Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2324 del 03/02/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 2324 Anno 2014
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: GENOVESE FRANCESCO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 5266-2008 proposto da:
RANUCCI ANGELA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIALE DELLE MILIZIE 34, presso l’avvocato PALLADINO
LUCIANO, rappresentata e difesa dall’avvocato GRECO

Data pubblicazione: 03/02/2014

GIAMPAOLO, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro

2013
1985

CENTRO

SERVIZI

02270910652),

S.R.L.
in persona

IN

LIQUIDAZIONE
del

(P.I.

Liquidatore pro

tempore, BELCORE SILVIA, BELCORE GIUSEPPINA, PEPE

1

GENNARO, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
DELLA MELORIA 52, presso l’avvocato IMPROTA GENNARO,
che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato
MANCUSI LUCIA, giusta procura a margine del
controricorso;

contro
CIOFFI MARIA;
– intimata avverso la sentenza n. 34/2007 della CORTE D’APPELLO
di SALERNO, depositata il 16/01/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/12/2013 dal Consigliere Dott.
FRANCESCO ANTONIO GENOVESE;
udito, per i controricorrenti, l’Avvocato IMPROTA
GENNARO che ha chiesto l’inammissibilità del
ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che ha

– controricorrenti –

concluso per l’inammissibilità del ricorso nei
confronti degli intimati diversi dal Centro Servizi
s.r.1., per il resto manifesta infondatezza del
ricorso e condanna aggravata alle spese art. 385, 40
co c.p.c..

2

Rilevato

che in un giudizio di convalida del sequestro

conservativo richiesto ed ottenuto (fino alla concorrenza
di C180.000,00) dalla società Centro Servizi srl sui beni
della signora Angela Ranucci, amministratrice della
società, per le irregolarità denunciate, il Tribunale di

Nocera Inferiore, in composizione monocratica, ha accolto
la domanda ed ha condannato la Ranucci al risarcimento dei
danni in minor misura rispetto alla somma indicata nel
sequestro, non senza procedere ad una liquidazione del
danno all’immagine della società;
il
che le irregolarità denunciate ed accertate dal primo
giudice avevano riguardato: a) l’incasso, a beneficio
dell’amministratrice, di una somma di denaro, erroneamente
disposta, per la seconda volta, da un debitore della
società (la Federconsorzi) che dopo un primo pagamento
estintivo del proprio debito non ne aveva più l’obbligo; b)
nonché la non corretta tenuta delle scritture contabili, da
parte della stessa amministratrice, anche allo scopo di
coprire la sua illegittima appropriazione;
che l’appello proposto dalla Ranucci è stato accolto dalla
Corte d’appello di Salerno che, anzitutto, ha dichiarato la
nullità della sentenze di prime cure per un rilevato vizio
di costituzione del giudice, essendo stata pronunciata dal
giudice monocratico in luogo di quello collegiale, in

3

materia a quest’ultimo riservata (azione ex art. 2393
c.c.);
che, nel merito, la Corte territoriale, ha escluso che
fosse stato provato l’asserito accordo tra
l’amministratrice ed i soci per l’esercizio dei poteri

gestori da parte di un socio occulto (tale Francesco
Belcore)mentre risultavano documentati i versamenti di
danaro imputati, anziché al pagamento della Federconsorzi,
al finanziamento di soci, poi restituiti
all’amministratrice, con gli interessi maturati;
che

l’appellante

aveva

contestato

il

fatto

della

restituzione solo in sede di comparsa conclusionale e le
relative scritture contabili prodotte in fotocopia oltre
che la provenienza del documento dalla stessa parte
interessata alla prova del fatto;
che, di contro, il giudice del gravame, ha respinto le
eccezioni sollevate richiamando il valore probatorio della
documentazione, in quanto allegata al giudizio penale a
carico della stessa Ranucci e posta a base del capo di
imputazione, ed ha concluso per la prova
dell’appropriazione delle somme (parte in contanti e parte
in assegni), condannando l’appellante al pagamento in
restituzione delle somme percepite, senza che potesse
rilevare il fatto che la società non avesse effettivamente

4

restituito il secondo pagamento ricevuto, alla creditrice
Federconsorzi;
che, avverso la decisione, la Ranucci ha proposto ricorso
per cassazione, notificato anche ai sigg. Gennaro Pepe,
Giuseppina e Silvia Belcore, articolato in tre motivi,

contro i quali ha resistito la società, con controricorso e
memoria illustrativa;

