Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23256 del 08/11/2011

Cassazione civile sez. I, 08/11/2011, (ud. 20/10/2011, dep. 08/11/2011), n.23256

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 20193/2007 proposto da:

F.A., F.C., C.M., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIALE PINTURICCHIO 21, presso lo studio

dell’avvocato ABBATE Ferdinando Emilio, che li rappresenta e difende

giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI;

– intimata –

avverso il decreto N. 52608/05 della CORTE D’APPELLO di ROMA DEL

30/01/06, depositato il 26/05/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE DI PALMA;

udito l’Avvocato Roda Ranieri (delega avvocato Abbate Ferdinando

Emilio) difensore del ricorrente che si riporta agli scritti e chiede

l’accoglimento del ricorso;

è presente il P.G. in persona del Dott. LIBERTINO ALBERTO RUSSO che

ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che F.A. e gli altri due ricorrenti indicati in epigrafe, con ricorso del 10 luglio 2007, hanno impugnato per cassazione – deducendo due motivi di censura -, nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, il decreto della Corte d’Appello di Roma depositato in data 26 maggio 2006, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso dei predetti ricorrenti – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, in contraddittorio con il Presidente del Consiglio dei ministri – il quale ha concluso per l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso -, ha condannato il resistente a pagare a ciascuno dei ricorrenti la somma di Euro 8.000,00 a titolo di equa riparazione, oltre agli interessi dalla data della deliberazione del decreto, ed ha liquidato le spese del giudizio, determinandole in Euro 1.125,00;

che il Presidente del Consiglio dei ministri, benchè ritualmente intimato, non si è costituito nè ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che con i motivi di censura – i quali possono essere esaminati per gruppi di questioni -, vengono denunciati come illegittimi: a) la affermata decorrenza degli interessi sul liquidato indennizzo dalla data del decreto, anzichè dalla data della proposizione della domanda di equa riparazione; b) la violazione dei minimi tariffari forensi nella liquidazione delle spese di giudizio di merito;

che il ricorso merita accoglimento, nei limiti di seguito indicati;

che, in particolare, la censura sub a) è manifestamente fondata;

che, infatti, questa Corte ha già ripetutamente affermato che, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, il diritto ad un’equa riparazione in caso di mancato rispetto del termine ragionevole del processo, avente carattere indennitario e non risarcitorio, non richiede l’accertamento di un illecito secondo la nozione contemplata dall’art. 2043 cod. civ., nè presuppone la verifica dell’elemento soggettivo della colpa a carico di un agente, essendo invece ancorato all’accertamento della violazione dell’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, cioè di un evento ex se lesivo del diritto della persona alla definizione del suo procedimento in una durata ragionevole, e l’obbligazione avente ad oggetto l’equa riparazione configurandosi non già come obbligazione ex delicto ma come obbligazione ex lege, riconducibile, in base all’art. 1173 cod. civ., ad ogni altro atto o fatto idoneo a costituire fonte di obbligazione in conformità dell’ordinamento giuridico, con la conseguenza che dal carattere indennitario di tale obbligazione discende che gli interessi legali possono decorrere, semprechè richiesti, dalla data della domanda di equa riparazione, in base al principio secondo cui gli effetti della pronuncia retroagiscono alla data della domanda, nonostante il carattere di incertezza e di illiquidità del credito prima della pronuncia giudiziaria, mentre, in considerazione del predetto carattere indennitario dell’obbligazione, nessuna rivalutazione può essere accordata (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 8712 del 2006 e 2248 del 2007);

che la censura sub b) è conseguentemente assorbita;

che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato, in relazione alla censura accolta, nella parte in cui determina la decorrenza degli interessi sulla somma capitale di Euro 8.000,00 dalla data della deliberazione del decreto impugnato al saldo, anzichè dalla data della proposizione della domanda di equa riparazione al saldo;

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., comma 2;

che, nella specie, la decorrenza degli interessi sulla già riconosciuta somma capitale di Euro 8.000,00 deve essere stabilita dalla data della proposizione della domanda di equa riparazione al saldo effettivo;

che, ai fini della liquidazione delle spese processuali, il processo camerale per l’equa riparazione del diritto alla ragionevole durata del processo va considerato quale procedimento avente natura contenziosa, nè rientra tra quelli speciali di cui alla tabelle A) e B) allegate al D.M. Giustizia 8 aprile 2004, n. 127 (rispettivamente voce 50, paragrafo 7 e voce 75, paragrafo 3), per tali dovendo intendersi, ai sensi dell’art. 11 della tariffa allegata a detto decreto ministeriale, i procedimenti in Camera di consiglio ed in genere i procedimenti non contenziosi (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 25352 del 2008);

che, conseguentemente, le spese processuali del giudizio a quo debbono essere nuovamente liquidate – sulla base delle tabelle A, paragrafo 4, e B, paragrafo 1, allegate al D.M. Giustizia 8 aprile 2004, n. 127, relative ai procedimenti contenziosi – in complessivi Euro 2.150,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 800,00 per diritti (Euro 600,00 + Euro 200,00 per gli altri due ricorrenti) ed Euro 1.300,00 per onorari – così aumentati in ragione della pluralità delle parti difese -, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore degli avv. Giovambattista Ferriolo e Ferdinando Emilio Abbate, dichiaratisene antistatari;

che le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo la causa nel merito, condanna il Presidente del Consiglio dei ministri a corrispondere a ciascun ricorrente – sulla somma di Euro 8.000,00 – gli interessi dalla domanda, condannandolo altresì al rimborso, in favore delle parti ricorrenti, delle spese del giudizio, che determina, per il giudizio di merito, in complessivi Euro 2.150,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 800,00 per diritti ed Euro 1.300,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore degli avv. Giovambattista Ferriolo e Ferdinando Emilio Abbate, dichiaratisene antistatari, e, per il giudizio di legittimità, in complessivi Euro 1.300,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dello stesso avv. Abbate, dichiaratosene antistatario.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi civili, il 20 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2011

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