Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23255 del 23/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 23/10/2020, (ud. 04/12/2019, dep. 23/10/2020), n.23255

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. MARTORELLI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23673-2015 proposto da:

ROMA CAPITALE, con domicilio eletto in ROMA VIA DEL TEMPIO DI GIOVE

21, rappresentata e difesa dall’Avvocato MAGGIORE ENRICO;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS);

– intimato –

e contro

CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato presso lo studio

dell’Avvocato DE ANGELIS DANILO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’Avvocato GRECO BENEDETTO;

– ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 9320/2015 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il

29/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/12/2019 dal Consigliere Dott. MARTORELLI RAFFAELE.

 

Fatto

RITENUTO

Che:

– la vicenda in esame concerne l’applicabilità del COSAP con riferimento alla presenza di griglie ed intercapedini sul suolo pubblico, lungo il perimetro del condominio di Via (OMISSIS), Roma, per le quali l’amministrazione aveva emesso un avviso di pagamento.

A parere del condominio detto canone non era dovuto, in quanto le griglie e le intercapedini erano state realizzate in sede di edificazione del fabbricato su area privata oggetto di licenza edilizia (e non di concessione all’uso particolare di un bene pubblico), per cui si sarebbe trattato di componenti essenziali dell’edificio, in cui le relative porzioni del suolo stradale sarebbero state, necessariamente ed irreversibilmente, inglobate. Non sussistevano, pertanto, per il condominio, i presupposti per l’applicabilità del Cosap.

Avverso la sentenza n. 28258 emessa il 13 giugno 2012 dal G.d.P. di Roma, Roma Capitale conveniva in giudizio, per la riforma della sentenza, dinanzi al Tribunale di Roma, il Condominio di Via (OMISSIS). L’appellante censurava, tra l’altro, la sentenza per aver statuito in ordine alla carenza del presupposto impositivo del COSAP nonostante l’area assoggettata a canone fosse soggetta a servitù di pubblico passaggio. Si doveva, per tale ragione, prescindere dal rilascio di un titolo concessorio, in quanto il suddetto canone trovava ragione nell’utilizzazione che il singolo faceva, nel proprio interesse, di un suolo destinato alla generalità dei cittadini.

Costituitosi il contraddittorio, il Tribunale di Roma, respinta l’eccezione relativa al difetto di competenza per materia del Giudice adito in primo grado e l’eccezione di inammissibilità dell’appello per tardività, riteneva l’appello di Roma Capitale infondato.

Secondo il Tribunale, infatti, come sostenuto dall’appellato, non risultava configurabile la contestata occupazione di suolo pubblico attesa la ricomprensione dell’area, assoggettata a canone, in opere edili complesse con stabile modificazione ed acquisizione del suolo quale componente del manufatto, laddove l’occupazione fosse riferita all’edificazione del fabbricato. Detta ipotesi era pacificamente integrata nella specie, secondo progetto originario approvato dal Comune, in cui porzioni del suolo erano irreversibilmente inglobate nell’edificio. Non era quindi configurabile per la descritta situazione di fatto una destinazione ad uso pubblico, da cui dedurre l’esistenza di una servitù pubblica di passaggio. Dalla documentazione in atti versata dalla stessa parte attrice, l’area per cui vi era stata richiesta di canone, risultava come rientrante a far parte strutturalmente della costruzione privata. Inoltre, sempre secondo il Tribunale, non era, poi, da ritenersi circostanza pacifica quella del pubblico passaggio sulle porzioni di suolo oggetto di lite, considerato che la parte attrice aveva affermato, in citazione, che, per l’appunto, dette porzioni di suolo stradale erano state irreversibilmente inglobate nell’edificio quali parti essenziali dello stesso.

Sotto altro profilo, il primo Giudice riteneva che, secondo i principi in tema di riparto della prova ai sensi dell’art. 2697 c.c., l’onere di provare i fatti costitutivi del diritto gravasse sempre su colui che si affermava titolare del diritto stesso ed intendeva farlo valere, ancorchè fosse convenuto in giudizio di accertamento negativo. Infine, rilevava come non fosse stata prodotta alcuna concessione specifica per le intercapedini oggetto di COSAP, con la conseguenza che, anche in relazione ai precedenti del Tribunale adito, risultava pienamente accertata la non debenza del COSAP relativo all’anno 2008.

