Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23245 del 08/11/2011

Cassazione civile sez. I, 08/11/2011, (ud. 30/09/2011, dep. 08/11/2011), n.23245

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 15860/2010 proposto da:

S.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CRESCENZIO 20, presso lo studio dell’avvocato TRALICCI

Gina, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (OMISSIS) in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 1255/08 della CORTE D’APPELLO di TORINO

dell’1.4.09, depositato il 21/04/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/09/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE DI PALMA.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. FEDERICO

SORRENTINO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che S.F., con ricorso del 4 giugno 2010, ha impugnato per cassazione – deducendo un unico articolato motivo di censura -, nei confronti del Ministro della giustizia, il decreto della Corte d’Appello di Torino depositato in data 21 aprile 2009, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso dello S. – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, in contraddittorio con il Ministro della giustizia – il quale, costituitosi nel giudizio, si rimetteva al giudizio della Corte con la compensazione delle spese -, ha respinto la domanda;

che resiste, con controricorso, il Ministro della giustizia;

che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale – richiesto per l’irragionevole durata del processo presupposto – proposta con ricorso del 9 ottobre 2008 – era fondata sui seguenti fatti: a) lo S. aveva proposto domanda al Tribunale di Chiavari con citazione del 9 ottobre 1998 nei confronti del locale Condominio di (OMISSIS); b) la causa era stata decisa in sede di rinvio dalla Corte di cassazione con sentenza del 10 aprile 2007 della Corte di Appello di Genova;

che la Corte d’Appello di Torino, con il suddetto decreto impugnato:

a) ha determinato la durata del processo di primo grado in due anni e sette mesi (gennaio 1998-agosto 2000), quella del giudizio d’appello in un anno e sette mesi (febbraio 2001-settembre 2002), quella del giudizio di legittimità in un anno e due mesi (settembre 2003- novembre 2004), quella del giudizio di rinvio in due anni e due mesi, per una durata complessiva di sette anni e sei mesi, con uno “sforamento” di sette mesi rispetto alla ragionevole durata di sette anni per i quattro gradi del giudizio; b) ha ritenuto che tale periodo di irragionevole durata è addebitabile all’attore, in quanto questi, per sua scelta, aveva notificato la citazione in opposizione a decreto ingiuntivo in data 15 gennaio 1998 e, tuttavia, aveva indicato come udienza di comparizione quella del 30 ottobre 1998:

“ben nove mesi e mezzo (di molto superiore ai termini minimi a comparire)”.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che con il motivo di censura vengono denunciati come illegittimi, anche sotto il profilo del vizio di motivazione: a) la determinazione in sette anni e sei mesi – anzichè in nove anni e tre mesi – della durata complessiva del processo; b) la detrazione del periodo intercorrente tra la data della pubblicazione della sentenza di primo grado (8 agosto 2000), nonchè del periodo intercorrente tra la data della pubblicazione della sentenza di appello (19 settembre 2002), e la data di proposizione del ricorso per cassazione (4 settembre 2003), ed inoltre la detrazione del periodo eccedente il termine minimo di comparizione da lui assegnato al Condominio convenuto con l’atto di citazione in opposizione al decreto ingiuntivo;

che il ricorso merita accoglimento, nei limiti di seguito indicati;

che, in particolare, la censura sub a) è manifestamente fondata;

che infatti, contrariamente a quanto affermato dai Giudici a quibus, la durata complessiva del processo presupposto va determinata dal 15 gennaio 1998 – data di notificazione dell’atto introduttivo – al 10 aprile 2007 – data della pubblicazione della sentenza della Corte d’Appello di Genova in sede di rinvio -, e così in nove anni e tre mesi, anzichè in sette anni e sei mesi, come stabilito dalla Corte di Genova, con la conseguenza che, salvo quanto in seguito si osserverà, il processo presupposto ha ecceduto il termine ragionevole di durata nella misura di due anni e tre mesi;

che da tale misura vanno detratti soltanto sette mesi e mezzo, corrispondenti all’eccedenza del termine a comparire assegnato dall’attore al convenuto con l’atto di citazione in opposizione al decreto ingiuntivo;

