Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23239 del 08/11/2011

Cassazione civile sez. I, 08/11/2011, (ud. 30/09/2011, dep. 08/11/2011), n.23239

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 15110-2009 proposto da:

B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE ZEBIO

30, presso lo studio dell’avvocato CAMICI GIAMMARIA, che lo

rappresenta e difende, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (OMISSIS) in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso il provvedimento n. 674/08 della CORTE D’APPELLO di GENOVA

del 12.12.08, depositato il 20/01/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/09/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE DI PALMA;

udito per il ricorrente l’Avvocato Alberto Giammaria Camici che si

riporta agli scritti, chiedendo l’accoglimento del ricorso.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. FEDERICO

SORRENTINO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per quanto

di ragione.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che B.A., con ricorso del 18 giugno 2009, ha impugnato per cassazione – deducendo cinque motivi di censura, illustrati con memoria, nei confronti del Ministro della giustizia, il decreto della Corte d’Appello di Genova depositato in data 20 gennaio 2009, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso del B., volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, in contraddittorio con il Ministro della giustizia – il quale ha concluso per l’inammissibilità o per il rigetto del ricorso, ha dichiarato la nullità del deposito del ricorso per equa riparazione;

che resiste, con controricorso, il Ministro della giustizia;

che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale – richiesto per l’irragionevole durata del processo presupposto – proposta con ricorso del 16 settembre 2008, era fondata sui seguenti fatti: a) il B., asseritamente creditore della s.r.l. Manifattura Filati Polo, dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Prato del 21 dicembre 1998, si era insinuato al passivo del fallimento; b) il Tribunale fallimentare aveva approvato il progetto di riparto finale in data 28 gennaio 2008;

che la Corte d’Appello di Genova, con il suddetto decreto impugnato ha dichiarato la nullità del deposito del ricorso per equa riparazione, in quanto pervenuto alla cancelleria della Corte in data 16 settembre 2008 a seguito di spedizione a mezzo del servizio postale, anzichè depositato mediante consegna a mani del cancelliere ed ha, al riguardo, osservato che tale modalità di presentazione del ricorso – non prevista dalla L. n. 89 del 2001 – integra un’attività radicalmente inidonea alla valida costituzione in giudizio del ricorrente e alla valida iscrizione a ruolo della causa, con la conseguenza che essa è anche radicalmente inidonea ad investire il giudice adito della cognizione della causa, con l’ulteriore conseguenza che il giudice medesimo può rilevare preliminarmente e d’ufficio la nullità del deposito dell’atto.

Considerato che i cinque motivi di censura si concludono con i seguenti quesiti di diritto: primo motivo: “Può il procedimento ex L. 89 del 2001 concludersi con un provvedimento avente natura di ordinanza?”; secondo motivo: “Può ritenersi valida ed esistente l’ordinanza avente natura decisoria emessa in seguito ad una pronuncia in camera di consiglio priva della sottoscrizione del Giudice Relatore?”; terzo motivo: “Può ritenersi valida ed esistente l’ordinanza avente natura decisoria emessa in seguito ad una pronuncia in camera di consiglio priva dell’indicazione delle parti nei confronti delle quali essa è stata pronunciata?”; quarto motivo:

“Può il provvedimento impuqnato, se ritenuto avente natura di ordinanza, pregiudicare la decisione della causa e contenere una condanna di una parte alla refusione delle spese di giudizio?”;

quinto motivo: “Ai fini della valida proposizione della domanda introduttiva del giudizio ex Legge Pinto, ed in forza dell’art. 156 c.p.c., il deposito del ricorso presso la Cancelleria per mezzo del servizio postale può comportare la nullità insanabile per non esser l’atto stato depositato personalmente dal ricorrente presso la Cancelleria, quando l’atto è stato ricevuto per posta, con l’attestazione di ricezione da parte del Cancelliere?”;

che il primo, il secondo ed il quarto motivo del ricorso sono inammissibili per l’assoluta inadeguatezza della formulazione dei relativi quesiti di diritto;

che la ratio decidendi del decreto impugnato sta in ciò, che il deposito del ricorso per equa riparazione effettuato mediante spedizione a mezzo del servizio postale, in quanto atto processuale non previsto dalla L. n. 89 del 2001, è assolutamente inidoneo alla valida costituzione in giudizio del ricorrente ed alla valida successiva iscrizione a ruolo della causa, con la conseguenza che tale forma di deposito è anche radicalmente inidonea ad investire il giudice adito della cognizione della causa, con l’ulteriore conseguenza che l’atto in tale forma compiuto è affetto da nullità assoluta rilevabile d’ufficio dal giudice medesimo;

che i menzionati quesiti sono formulati in astratto, senza alcun riferimento nè alla suddetta ratio decidendi, nè alle fattispecie sottostanti ai corrispondenti motivi di censura;