***
Considerato

che con il primo motivo (con il quale si

lamenta sia la violazione e falsa applicazione degli artt.
2215, 2216, 2476, 2709, 2710, 2487, 2392 e 2393 cc, nel
testo vigente ratione temporis,

in relazione all’art. 360

n. 3 cpc sia l’illogicità e/o contraddizione della
motivazione in relazione all’art. 360 n. 5 cpc), la
ricorrente pone, in relazione al primo profilo di
doglianza, il seguente quesito di diritto: se sia corretto
interpretare i richiamati articoli del cc, nel testo
vigente all’epoca dei fatti, ritenendo fondata l’azione di
responsabilità nei riguardi dell’amministratore della
società, esclusivamente basandosi sulle annotazioni
effettuate sul libro giornale della società nel periodo in
cui il detto amministratore era in carica, in presenza di
contestazioni circa la validità delle scritture contabili
prive delle formalità estrinseche dettate dagli artt. 2215
e 2216 cc (nel testo allora vigente) e, quindi, della data
5

certa che le potesse far ritenere riconducibili allo stesso
amministratore, superando le carenze formali con
l’allegazione della documentazione versata nel procedimento
penale a carico dello stesso amministratore e facendola
valere, pur in assenza dei requisiti di cui all’art. 2710

cc, contro l’amministratore della società che se ne avvale;
che, in relazione al secondo profilo, la ricorrente ha
precisato che l’illogicità e la contraddittorietà della
motivazione sarebbero riferibili alla motivazione nella
parte in cui assume la mancata contestazione da parte della
ricorrente in ordine alla effettività della restituzione a lei medesima – delle somme introitate da Federconsorzi,
laddove l’appellante – con l’affermazione dell’avvenuta
restituzione delle somme alla società – avrebbe contestato
ogni asserita dazione da parte della Centro Servizi srl;
che con il secondo mezzo (con il quale si lamenta sia la
violazione e falsa applicazione degli artt. 2487, 2476,
1223, 1226 e 2697 cc, nel testo vigente

ratione temporis,

in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., sia l’illogicità
e/o contraddizione della motivazione in relazione all’art.
360 n. 5 cpc), la ricorrente pone, in relazione al primo
profilo di doglianza, il seguente quesito di diritto: se
sia corretto interpretare i richiamati articoli del c.c.,
nel testo vigente all’epoca dei fatti, ritenendo fondata
l’azione di responsabilità nei riguardi dell’amministratore
6

della società, solo se si dimostra un danno effettivo o,
quantomeno, futuro, e non come nella specie in assenza di
prova in ordine ad un danno effettivo, ovvero futuro, da
parte della società;
che, in relazione al secondo profilo, la ricorrente ha

precisato che l’illogicità e la contraddittorietà della
motivazione sarebbero riferibili alla motivazione nella
parte in cui assume l’esistenza di un danno futuro per la
società, pur risultando dagli atti sufficienti elementi
probatori da cui desumere l’inesistenza del danno
lamentato;
che con il terzo motivo (con il quale si lamenta la
violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1223,
1224 e 2697 cc, nel testo vigente

ratione temporis,

in

relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.), la ricorrente pone
il seguente quesito di diritto: se sia legittima la
liquidazione degli interessi e della rivalutazione
monetaria con decorrenza anteriore alla effettiv
verificazione del danno;
che,

in prossimità dell’udienza,

depositato,

ai

sensi dell’art.

i resistenti hanno
378

c.p.c.,

memoria

contenente note illustrative.

***

7

che, innanzitutto, va dichiarata l’inammissibilità del
ricorso per cassazione proposto nei riguardi dei sigg.
Gennaro Pepe, Giuseppina e Silvia Belcore, che non sono
stati parte del giudizio di primo grado e nei cui confronti
l’appello è stato, proprio per tale ragione, dichiarato

inammissibile;
che, quanto al merito del ricorso, va premesso che l’azione
di responsabilità della quale si discute in questa sede è
stata correttamente promossa, dalla sola società

Servizi srl

Centro

(e non certo dai menzionati intimati), nei

riguardi della sua amministratrice del tempo, la sig.ra
Ranucci, ai sensi dell’art. 2393 c.c. (nel testo vigente
anteriormente

alla riforma di cui al D. Lgs. n. 6 del

2003) per non avere adempiuto ai doveri

imposti dalla

legge e dall’atto costitutivo con la diligenza del
mandatario (art. 2392, primo co., c.c.);
che tale azione ha natura contrattuale, onde la società ha
soltanto l’onere di dimostrare la sussistenza delle
violazioni ed il nesso di causalità fra queste ed il danno
verificatosi, mentre incombe sugli amministratori e sindaci
l’onere di dimostrare la non imputabilità a sé del fatto
dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli
addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e
dell’adempimento degli obblighi loro imposti (Cass. Sez. 1,
Sentenza n. 22911 del 2010);
8

***
che il primo motivo di ricorso, nei suoi diversi due
profili, è infondato e deve essere respinto;
che, infatti, quanto alla violazione o falsa applicazione

della legge (negli articoli del c.c. richiamati), il motivo
non può essere accolto risultando che la contabilità
sociale non è stata, per ammissione della stessa
ricorrente, validamente tenuta perché priva delle formalità
estrinseche dettate dagli artt. 2215 e 2216 c.c.;
che, a tale proposito, questa Corte ha più volte affermato
il principio di diritto secondo cui la tenuta in modo
sommario e non intellegibile della contabilità sociale è di
per sé giustificativa della condanna dell’amministratore al
risarcimento del danno, in sede di azione di responsabilità
promossa dalla società a norma dell’art. 2392 cod. civ.,
vertendosi in tema di violazione da parte
dell’amministratore medesimo di specifici obblighi di
legge, idonea a tradursi in un pregiudizio per il
patrimonio sociale (Cass. Sez. l, Sentenza n. 6493 del
19/12/1985 e Sentenza n. 5876 del 11/03/2011);
t
che, in base a tale principio, la ricorrente non può far
escludere la propria responsabilità in ordine alle
risultanze della contabilità dell’impresa avendo lei

