Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23238 del 23/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 23/10/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 23/10/2020), n.23238

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10417-2013 proposto da:

CLINTOR SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIAN GIACOMO

PORRO 8 STUDIO LEGALE E TRIBUTARIO GCP, presso lo studio

dell’avvocato FRANCESCO FALCITELLI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

EQUITALIA SUD SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZZA

SALLUSTIO, 3, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO MARIA

GAZZONI, rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO MOLINARA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 93/2012 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

SALERNO, depositata il 13/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/02/2020 dal Consigliere Dott. MARCELLO MARIA FRACANZANI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il (OMISSIS) alla società contribuente era notificata cartella esattoriale per Euro 412.631,54 conseguente al passaggio in giudicato della sentenza della Commissione tributaria centrale di Roma depositata il 10 gennaio 2005 che aveva definito il giudizio confermando l’avviso di accertamento.

Proponeva ricorso la soc. Clintor srl, protestando l’intervenuta decadenza del potere di riscossione, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, nel testo vigente ratione temporis, secondo cui la notifica della cartella deve avvenire entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo. Si costituivano sia l’Ufficio che l’Agente per la riscossione, quale terzo chiamato in causa.

L’argomento era apprezzato dal giudice di prime cure che annullava l’atto impositivo, donde scaturiva l’appello dell’Ufficio, contestando la tesi della decadenza biennale e ricordando che la cartella trova fondamento sulla sentenza CTC passata in giudicato, quindi la riscossione è soggetta a termine prescrizionale decennale. Su quest’assunto la CTR ha riformato la pronuncia di primo grado, con sentenza gravata in questa sede dalla società contribuente che propone tre articolati motivi di ricorso.

Controricorrono tempestivamente sia l’Ufficio che l’Agente per la riscossione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Vengono proposti tre motivi di ricorso.

1. Con il primo motivo si prospetta censura ex art. 360 c.p.c., n. 3, per falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, e dell’art. 329 c.p.c., laddove l’Ufficio avrebbe introdotto in appello il motivo nuovo della prescrizione decennale. Dalla scansione temporale degli avvenimenti emerge che la sentenza di primo grado sia stata motivata ritenendo applicabile il termine decadenziale di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, sicchè è stata impugnata criticandone la ratio decidenti e proponendo una diversa norma applicabile, cui il contribuente ha replicato trattarsi di nuovo argomento inammissibile e lamentando in questa sede che il giudice di secondo grado abbia accolto la domanda di parte pubblica ritenendo la sentenza di prime cure non adeguatamente motivata. La sequenza rispetta le regole del processo ed esula dall’ambito dell’art. 57 citato, poichè non si tratta di argomento nuovo dedotto in appello, ma motivo di critica alla prima sentenza circa la qualificazione normativa che il giudicante ha applicato alla fattispecie concreta, una domanda cui il giudice di secondo grado ha dato seguito, secondo il principio di correlazione fra chiesto e pronunciato.

Il motivo è infondato e va disatteso.

2. Con il secondo motivo si prospetta censura ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, laddove la CTR non ha ritenuto applicabile il termine di decadenza biennale (31 dicembre del secondo anno successivo a quando l’accertamento è divenuto definitivo), ma il più lungo e diverso termine prescrizionale. Secondo il patrocinio di parte privata, il passaggio in giudicato della sentenza della CTC nel 2005 rendeva definitivo a quella data l’avviso di accertamento il cui credito doveva essere portato in riscossione entro il 31 dicembre 2008, mentre la cartella è stata notifica nell’aprile 2009. In verità la CTR ha ben governato i principi espressi da questa Corte con pronuncia a Sezioni Unite dove ha ritenuto che il giudicato trasformi la situazione giuridica in contestazione, qualunque essa sia (interesse legittimo, possesso, diritto a prescrizione breve presuntiva) in un diritto soggettivo perfetto a prescrizione ordinaria decennale, poichè il passaggio in giudicato ha (anche) effetto novativo della situazione soggettiva fatta valere (cfr. Cass. S.U. n. 25790/2009 e plurime conformi, da ultimo Cass. V., n. 9076/2017). Nè questa impostazione contrasta con la Carta costituzionale o con il diritto comunitario, trattandosi della certezza del giudicato, piuttosto che della forza degli atti amministrativi.

Il motivo pertanto è infondato e va disatteso.

3. Con il terzo motivo si eccepisce ancora violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2, per non aver la CTR considerato le gravi ed eccezionali ragioni al fine di giustificare la compensazione delle spese. In verità, la gravata sentenza ha fatto applicazione della regola generale della soccombenza, solo la cui deroga richiede specifica motivazione (Cass. n. 7763 del 17/05/2012; Cass. SU n. 20598 del 30/07/2008; di recente, Cass. n. 8346 del 04/04/2018).

Il motivo è infondato e va disatteso.

In conclusione, il ricorso è infondato e dev’essere rigettato.

Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso, compensa fra le parti le spese per i gradi di merito, condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite per il giudizio di legittimità che liquida in Euro settemilaottocento/00 oltre a spese prenotate a debito in favore dell’Agenzia delle entrate, nonchè in Euro settemilaottocento/00 oltre a ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso nella misura forfettaria del 15%, iva e cpa come per legge a favore Equitalia Sud S.p.A.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 -bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2020

 

 

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