Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23246 del 23/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 23/10/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 23/10/2020), n.23246

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6923-2014 proposto da:

T.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TRIESTE 22,

presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO ROMANO, rappresentato e

difeso dagli avvocati PIETRO ROCCO DI TORREPADULA, ENRICO ROMANO,

VITTORIA LAGANI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA NORD S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma via Millevoi n. 73/81

presso lo studio dell’avvocato Giuseppe FIERTLER che la rappresenta

e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 118/2013 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 25/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/02/2020 dal Consigliere Dott. ADET TONI NOVIK.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– T.A. (di seguito, il contribuente o il ricorrente) propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia (CTR), depositata il 25 luglio 2013, di accoglimento parziale dell’appello, limitatamente alle spese di lite che venivano compensate tra tutte le parti, da lui proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva a sua volta accolto limitatamente alle sanzioni il ricorso per l’annullamento della cartella di pagamento e dell’avviso di accertamento presupposto, per Ires, Irpef e Iva relative all’anno di imposta 2005;

– dall’esame della sentenza di appello, si evince che le contestazioni pregiudiziali mosse dal contribuente riguardavano l’inesistenza della notifica della cartella, in quanto eseguita a mezzo posta direttamente dall’agente della riscossione, e del prodromico avviso di accertamento perfezionatasi per compiuta giacenza stante l’assenza del destinatario nel domicilio;

– nel confutare i motivi di gravame, la CTR riteneva che la notifica a mezzo posta della cartella era regolare e che la notifica dell’avviso per temporanea assenza del destinatario dal domicilio, al momento della notifica dell’avviso di accertamento, era ritualmente avvenuta a mezzo del servizio postale nello stesso indirizzo figurante nella cartella, puntualmente consegnata;

– per conseguenza, erano tardive le deduzioni afferenti alla fondatezza della pretesa tributaria;

– il ricorso è affidato a tre motivi, cui Equitalia e l’Agenzia delle Entrate resistono con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– preliminarmente, rileva la Corte che l’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività e infondata;

– la sentenza della CTR è stata, invero, depositata il 25/7/2013 ed il ricorso per Cassazione è stato consegnato all’Ufficiale giudiziario per la notifica in data 11/03/2014, e quindi nel termine semestrale di decadenza dall’impugnazione di cui all’art. 327 c.p.c., (nella formulazione vigente), prolungato di quarantasei giorni, non dovendosi tenere conto dei giorni compresi tra il 1 agosto ed il 15 settembre di ciascun anno per effetto della sospensione dei termini processuali per il periodo feriale, di cui alla L. n. 742 del 1969, art. 1, comma 1. Al riguardo va ribadito che “per i termini mensili o annuali, fra i quali è compreso quello di decadenza dall’impugnazione ex art. 327 c.p.c., si osserva, a norma dell’art. 155 c.p.c., comma 2, e dell’art. 2963 c.c., comma 4, il sistema della computazione civile, non “ex numero” bensì “ex nominatione dierum”, nel senso che il decorso del tempo si ha, indipendentemente dall’effettivo numero dei giorni compresi nel rispettivo periodo, allo spirare del giorno corrispondente a quello del mese iniziale; analogamente si deve procedere quando il termine di decadenza interferisca con il periodo di sospensione feriale dei termini: in tal caso, infatti, al termine semestrale di decadenza dal gravame, di cui all’art. 327 c.p.c., comma 1, devono aggiungersi 46 giorni computati “ex numerazione dierum”, ai sensi del combinato disposto dell’art. 155 c.p.c., comma 1, e della L. n. 742 del 1969, art. 1, comma 1, non dovendosi tenere conto dei giorni compresi tra il primo agosto e il quindici settembre di ciascun anno per effetto della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale” (Cass. 11491/2012);

– in applicazione del detto principio, nel caso di specie (sentenza depositata il 25/7/2013) il termine di decadenza dall’impugnazione ex art. 327 c.p.c., è scaduto il giorno 25/01/2014, data a partire dalla quale va computato la detta proroga di 46 giorni, sicchè, il termine in questione veniva a scadere il giorno 12 marzo 2014 (in termini v. Sez. 5, Sentenza n. 22699 del 2013).

