ovvero quella strumentale deve essere in atto, atteso che il canone deve essere commisurato al numero delle utenze (ciò anche con riferimento alle occupazioni del territorio provinciale).

L’indicata previsione rende evidente che l’agevolazione in parola si ricollega alla peculiarità dell’attività che viene svolta attraverso l’occupazione di aree pubbliche (erogazione di servizi pubblici o attività strumentale a questi ultimi) e -soprattutto- alla utilità che così è assicurata direttamente ai cittadini (utenti), in quanto, solo in tal modo, trova ragionevole giustificazione il sacrificio imposto al potere impositivo dell’amministrazione locale (ed alle sue entrate finanziarie). Il legislatore ha così effettuato, direttamente a livello normativo, una comparazione e una non irragionevole composizione degli interessi pubblici in gioco (quello dell’ente locale, comune o provinciale, di ricavare un’entrata dall’utilizzazione dei suoi beni pubblici e quello dei cittadini all’utilità derivante dall’erogazione di servizi pubblici), sottraendo la relativa valutazione all’ente impositore, considerandola una questione di interesse generale e non meramente localizzabile.

Da ciò si desume, in maniera chiara, che la misura agevolativa della determinazione forfettaria, D.Lgs. n. 446 del 1997, ex art. 63, comma 2, lett. f), secondo il suo stesso tenore letterale, può trovare applicazione solo per l’attività di erogazione di energia effettuata in favore direttamente dei cittadini. Conforta tale conclusione (oltre che lo stesso tenore letterale) anche la ratio del citato D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 63, comma 2, lett. f), che dal punto di vista logico, ancor prima che giuridico, giustifica la diversità di tariffa e l’applicazione del regime agevolativo, con la circostanza che l’erogazione del servizio pubblico avvenga direttamente in favore dei cittadini utenti.

Nè può ammettersi un’interpretazione estensiva della ricordata norma agevolativa: infatti, anche a voler prescindere dalla pur decisiva considerazione dell’inequivoco tenore letterale, già rilevato, e dalla sua delineata ratio (non ragionevolmente individuabile anche nella diversa ipotesi di produzione e trasporto di energia), dal punto di vista sistematico essa ha natura speciale, recando una deroga alle regole (criteri) generali di determinazione della tariffa dovuta, cosa che ne impone una lettura ed interpretazione rigorosamente conforme al suo tenore letterale, senza ulteriori possibilità di applicazioni analogiche o di interpretazioni estensive. (C.d.S. n. 01788/2013).

In definitiva, poichè, secondo il legislatore, solo l’attività di erogazione in atto di servizi pubblici a favore di cittadini giustifica il regime agevolativo di cui si discute, la decisione della CTR non merita censure.

Il ricorso va, pertanto, respinto. Nulla sulle spese in difetto di costituzione dell’intimato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 4 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2020

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