Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23255 del 18/09/2019

Cassazione civile sez. II, 18/09/2019, (ud. 06/03/2019, dep. 18/09/2019), n.23255

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18825-2015 proposto da:

D.G.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

ANTONIO CANTORE 5, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MUCCIOLO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANGELO ARCIELLO;

– ricorrente –

contro

G.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL GESU’

57, presso lo studio dell’avvocato FILOMENA MOSSUCCA, rappresentato

e difeso dall’avvocato FELICIANO PALMIERI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1442/2015 del TRIBUNALE di SALERNO, depositata

il 30/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/03/2019 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di appello, G.G. esponeva che: in data 8 luglio 96 stipulava con D.G.P. un contratto di opera, affidando a questi “il rifacimento completo” dell’autovettura Fiat 500 tg (OMISSIS) di proprietà dell’istante; – decorsi tre anni dalla stipula del negozio, il D. ancora non aveva completato i lavori commissionatigli per cui si rendeva necessario un primo sollecito cui il convenuto rispondeva con missiva che avrebbe ultimati i lavori di restauro, ancora non terminati, nonostante aveva già dichiarato con lettera del 13.9.99 che la mancata ultimazione dei lavori e la mancata consegna dell’auto erano giustificati da una richiesta di ampliamento dei lavori commissionati. Ciò premesso, si rivolgeva al Giudice di Pace, chiedendo la condanna del convenuto all’adempimento del contratto, offrendo il pagamento della somma pattuita detratti gli acconti versati e, in via gradata, previa declaratoria di risoluzione del contratto, condannare il D. alla restituzione della macchina, oltre al risarcimento del danno.

Si costituiva in giudizio il convenuto ed eccepiva l’inammissibilità della domanda ex art. 1453 c.c., comma 2, sosteneva che parti, con la sottoscrizione del contratto, avevano voluto solo il rifacimento della parte anteriore della autovettura, come da preventivo di spesa redatto dal D. il 13.5.96 e che, dopo la stipula del contratto ed il ritiro dell’autovettura, l’appellante si recava presso di lui per modificare l’incarico già conferitogli ordinandogli di ripararla tutta, anche se il contratto originario non prevedeva il rifacimento completo; – concludeva che il ritardo nella esecuzione del contratto era da imputarsi, esclusivamente, alla condotta dell’appellante, che metteva i pezzi di ricambio a disposizione dell’appellato con notevole ritardo rispetto alla data di conclusione del contratto; – il convenuto, pertanto, chiedeva la declaratoria di improcedibilità della domanda e, in via riconvenzionale, previa declaratoria circa resistenza del patto modificativo ed integrativo del contratto scritto dell’8 Luglio 96, la condanna del G. al pagamento della somma di Lire 4.900.00, oltre al pagamento della fattura per Lire 174.792 e, in subordine, la risoluzione del contratto e al risarcimento del danno.

Il Giudice di Pace di Roccadaspide con sentenza rigettava la domanda principale e quella riconvenzionale.

Avverso tale provvedimento interponeva appello G. chiedendo che, in riforma della gravata sentenza, accertare e dichiarare che il contratto d’opera prevedeva il rifacimento completo dell’autovettura fiat 500 Tg. (OMISSIS), verso il corrispettivo pattuito di lire 1.000.000, da corrispondersi al momento della ultimazione dei lavori, restando a carico dell’appellante l’acquisto dei pezzi di ricambio necessari;

accertare e dichiarare che, all’atto di stipula del negozio, l’appellante versava Lire 1.600.000 all’appellato, perchè provvedesse all’acquisto dei ricambi necessari all’esecuzione dell’opera commissionata come indicati nel preventivo di spesa del 13.5.10; accertare e dichiarare che nel novembre 1996 il G. provvedeva all’acquisto di ulteriori ricambi su indicazione dell’appellato, sborsando l’ulteriore somma di Lire 1.281.000 e poi di Lire 300.000; – dichiarare che nel novembre 1999 i lavori in esame non erano stati ancora ultimati a causa dell’inadempimento dell’appellato; previa declaratoria di risoluzione del contratto condannare l’appellato alla restituzione della macchina, delle somme, indebitamente, percepite pari ad Euro 1.642,84 oltre al risarcimento del danno con condanna alle spese di giudizio.

Parte appellata non si costituiva.