che infatti, secondo il costante orientamento di questa Corte, in tema di equa riparazione per violazione della durata ragionevole del processo civile, il dies a quo in relazione al quale valutare la durata del processo deve essere normalmente individuato, con riguardo ai processi introdotti con atto di citazione, nel momento della notifica di tale atto, con la quale il processo stesso inizia, salva l’ipotesi in cui si accerti l’intento dilatorio della parte sotteso alla indicazione di un abnorme intervallo tra la data della notifica e la data indicata per la prima udienza (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 6322 del 2011, nonchè l’ordinanza n. 23323 del 2007);

che, nella specie, l’intervallo di nove mesi e mezzo tra la data della notifica della citazione (15 gennaio 1998) e la data indicata per la prima udienza (30 ottobre 1998) è certamente abnorme rispetto al termine minimo a comparire, fissato dalla legge – ratione temporis – in sessanta giorni dall’art. 163 bis cod. proc. civ., comma 1;

che invece, secondo il prevalente orientamento di questa Corte, non vanno detratti i periodi intercorrenti tra le date di pubblicazione delle sentenze di primo grado e di appello e le date di proposizione dei rispettivi atti di impugnazione;

che infatti, con riguardo alla valutazione in ordine alla sussistenza della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, di cui alla L. 24 marzo 2001, n. 89, ai fini dell’accertamento della congruità della durata complessiva della causa, affidato al giudice del merito – che non può discostarsi dai parametri elaborati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, senza individuare specifiche circostanze giustificative della deroga nel caso concreto -, non può detrarsi dalla durata complessiva del processo il periodo trascorso prima dell’esercizio, da parte del soccombente, della facoltà di impugnazione, poichè l’utilizzazione del termine al riguardo accordato dalla legge rientra nella fisiologia del processo e, dunque, non autorizza in sè un prolungamento della scadenza ragionevole, sempre che non risulti riconducibile ad un intento dilatorio od a negligente inerzia che, nella specie, non risultano nè dedotti nè dimostrati dalla Amministrazione convenuta (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 5991 del 2005);

che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato;

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., comma 2;

che il processo presupposto ha avuto una durata complessiva di nove anni e tre mesi, sicchè, detratti sette anni di ragionevole durata, nonchè sette mesi e mezzo per l’abnorme assegnazione di un termine a comparire di nove mesi e mezzo, il periodo di irragionevole durata va definitivamente determinato in un anno, otto mesi e quindici giorni;

che questa Corte, sussistendo il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 e fermo restando il periodo di tre anni di ragionevole durata per il giudizio di primo grado, di due anni per il giudizio d’appello, di un anno per il giudizio di legittimità e di un ulteriore anno per la fase di rinvio, considera equo, in linea di massima, l’indennizzo di Euro 750,00 per ciascuno dei primi tre anni di irragionevole durata e di Euro 1.000,00 per ciascuno dei successivi anni;

che pertanto, nella specie, sulla base di tali criteri, il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, va equitativamente determinato in Euro 1.300,00 per i venti mesi e quindici giorni di irragionevole ritardo, oltre gli interessi a decorrere dalla proposizione della domanda di equa riparazione e fino al saldo;

che, conseguentemente, le spese processuali del giudizio a quo debbono essere liquidate – sulla base delle tabelle A, paragrafo 4, e B, paragrafo 1, allegate al D.M. Giustizia 8 aprile 2004, n. 127, relative ai procedimenti contenziosi -, in complessivi Euro 1.030,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 280,00 per diritti ed Euro 700,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’avv. Gina Tralicci, dichiaratasene antistataria;

che le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo la causa nel merito, condanna il Ministro della giustizia al pagamento al ricorrente della somma di Euro 1.300,00, oltre gli interessi dalla domanda, condannandolo altresì al rimborso, in favore della parte ricorrente, delle spese del giudizio, che determina, per il giudizio di merito, in complessivi Euro 1.030,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 280,00 per diritti ed Euro 700,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’avv. Gina Tralicci, dichiaratasene antistataria, e, per il giudizio di legittimità, in complessivi Euro 600,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dello stesso avv. Tralicci, dichiaratasene antistataria.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi civili, il 30 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2011

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