Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2324 del 31/01/2017


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Cassazione civile, sez. III, 31/01/2017, (ud. 06/06/2016, dep.31/01/2017),  n. 2324

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13558-2013 proposto da:

D.N.S.C.G. (OMISSIS),

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 38, presso lo

studio dell’avvocato SERGIO BLASI, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GIORGIO ORRICO giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI GRACCHI 84,

presso lo studio dell’avvocato MARINA GIANNINI, che la rappresenta e

difende giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2571/2012 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 10/08/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/06/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito l’Avvocato SERGIO BLASI;

udito l’Avvocato MARINA GIANNINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE ALBERTO che ha concluso per l’inammissibilità in subordine

rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 10/8/2012 la Corte d’Appello di Milano ha respinto il gravame interposto dal sig. D.N.S.C.G. nei confronti della pronunzia Trib. Monza n. 647/10 di parziale accoglimento della domanda proposta nei confronti della sig. M.M. di risoluzione, per inadempimento di quest’ultima, del contratto di locazione ad uso diverso da abitazione tra di essi intercorso avente ad oggetto immobile sito in (OMISSIS), con rigetto del richiesto risarcimento del danno.

Avverso la suindicata pronunzia del giudice dell’appello il D.N.S.C. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 6 motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso la M..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 e il 5 motivo il ricorrente denunzia violazione dell’art. 342 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Con il 2 motivo denunzia violazione dell’art. 112 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Con il 3 motivo denunzia violazione degli artt. 1453 e 2909 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 4 motivo denunzia contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il 6 motivo denunzia violazione dell’art. 1384 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il ricorso è inammissibile.

Va anzitutto osservato che esso risulta formulato in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che gli atti e documenti del giudizio di merito dal ricorrente posti a base delle censure (es., in particolare, “alle pag. 7 e 8 del nostro ricorso introduttivo in primo grado della presente causa”, al “punto 2 di pag. 1 del nostro ricorso 16.04.2009 ex art. 447 bis c.p.c.”, alla “comunicazione 26/1/09 (doc. 6 di primo grado)”, alla sentenza del giudice di prime cure) risultano meramente richiamati e non anche (per la parte strettamente d’interesse in questa sede) debitamente riportati nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, non sono fornite puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).

A tale stregua non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del solo ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/81/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777) sulla base delle sole deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimità accesso agli atti del giudizio di merito (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995, n. 1161).

Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).

Con particolare riferimento al 2 motivo va ulteriormente posto in rilievo che la lamentata omessa pronunzia “sul primo motivo” dell’atto di gravame costituisce ovvio corollario dell’emessa declaratoria di inammissibilità dell’appello.

Con particolare riferimento al 3 e al 4 motivo deve altresì sottolinearsi che non risulta idoneamente censurata la ratio decidendi dell’impugnata sentenza secondo cui “il primo giudice…ha ritenuto che si verteva in ipotesi di seria offerta non formale che, in quanto tale, aveva impedito il sorgere dell’obbligazione di risarcimento del danno da ritardo l’appellante, che insiste nel pagamento dei canoni residui fino alla naturale scadenza del contratto… a titolo di risarcimento del danno, nulla ha dedotto su questo specifico argomento, essendosi limitato a richiamare i principi generali in materia di danno derivante dalla risoluzione del contratto”.

Non può infine sottacersi, quanto al 1 e al 5 motivo, che non risultano invero sviluppati idonei argomenti a sostegno delle mosse censure, sicchè esse si prospettano nulle per inidoneità al raggiungimento dello scopo, e quanto dedotto dai ricorrenti si risolve nella proposizione in realtà di “non motivi” (cfr. Cass., 11/7/2014, n. 15882; Cass., 10/10/2012, n. 17318; Cass., 17/1/2012, n. 537).

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 8.200,00, di cui Euro 8.000,00 per onorari, oltre ad accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 6 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2017

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