Proponeva ricorso ROMA CAPITALE affidato a due motivi. Il Condominio di (OMISSIS) si costituiva con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Violazione del D.Lgs n. 446 del 1997, art. 63 in combinato disposto con l’art. 1 del Regolamento del Comune di Roma istitutivo del canone per l’occupazione degli spazi e delle aree pubbliche comunali (C.O.S.A.P.) e delle norme a queste connesse e correlate in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

2. Violazione dell’art. 2697 c.c. in combinato disposto con la L. 20 marzo 1865 n. 2248, art. 22, comma 3, all. E in realazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il primo motivo, il ricorrente ha sostenuto che, alla luce della interpretazione giurisprudenziale di legittimità del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 63, era da ritenersi essenziale il dato fattuale della occupazione permanente di area demaniale stradale comunale per configurare il presupposto impositivo prescindendo da un concreto provvedimento concessorio, nella ipotesi di preesistenza dei manufatti presi in considerazione per l’applicazione del canone. La sola circostanza che determinava la debenza del canone per l’occupazione di suolo pubblico era, quindi, il fatto che le strade fossero destinate al pubblico passaggio, non rilevando l’originaria proprietà dell’area, ma soltanto l’eventuale presenza di limitazioni al pubblico godimento, una volta che le aree stesse fossero attribuite alla pubblica amministrazione.

Il motivo è fondato. In più occasioni questa Corte ha avuto modo di precisare che il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (COSAP), istituito dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 63, come modificato dalla L. n. 448 del 1998, art. 31, è stato concepito dal legislatore come un quid ontologicamente diverso, sotto il profilo strettamente giuridico, dalla tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, e risulta configurato come corrispettivo di una concessione, reale o presunta (nel caso di occupazione abusiva), dell’uso esclusivo o speciale di beni pubblici. Esso, pertanto, è dovuto non in base alla limitazione o sottrazione all’uso normale o collettivo di parte del suolo, ma in relazione all’utilizzazione particolare o eccezionale che ne trae il singolo: il presupposto applicativo del Cosap è, quindi, costituito dall’uso particolare del bene di proprietà pubblica ed è irrilevante la mancanza di una formale concessione quando vi sia un’occupazione di fatto del suolo pubblico (Sez. 1, n. 1435 del 19/01/2018,; Sez.2, 04/05/2018, n. 10733; Sez. 5, n. 18037 del 06/08/2009). Tale principio è stato espresso anche dalla decisione delle Sezioni Unite n. 1611/2007, in tema di riparto di giurisdizione, che ha ribadito che il Cosap è configurato come corrispettivo di una concessione, reale o presunta (nel caso di occupazione abusiva), dell’uso esclusivo o speciale di beni pubblici, e non già dovuto per la sottrazione al sistema della viabilità di un’area o spazio pubblico. (Cass. 17292/19).

Non vi è dubbio, inoltre, come la parte di suolo di cui si discute sia soggetta a servitù di pubblico passaggio, potendo in quell’area, anche se limitata, transitare un numero indeterminato di persone, senza limitazione alcuna e non è concesso al proprietario stesso del suolo di impedirlo.

Tale circostanza è pacifica in causa, come si desume anche dal controricorso, in cui si afferma che “le porzioni di suolo stradale per le quali viene richiesto il COSAP sono parti inscindibili di un’opera edile complessa, stabilmente acquisite ad essa, che non sottraggono in alcun modo la relativa superficie all’uso pubblico. E questo lo si può evincere facilmente dallo stato delle cose e dei luoghi, così come rappresentato dai documenti depositati.” Alla luce di tali considerazioni, la mancanza di titolo concessorio non rileva, ma rileva, peraltro l’uso indiscriminato del passaggio, da un lato, e l’utilizzazione particolare che ne trae il singolo, dall’altro.

Pertanto, quando, come nel caso in esame, il proprietario del suolo (gravato da una servitù pubblica di passaggio) sostituisca una parte del piano di calpestio per apporvi delle griglie o intercapedini, ricorrono i presupposti per l’applicazione del Cosap, in quanto la griglia è apposta per il miglioramento del godimento dei locali sottostanti al suolo e, quindi, con la finalità di utilizzazione particolare dell’area stessa a vantaggio di detto soggetto.

Il secondo motivo è assorbito.

Dall’accoglimento del primo motivo di ricorso deriva che l’impugnata sentenza va cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’art. 384 c.p.c., comma 2, e il ricorso originario della contribuente rigettato. Le spese di merito vanno compensate e quelle di legittimità poste a carico della resistente.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso. Compensa le spese del merito e condanna la resistente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 1.200,00 oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2020

 

 

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