Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23247 del 05/10/2017


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Cassazione civile, sez. II, 05/10/2017, (ud. 20/04/2017, dep.05/10/2017),  n. 23247

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18375-2013 proposto da:

CT MACERI SRL, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO

VITTORIO EMANUELE II 18, presso lo studio dell’avvocato STUDIO GREZ

E ASSOCIATI, rappresentato e difeso dagli avvocati ALESSANDRA DE

SIMONI, MARIA BEATRICE PIERACCINI;

– ricorrente –

contro

NUOVA REGGIO MACERI SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 90/2013 del TRIBUNALE di LUCCA, depositata il

29/01/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/04/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che il Giudice di pace di Lucca, con sentenza dell’8/5/2009, revocò il decreto con il quale era stato ingiunto alla Maceri s.r.l. il pagamento della somma di Euro 1.160,55, oltre accessori, in favore della Nuova Reggio Maceri s.r.l., condannando l’opposta al risarcimento del danno, quantificato in Euro 662,07;

che il Tribunale di Lucca, con sentenza del 29/1/2013, in totale riforma della statuizione di primo grado, condannò la C.T. Maceri s.r.l. a pagare alla Nuova Reggio l’originaria somma portata dal decreto ingiuntivo, oltre accessori;

ritenuto che alla base del sovvertimento dell’epilogo in grado d’appello sono state valorizzate le seguenti circostanze: andava accolta l’eccezione di decadenza dalla garanzia per i vizi della merce venduta (art. 1495 c.c.), in uno all’azione per il risarcimento del danno, non vertendosi in presenza di vizi occulti ed essendo trascorso il termine di legge dalla consegna; il predetto termine non poteva farsi decorrere dalla successiva vendita operata dall’acquirente, in quanto la vendita a catena non giustifica lo spostamento in avanti del termine decadenziale; la non apparenza trovava conferma nelle stesse ammissioni processuali della parte appellata;

ritenuto che la C.T. Maceri s.r.l. propone ricorso per cassazione avverso la determinazione d’appello e che la controparte non ha svolto difese in questa sede;

considerato che il primo motivo, con il quale la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 2730,2731 e 2733 c.c., artt. 228 e 229 c.p.c., nonchè vizio motivazionale, non supera la soglia dell’ammissibilità per più ragioni: quanto alla prospettata violazione di legge va chiarito che l’affermazione contenuta nella citazione in opposizione al decreto ingiuntivo (peraltro di contenuto niente affatto equivoco od equivocabile – “vizi che venivano riscontrati non appena la merce giungeva a destinazione” -) è stata qualificata dal Giudice d’appello come mera ammissione, utile a corroborare il quadro probatorio e, pertanto, la doglianza non può che considerarsi aspecifica, in quanto non cogliendo la ratio decidenti, non è decisiva (cfr., fra le tante, Sez. L., n. 7046, 23/5/01, Rv. 546925; Sez. 3, n. 21490, 7/11/2005, Rv. 586046; Sez. L. n. 7375, 26/3/010, Rv. 612815), senza contare che questa Corte ha già affermato la natura confessoria di simili dichiarazioni (Sez. 2, n. 2721, 5/2/2013, Rv. 625115); quanto al vizio motivazionale deve rilevarsi che la doglianza disciplinata dal vigente art. 360 c.p.c., ed in particolare, sub n. 5), nella configurazione imposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 134 (che trova applicazione alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del predetto decreto), prevede la ricorribilità per il solo caso di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”. Siccome ha già avuto modo questa Corte di più volte chiarire, la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, con la conseguenza che è pertanto, denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; anomalia che si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (S.U., n. 8053, 7/4/2014, Rv. 629830; S.U. n. 8054, 7/4/2014, Rv. 629833; Sez. 6-2, ord., n. 21257, 8/10/2014, Rv. 632914); situazione che qui, per quel che si è visto, non sussiste;

considerato che il secondo motivo con il quale il ricorso lamenta l’omessa motivazione in ordine alla deposizione della teste C.E. (sorella del titolare, la quale aveva dichiarato che appena avuto notizia dalla società acquirente dei vizi della merce aveva provveduto alla denunzia) è anch’esso inammissibile per aspecificità: la sentenza impugnata ha affermato il principio di diritto secondo il quale in presenza di vendite a catena (come nella specie) non si ha alcuno spostamento in avanti del termine decadenziale e proprio questa affermazione avrebbe dovuto essere sottoposta a critica, in quanto, pur ad ammettere che vi sia stata la denunciata omissione motivazionale e che dalla valorizzazione di quelle dichiarazioni si sarebbe potuto sostenere che la ricorrente aveva denunziato il vizio appena ricevuta la comunicazione dal proprio acquirente, resta fermo che la stessa venne inoltrata dopo la consumazione del termine legale;

considerato che il terzo motivo, con il quale la ricorrente allega la violazione dell’art. 1495 c.c., nonchè vizio motivazionale, è manifestamente infondato, in quanto l’ipotesi evocata dal ricorso (scoperta dei vizi per gradi e in tempi successivi) non si adatta affatto alla fattispecie alla mano: qui l’acclaramento del difetto non è frutto di accertamenti, analisi e verifiche, in presenza, quindi di vizio occulto, ma, del tutto difformemente, nonostante l’apparenza del vizio la denunzia era stata avanzata fuori termine, allorquando della qualità della merce si era lamentato l’acquirente dell’acquirente; inoltre non ha significato censuratorio apprezzabile l’affermazione con la quale la ricorrente riporta che il Giudice aveva scritto che la decadenza si matura dal decimo giorno della consegna, invece che entro otto giorni, stante che non è controverso che proprio quest’ultimo termine non era stato rispettato;

considerato che il quarto motivo, con il quale il ricorso deduce la violazione del D.Lgs. n. 231 del 2002, art. 5 per essere stati riconosciuti interessi moratori nella misura stabilita dalla predetta norma, che al tempo della fornitura non era ancora entrata in vigore, è inammissibile, trattandosi di questione nuova che non consta essere stata proposta in sede di merito (nella specie mediante la riproposizione dell’eccezione in appello – cfr., Sez. 3, n. 18721, 9/12/2003, Rv. 568723);

considerato che nulla va disposto per le spese legali, stante che la controparte non ha svolto difese davanti a questa Corte;

considerato che, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte della ricorrente, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2017

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