9

stessa, quale amministratrice, avuto l’obbligo giuridico di
custodirla e tenerla in modo formalmente corretto;
che, perciò, non assume rilievo in questa sede il
versamento in atti di copie di quella contabilità raccolta
nel procedimento penale a carico della medesima ricorrente,

proprio in presenza di quelle irregolarità formali che la
stessa assume e pone a base della sua censura;
che il secondo profilo di doglianza del primo motivo di
ricorso, tendente a far risaltare la contraddittorietà o
illogicità della motivazione della corte territoriale
laddove ha assunto la mancata contestazione della
«effettività della restituzione e cioè di non avere mai
ricevuto in restituzione le somme oggetto del finto
finanziamento», è inammissibile perché con le contrarie
asserzioni (pacificamente fatte in via tardiva nella
comparsa conclusionale) si afferma solo genericamente che
siano state svolte nel gravame senza alcuna specificazione
del loro tenore e, in contrasto con il principio di
autosufficienza del ricorso, anche del luogo della loro
formulazione;

***
che il secondo motivo di ricorso, nei suoi diversi due
profili, è invece fondato e deve essere accolto;

10

che,

infatti,

sia quanto alla violazione o falsa

applicazione della legge (negli articoli del c.c.
richiamati), sia in relazione al secondo profilo, in cui la
ricorrente ha precisato che dagli atti risultano
sufficienti elementi probatori da cui desumere

l’inesistenza del danno lamentato, il motivo è fondato
risultando che – come ha esplicitato la società nel suo
controricorso – del danno, ritenuto sussistente

in re ipsa,

è mancata la dimostrazione nella sua concreta esistenza, da
parte della società attrice;
che tale ragionamento costituisce al contempo falsa
applicazione di legge (con particolare riferimento all’art.
1223 c.c.) ed erronea motivazione in quanto suppone,
contrariamente alla fattispecie legale, che un danno
economico subito dalla società possa essere ritenuto di per
sé sussistente e così prescindendo da ogni dimostrazione in
ordine al quantum e ad ogni possibile vicenda successiva
idonea ad eliderlo (ad es., per la mancata restituzione del
pagamento duplicato solo per una dimenticanza dell’avente
diritto nella richiesta; ovvero per la valida eccezione di
prescrizione opposta; ovvero per altre circostanze
accidentali ipotizzabili);
che, infatti, il giudice di merito avrebbe dovuto attenersi
al principio di diritto che questa Corte ha sempre espresso
al riguardo tenendo chiaramente distinto il momento della
11

prova della lesione da quello della quantificazione delle
conseguenze da quella lesione scaturite;
che, a dimostrazione di tale principio, questa stessa Sez.
l (Sentenza n. 21428 del 12/10/2007) ha chiarito che la
pronuncia di condanna generica al risarcimento del danno

per fatto illecito integra un accertamento di potenziale
idoneità lesiva di quel fatto, sicché la prova
dell’esistenza concreta del danno, della reale entità e del
rapporto di causalità è riservata alla successiva fase di
liquidazione; conseguentemente il giudicato formatosi su
detta pronuncia non osta a che nel giudizio di
liquidazione, venga negato il fondamento concreto della
domanda risarcitoria, previo accertamento del fatto che il
danno non si sia in concreto verificato. (La S.C. ha
enunciato il principio in una fattispecie riguardante
l’accertamento della responsabilità di una banca per
l’ingiustificata segnalazione di un credito “in sofferenza”
alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia, allorché la
Corte di merito, pronunciata sentenza non definitiva sulla
sussistenza della responsabilità, aveva riservato alla
statuizione definitiva la valutazione del danno subito
dall’impresa debitrice);
che di conseguenza il secondo motivo di ricorso deve essere
accolto, con assorbimento del terzo che ne costituisce solo
uno sviluppo logico e, per l’effetto, la sentenza impugnata
12

deve essere cassata con rinvio ad altra sezione dello
stesso giudice territoriale perché provveda anche alla
liquidazione delle spese di questo giudizio.
PQM

Gennaro Pepe, Giuseppina e Silvia Belcore.
Accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo e
respinto il primo, cassa l’impugnata sentenza e rinvia,
anche per le spese di questa fase, ad altra sezione della
Corte d’Appello di Salerno.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della l
sezione civile della Corte di cassazione, 1’11 dicembre
2013, dai magistrati sopra indicati.

Dichiara inammissibile il ricorso nei confronti di ai sigg.

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