– Con il primo motivo di ricorso, il contribuente denuncia la “omessa ed insufficiente motivazione e comunque violazione e falsa applicazione dell’art. 139 ss. c.p.c., nonchè della L. n. 890 del 1982, art. 8, comma 2, nonchè del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 26 e 60”;

– evidenzia che la procedura di notificazione richiede l’intervento di un soggetto terzo e la redazione di una relata di notificazione;

– la CTR non avrebbe valutato che l’eccezione difensiva verteva sul punto che la notificazione della cartella di pagamento eseguita a mezzo posta dall’agente della riscossione doveva considerarsi inesistente;

– la censura è inammissibile e, comunque, infondata;

– il contribuente non contesta l’affermazione contenuta nella sentenza secondo cui, in relazione all’articolato ricorso presentato, egli aveva avuto piena cognizione del contenuto della cartella di pagamento, sanando, con la costituzione in giudizio, ogni eventuale vizio della notificazione;

– si osserva che la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in dipendenza della denunciata violazione. Sicchè una violazione che non abbia alcuna influenza in relazione alle domande o eccezioni proposte, e che sia diretta quindi all’emanazione di una pronuncia priva di rilievo pratico, non può costituire oggetto di motivo di ricorso. Ne consegue che è inammissibile l’impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito (Cass. 5837/1997; 13373/2008; 6330/2014; 26831/14; 11354/16);

– per completezza, va qui confermato il principio – acquisito nella giurisprudenza di questa Corte – secondo cui in materia di riscossione delle imposte, l’agente per la riscossione può procedere direttamente alla notifica della cartella di pagamento a mezzo del servizio postale senza avvalersi dell’intermediazione dei soggetti indicati nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26, comma 1, prima parte (ex plurimis, tra le più recenti, Cass. 12 novembre 2015, n. 4 23182; Cass. 19 marzo 2014, n. 6395). Invero il citato art. 26, comma 1, seconda parte, prevede una modalità di notifica, integralmente affidata al concessionario stesso ed all’ufficiale postale, alternativa rispetto a quella della prima parte della medesima disposizione e di competenza esclusiva dei soggetti ivi indicati. In tal caso, la notifica si perfeziona con la ricezione del destinatario, alla data risultante dall’avviso di ricevimento, senza necessità di un’apposita relata, visto che è l’ufficiale postale a garantirne, nel menzionato avviso, l’esecuzione effettuata su istanza del soggetto legittimato e l’effettiva coincidenza tra destinatario e consegnatario della cartella, come confermato implicitamente dal citato art. 26, penultimo comma, secondo cui il concessionario è obbligato a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o con l’avviso di ricevimento, in ragione della forma di notificazione prescelta, al fine di esibirla su richiesta del contribuente o dell’amministrazione.

– Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia “sull’omissione ed/o carenza di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla mancata notificazione dell’avviso di accertamento; violazione e falsa applicazione degli artt. 139 e 140 c.p.c., e della L. n. 890 del 1992”;

– evidenzia che: vi potrebbe essere stato una confusione tra le vie dove doveva essere notificato l’atto; che non vi era prova che al ricorrente fosse stata inoltrata la raccomandata attestante il deposito presso l’ufficio postale dell’atto impugnato; solleva dubbi sulla idoneità dell’avviso di ricevimento della raccomandata a dimostrare l’effettiva conoscenza da parte del destinatario dell’atto;

– la censura, basata su ipotetiche ricostruzioni, è infondata;

– la CTR ha affrontato il tema dedotto e, con giudizio di fatto, ha dato atto che l’avviso di accertamento era stato notificato allo stesso indirizzo figurante sulla cartella di pagamento, ricevuta dal contribuente, e che l’agente postale aveva inviato con lettera raccomandata l’avviso di giacenza dell’avviso di accertamento;

– correttamente, ha quindi concluso per la ritualità della notifica, in linea con la previsione della L. n. 890 del 1982, art. 8, a mente della quale, in caso di mancato recapito, per inidoneità o assenza o rifiuto delle persone abilitate a riceverlo in luogo del destinatario, ovvero per temporanea assenza di quest’ultimo, “il piego è depositato lo stesso giorno presso l’ufficio postale preposto alla consegna o presso una sua dipendenza. Del tentativo di notifica del piego e del suo deposito… è data notizia al destinatario a cura dell’agente postale preposto alla consegna, mediante avviso – “comunicazione di avvenuto deposito” (Cad) – in busta chiusa a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento…”. In questi casi, nei confronti del destinatario, prosegue la norma, la notificazione “si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al comma 2, (vale a dire, dalla spedizione della Cad) ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore”;

– l’attestazione del messo notificatore è atto pubblico fidefaciente ad efficacia probatoria privilegiata, soggetto ad impugnazione di falso.

– Il terzo motivo di ricorso, con cui si denuncia “sulla carenza di motivazione ed/o erronea ed/o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 6”, in relazione all’omessa attivazione del contraddittorio da parte dell’amministrazione finanziaria prima dell’emissione dell’avviso di accertamento, è assorbito.

– Pertanto, per le suesposte considerazioni, il ricorso non può essere accolto;

– le spese processuali seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo;

– sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1 quater, dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata, trattandosi di ricorso per cassazione la cui notifica si è perfezionata successivamente alla data del 30 gennaio 2013 (Cass., Sez. 6-3, sentenza n. 14515 del 10 luglio 2015.

P.Q.M.

La corte respinge il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di legittimità, liquidate in Euro 5.600,00 per ciascuna delle parti resistenti, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2020

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