Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23238 del 20/08/2021

Cassazione civile sez. I, 20/08/2021, (ud. 22/06/2021, dep. 20/08/2021), n.23238

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21732/2020 R.G. proposto da:

T.C., rappresentato e difeso giusta delega in atti dall’avv.

Roberta Paesante, (che indica per comunicazioni e notificazioni

l’indirizzo PEC roberta.paesante.rovigoavvocati.it);

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato;

– intimato –

avverso il la sentenza della Corte di appello di Venezia n. 990/2020

pubblicata il 26/03/2020;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

22/06/2021 dal Consigliere Dott. Roberto Succio.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– con il provvedimento di cui sopra la Corte Territoriale ha dichiarato inammissibile l’appello dell’odierna ricorrente;

– avverso detta sentenza si propone ricorso per cassazione con atto affidato a un solo motivo; il Ministero dell’Interno ha unicamente depositato atto di costituzione in vista dell’udienza.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– il solo motivo di ricorso dedotto censura la gravata sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 702 quater c.p.c., per avere la Corte lagunare ritenuto tardivo, quindi inammissibile, l’atto di appello del richiedente in quanto depositato oltre il termine di legge, che ha inteso far decorrere dalla lettura in aula del provvedimento impugnato risultando irrilevante la successiva comunicazione del medesimo da parte della Cancelleria;

– il motivo è infondato;

– invero, ritiene la Corte che il rito sommario costituisca uno strumento che il legislatore ritiene diretto alla celerità, oltre che alla semplificazione, del giudizio. Pertanto, l’inizio del decorso del termine breve non è affidato solo al potere dispositivo della parte interessata a stabilizzare, bensì – per l’evidente interesse pubblico che ormai viene riscontrato pure nel processo civile – anche all’attività dell’ufficio che l’ordinanza ha pronunciato. E dunque, mentre la giurisprudenza di legittimità da sempre rimarca che il termine breve decorre solo dalla notifica effettuata a istanza di parte, essendo invece allo scopo irrilevante la comunicazione dell’ordinanza pronunciata fuori udienza (si veda Cass. S.U. 8 giugno 1998 n. 5615 e il conseguente orientamento consolidato), nel caso dell’ordinanza ex art. 702 ter, comma 6, la decorrenza comincia “dalla sua comunicazione o notificazione”. Ne deriva che se l’ordinanza è emessa in udienza e la parte interessata ad appellarla non è contumace ma non è effettivamente presente, non vi sarà comunicazione, perché ai sensi dell’art. 176 c.p.c., comma 2, l’ordinanza si ritiene conosciuta. Nel caso invece in cui l’ordinanza è emessa fuori udienza e la parte interessata ad appellarla non è contumace, a quest’ultima la cancelleria effettuerà la comunicazione (che, in forza di Cass. sez. 3, 23 marzo 2017 n. 7401, deve essere integrale quanto a motivazione e dispositivo), onde la parte vittoriosa sposta il suo concreto interesse alla notifica nella ipotesi in cui intenda avvalersi della sua esecutorietà, unitamente al precetto. Nel caso, infine, in cui l’ordinanza è emessa in udienza o fuori udienza e la parte interessata ad appellarla è contumace, si rientra nello schema classico: o la parte vittoriosa attiva la decorrenza del termine breve mediante la notifica dell’ordinanza, o viene applicato il termine lungo ex art. 327 c.p.c. (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 16893 del 27/06/2018; Sez. 1, Ordinanza n. 32961 del 13/12/2019);

– nel caso che ci occupa, risulta dalla sentenza impugnata che l’ordinanza (non il solo dispositivo, ma l’intero provvedimento, deve intendersi) è stata letta in udienza e allegata al verbale che ne documenta la tenuta e gli esiti (pagg. 2-3 della sentenza impugnata: “in data 23 ottobre 2018 il giudice Dott. A.D., dopo l’udienza alla presenza del solo avv. Biondo si ritirava in Camera di consiglio per decidere con provvedimento contestuale di cui sarebbe stata data lettura in udienza, tant’e’ che in calce al verbale del 23 ottobre 2018 si legge: “Decide come da separata e contestuale ordinanza di cui viene data lettura ad ore 15,15. Il presente verbale viene chiuso ad ore 15.15”;

– correttamente quindi la Corte veneta ha ritenuto che la parte (rappresentata dal difensore) fosse da considerarsi presente alla lettura, avvenuta in udienza, del provvedimento da impugnarsi e che il contenuto dello stesso fosse quindi da ritenersi debitamente conosciuto dalle parti che dovevano ritenersi presenti alla lettura dello stesso; se nondimeno la Cancelleria ha comunque provveduto alla comunicazione del medesimo al difensore, è circostanza che non rileva ai fini del decorso del termine per l’impugnazione in appello;

– il rigetto del primo motivo di ricorso, e la conferma quindi della inammissibilità dell’appello per tardività, comporta l’assorbimento degli ulteriori motivi;

– non vi è luogo a statuizione sulle spese in difetto di costituzione dell’intimato Ministero dell’Interno.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 22 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 agosto 2021

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