Il Tribunale di Salerno, con sentenza n. 1442 del 215, accoglieva l’appello e, in riforma della sentenza, dichiarava che il contratto d’opera prevedeva il rifacimento totale dell’autovettura Fiat 500 verso il corrispettivo di Lire 1000,00, da corrispondersi al momento dell’ultimazione dei lavori, restando a carico dell’appellante l’acquisto dei pezzi di ricambio necessari; b) dichiarava che all’atto della stipula l’appellante versava Lire 1.600,00 perchè provvedesse all’acquisto dei pezzi di ricambio necessari per l’esecuzione dell’opera, dichiarava la risoluzione del contratto per inadempimento dell’appellato, condannava l’appellato alla restituzione della macchina e delle somme indebitamente percepite. Condannava l’appellato al pagamento delle spese del giudizio. Secondo il Tribunale, dall’elenco dei pezzi di ricambio risultava che l’accordo siglato tra le parti aveva ad oggetto il rifacimento completo della macchina. Risultava dalla fotocopia degli assegni che all’atto della stipula dell’accordo di cui sopra G. aveva versato Lire 1.600.000 per l’acquisto dei pezzi di ricambio. Risultava, altresì, che nel novembre del 1999 i lavori in esame non erano stati ultimati e tale inadempimento era grave a causa di un decorso di tempo di circa tre anni.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da D.G. con ricorso affidato a tre motivi. G.G. ha resisto con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.= Con il primo motivo di ricorso D.G. lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Il ricorrente si duole che il Tribunale abbia statuito sulla base di nuove prove non esibite in primo grado e, comunque, non indicate nell’atto di appello. In particolare, sarebbero stati prodotti per la prima volta in sede di appello la copia di due assegni bancari ciascuno di Lire 800.000.

E di più, con l’appello l’appellante avrebbe chiesto la restituzione della somma di Lire 1.600.000 non chiesta in primo grado, la risoluzione del contratto la restituzione del veicolo unitamente ai pezzi di ricambio ed il risarcimento dei danni in via equitativa ed a questo vi ha aggiunto per la prima volta ed ex novo la domanda di restituzione di Lire 1.600.000 la domanda di restituzione di Lire 300.000 la domanda di restituzione di Lire 1.281.000.

1.1= Il motivo è fondato, perchè G., come risulta dalla sentenza del Giudice di Pace, in primo grado, aveva chiesto la risoluzione del contratto, la restituzione del veicolo unitamente ai pezzi di ricambio ed il risarcimento dei danni in via equitativa, ma, non anche, la restituzione della somma di lire 1.600.000. Dalla sentenza impugnata, dunque, non risulta che il G. abbia avanzato domanda di restituzione di somme di denaro e che una siffatta domanda in appello sarebbe, comunque, tardiva, perciò inammissibile.

b) Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Secondo il ricorrente, G. avrebbe ottenuto la restituzione della somma di Euro 1.642,84, pur avendo omesso ogni prova a tal fine ed anzi, nonostante, che, in primo grado, abbia dichiarato espressamente di aver destinato tale importo all’acquisto dei ricambi necessari per il lavoro pattuito. In verità, la decisione impugnata non rispetterebbe il principio di fondare la decisione sulla base di quanto affermato e provato e, comunque, in violazione dell’art. 116 c.p.c., che esclude che il Giudice possa formare il proprio convincimento al di fuori del quadro probatorio.

2.1.= Il motivo, come è del tutto evidente, rimane assorbito dall’accoglimento del primo motivo.

3.= Con il terzo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost. e art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4. Inesistenza della motivazione in fatto ed in diritto, perchè il Tribunale non avrebbe verificato l’inadempimento del G. e, dunque, non avrebbe effettuato, come avrebbe dovuto fare, la comparazione tra i due inadempimenti.

3.1.= Il motivo è infondato non solo perchè si risolve nella richiesta di una diversa valutazione dei dati processuali non proponibile nel giudizio di cassazione, ma, soprattutto, perchè la sentenza non presenta il vizio denunciato, dovendosi considerare che, con chiarezza, il Tribunale ha specificato che l’inadempimento del D. era grave, a causa del decorso di un notevole lasso di tempo, e tale giustificava la risoluzione del contratto per inadempimento dello stesso. Sicchè, appare evidente dal tenore della sentenza, che il Tribunale ha ritenuto l’inadempimento del D. non solo grave, ma, anche, determinante per la risoluzione del contratto, che è quanto dire che, comunque, l’inadempimento del D. era prevalente rispetto all’eventuale inadempimento del G. se mai il G., fosse stato inadempiente.

In definitiva, va accolto il primo motivo dichiarato assorbito il secondo motivo e rigettato il terzo motivo, la sentenza impugnata va cassata senza rinvio; va confermata la liquidazione delle spese effettuata dal Giudice del merito. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate con il dispositivo.

P.Q.M.

La Corte cassa la sentenza impugnata senza rinvio, conferma la liquidazione delle spese come effettuata dal Giudice del merito, condanna la parte controricorrente a rimborsare il ricorrente delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 1.600,00, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% del compenso ed accessori, come per legge.

Così deciso in Roma, il 6 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 settembre 2019

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