che ciò è particolarmente evidente, in quanto tali quesiti, investendo la forma, la validità e gli effetti del provvedimento impugnato, non contengono alcun riferimento alle fattispecie processuali sottostanti, senza contare inoltre che, in materia di impugnazioni civili, dai principi di economia processuale, di ragionevole durata del processo e di interesse ad agire si desume l’ulteriore principio per cui la denunzia di vizi dell’attività del giudice che comportino la nullità della sentenza o del procedimento, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, non tutela l’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce soltanto l’eliminazione del pregiudizio del diritto di difesa concretamente subito dalla parte che denuncia il vizio, con la conseguenza che l’annullamento della sentenza impugnata si rende necessario solo allorchè nel successivo giudizio di rinvio il ricorrente possa ottenere una pronuncia diversa e più favorevole rispetto a quella cassata (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 4340 del 2010);

che detta astrattezza non si riscontra, invece, nella formulazione del terzo e del quinto quesito, nella misura in cui questi pongono le reali e specifiche questioni di diritto, consistenti nello stabilire se sia valido il decreto che definisce il procedimento di equa riparazione privo dell’indicazione delle parti, nonchè se sia o no (anche costituzionalmente) legittimo il deposito del ricorso per equa riparazione mediante trasmissione dello stesso alla cancelleria della corte d’appello a mezzo del servizio postale, e quali siano le conseguenze della scelta di tale forma di deposito;

che, quanto al terzo motivo, lo stesso è fondato;

che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, l’omessa o inesatta indicazione del nome di una delle parti nell’intestazione della sentenza mentre va considerata un mero errore materiale, emendabile con la procedura di cui agli artt. 287 e 288 cod. proc. civ., quando dal contesto della sentenza1 risulti con sufficiente chiarezza l’esatta identità di tutte le parti, comporta, invece, la nullità della sentenza qualora da essa si deduca che non si è regolarmente costituito il contraddittorio, ai sensi dell’art. 101 cod. proc. civ., e quando sussiste una situazione di incertezza, non eliminabile a mezzo della lettura dell’intera sentenza, in ordine ai soggetti cui la decisione si riferisce, come nella specie (cfr. ex plurimis, le sentenze nn. 7343 del 2010, 15786 del 2004, 8242 del 2003);

che, nella specie, il provvedimento impugnato reca, oltre l’intestazione con l’indicazione dell’ufficio giudiziario, soltanto l’indicazione del collegio giudicante, ma non l’indicazione delle parti, e prosegue poi con le motivazioni in fatto ed in diritto della decisione, con la conseguenza che, sussistendo una situazione di incertezza, non eliminabile a mezzo della lettura dell’intero provvedimento, in ordine ai soggetti cui la decisione si riferisce, lo stesso provvedimento è nullo;

che anche il quinto motivo merita accoglimento;

che, nella specie, lo stesso decreto afferma che il ricorso per equa riparazione “risulta pervenuto in Cancelleria in data 16 settembre 2008 a mezzo posta, come attestato dalla certificazione apposta in calce all’atto ad opera del Cancelliere”;

che le sezioni unite di questa Corte, con la sentenza n. 5160 del 2009, hanno affermato il principio – condiviso dal Collegio – secondo cui l’invio a mezzo posta dell’atto processuale destinato alla cancelleria – al di fuori delle ipotesi speciali relative al giudizio di cassazione, al giudizio tributario ed a quello di opposizione ad ordinanza ingiunzione – realizza un deposito dell’atto irrituale, in quanto non previsto dalla legge, ma che, riguardando un’attività materiale priva di requisito volitivo autonomo e che non necessariamente deve essere compiuta dal difensore, potendo essere realizzata anche da un nuncius, può essere idoneo a raggiungere lo scopo, con conseguente sanatoria del vizio ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 3, con l’ulteriore conseguenza che, in tal caso, la sanatoria si produce con decorrenza dalla data di ricezione dell’atto da parte del cancelliere ai fini processuali, ed in nessun caso da quella di spedizione;

che i Giudici a quibus hanno deciso la fattispecie anteriormente alla enunciazione di tale principio di diritto, sicchè anche sotto tale profilo il provvedimento impugnato si palesa viziato, tenuto conto che, nella specie, emerge dallo stesso decreto impugnato che l’invio a mezzo posta del ricorso per equa riparazione ha raggiunto il suo scopo (deposito dello stesso ricorso nella cancelleria);

che i vizi rilevati determinano l’annullamento del decreto impugnato e comportano il rinvio della causa alla stessa Corte d’Appello di Genova, in diversa composizione, la quale dovrà eliminare tali vizi e decidere il merito della presente causa, nonchè a regolare anche le spese del presente grado del giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Genova, in diversa composizione, anche per le spese del presente grado del giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi civili, il 30 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2011

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