Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23236 del 08/11/2011

Cassazione civile sez. trib., 08/11/2011, (ud. 12/10/2011, dep. 08/11/2011), n.23236

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 24129-2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

G.G.B. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE CUBONI 12, presso lo Studio Legale

di MACCHI di CELLERE GANGEMI, rappresentato e difeso dagli avvocati

GANGEMI BRUNO, VISCO CLAUDIO, giusta delega in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 73/2008 della Commissione Tributaria Regionale

di ROMA del 13.5.08, depositata il 04/09/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO TERRUSI.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RAFFAELE

CENICCOLA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che è stata depositata, dal consigliere appositamente nominato, la seguente relazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.:

“1. – L’agenzia delle entrate ricorre per cassazione, con un motivo, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, n. 73/4/2008, che, riformando la decisione di primo grado, ha accolto un’istanza di rimborso di G.G.B., medico chirurgo, di somme versate a titolo di Irap negli anni 1998, 1999 e 2000. L’intimato si è costituito con controricorso.

2. La sentenza motiva con la considerazione che nella specie non sussistono i presupposti della tassazione per il comprovato svolgimento di attività in sala operatoria e (marginalmente, in proporzione del 10%) in studio, senza organizzazione di capitale e di lavoro altrui, e con beni strumentali strettamente necessari per lo svolgimento della professione.

La ricorrente deduce un vizio di insufficiente motivazione. Ma il motivo appare inammissibile dal momento che, a fronte del giudizio dalla commissione, reso sulla base di un’analisi documentale di costi e ricavi (seppure ritenuti di notevole entità), non evidenzia quali ulteriori elementi decisivi, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, sarebbero stati omessi in vista di una eventuale conclusione difforme.

– che il collegio condivide le considerazioni di cui alla relazione;

– che le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.600,00, di cui Euro 100,00 per esborsi.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2011

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