Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23255 del 05/10/2017


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Cassazione civile, sez. II, 05/10/2017, (ud. 20/06/2017, dep.05/10/2017),  n. 23255

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3539-2014 proposto da:

P.V., ((OMISSIS)), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIALE PARIOLI 87, presso lo studio dell’avvocato LUCIANO MONTEMITRO,

rappresentata e difesa dall’avvocato MASSIMO DE FEUDIS;

– ricorrente –

contro

D.L.G., ((OMISSIS)) elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DEL CORSO 433, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI SPINAPOLICE,

rappresentato e difeso dall’avvocato PASQUALE FORTE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1316/2012 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 12/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/06/2017 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. P.V. convenne D.L.G. innanzi al Tribunale di Foggia al fine di ottenerne la condanna alla restituzione dell’importo di Lire 60.000.000 che assumeva di avergli mutuato nell’imminenza del matrimonio del medesimo con la figlia. Costituitosi il D.L., il quale contestò l’esistenza del mutuo, all’esito dell’istruttoria il tribunale respinse la domanda.

2. La sentenza fu appellata dalla P. ed il D.L. resistette chiedendo il rigetto impugnazione.

La Corte d’Appello di Bari respinse il gravame.

A sostegno della decisione rilevò che dalle testimonianze acquisite era emerso il fatto che la P. aveva disinvestito la somma, depositata presso un conto corrente cointestato con la figlia nubenda, ma non che lo stesso denaro fosse poi stato consegnato al futuro genero con l’assunzione, da parte di questi, dell’obbligo di restituirlo.

Detta circostanza era stata affermata soltanto da due testi – le figlie dell’appellante, una delle quali era, per l’appunto, la coniuge separata del mutuatario – da ritenersi inattendibili; la P. aveva poi tentato di corroborarla con una produzione, tuttavia effettuata per la prima volta nel giudizio d’appello e perciò inammissibile in quanto tardiva.

3. Avverso tale decisione ha proposto ricorso P.V. sulla base di tre motivi. L’intimato ha depositato controricorso, illustrato da memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Con il primo motivo la ricorrente denunzia violazione di legge ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, lamentando che la corte d’appello avrebbe ritenuto inattendibili i due testimoni che avevano confermato l’esistenza del contratto di mutuo in base al semplice rilievo del rapporto di parentela e senza applicazione – dei canoni fissati dalle norme di rito”.

4.-1. Con il secondo motivo la ricorrente denunzia violazione di legge ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione alla mancata considerazione di altre circostanze che avrebbero dovuto persuadere il giudice d’appello dell’esistenza di un contratto di mutuo, ed in particolare del fatto che il D.L., nullatenente, aveva ottenuto la disponibilità economica della somma.

4-2. Con il terzo motivo la ricorrente denunzia violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione alla valutazione delle prove testimoniali, contestando alla corte d’appello di aver ritenuto inattendibili gli indicati testimoni richiamandosi a criteri normativi previsti per stabilirne l’incapacità, e comunque senza valutarne le dichiarazioni.

5. Il ricorso è infondato.

5-1. Il primo ed il terzo motivo si incentrano sulla valutazione di inattendibilità dei testimoni O.A. e O.M.R., le cui deposizioni la ricorrente invoca a sostegno della dedotta esistenza del contratto di mutuo.

In proposito, è ben vero che secondo il consolidato orientamento di questa Corte (v. Cass. n. 19215/2015; Cass. n. 25358/2015) la valutazione sull’attendibilità di un testimone ha ad oggetto il contenuto della dichiarazione resa e non può essere aprioristica e per categorie di soggetti, al fine di escluderne “ex ante” la capacità a testimoniare; nè sussiste un principio di necessaria inattendibilità del testimone che abbia vincoli di parentela o coniugali con una delle parti, atteso che, caduto il divieto di testimoniare previsto dall’art. 247 c.p.c. per effetto della sentenza della Corte cost. n. 248 del 1974. l’attendibilità del teste legato da uno dei predetti vincoli non può essere esclusa aprioristicamente in difetto di ulteriori elementi dai quali il giudice del merito desuma la perdita di credibilità.

E tuttavia, occorre rilevare che per entrambi i testimoni la corte d’appello ha indicato ulteriori elementi, di natura obiettiva, sui quali ha fondato la propria valutazione di inattendibilità, rispettivamente individuati nel fatto di essere la prima teste contitolare del conto dal quale il denaro era stato prelevato, e la seconda non convivente con la madre e perciò verosimilmente non presente al momento dei fatti, svoltisi in diversa città.

La rilevanza di tali elementi, in sè idonei a fondare un giudizio di non credibilità, non è scalfita dalle censure in esame; nè la ricorrente indica, come pure era suo onere, le ragioni per le quali la diversa valutazione che propone sarebbe più plausibile, o quali siano le circostanze logicamente incompatibili con la decisione adottata.

5-2. Il secondo motivo è inammissibile.

Esso è generico, non indica i documenti ed il loro contenuto nè coglie la ratio decidendi di pagina tre della sentenza sulla tardività della produzione.

La ricorrente non ha specificamente indicato di quali prove il giudice d’appello avrebbe dovuto tener conto, limitandosi ad un generico rinvio alla circostanza secondo cui l’affermato mutuatario avrebbe ottenuto la disponibilità della somma di denaro, certamente in sè non univocamente significativa dell’esistenza di un contratto di mutuo.

6. Il ricorso va pertanto rigettato; le spese del giudizio di cassazione sono poste a carico della ricorrente e liquidate in dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna al ricorrente alle spese liquidate in Euro 3700 di cui 200 per spese vive, oltre accessori e spese forfettarie nel 15%, dando atto dell’esistenza dei presupposti ex D.P.R. n. 115 del 2002 per il versamento dell’ulteriore contributo unificato.

Così deciso in Roma, il 20 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2017

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