Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23234 del 23/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 23/10/2020, (ud. 31/01/2020, dep. 23/10/2020), n.23234

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A. P. – Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – Rel. Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19845/2013 R.G. proposto da:

O.G., rappresentato e difeso dall’Avv. Antonio Lovisolo e

dall’Avv. Francesco D’Ayala Valva, con domicilio eletto in Roma,

viale Parioli, n. 43, presso lo studio di quest’ultimo;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n.

12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e

difende;

– intimata –

e contro

Equitalia Nord s.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, successivamente fusa per incorporazione in Equitalia

Servizi di Riscossione s.p.a., rappresentata e difesa dall’Avv.

Ersilio Gavino e dall’Avv. Giovanni Calisi, elettivamente

domiciliata presso la cancelleria della Corte di cassazione;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Liguria n. 8 depositata il 28 gennaio 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31 gennaio

2020 dal Consigliere Giuseppe Nicastro.

 

Fatto

RILEVATO

che:

a seguito della definitività di tre avvisi di accertamento per gli anni d’imposta 2004, 2005 e 2006, l’agente della riscossione notificò a O.G. una cartella di pagamento, con i ruoli relativi alle imposte liquidate in base agli stessi avvisi;

la cartella di pagamento fu impugnata davanti alla Commissione tributaria provinciale di Genova (hinc anche: “CTP”) che accolse il ricorso del contribuente;

avverso tale pronuncia, l’Agenzia delle entrate propose appello e l’agente della riscossione Equitalia Nord s.p.a. propose appello incidentale alla Commissione tributaria regionale della Liguria (hinc anche: “CTR”), che accolse “in parte” le impugnazioni;

la CTR asserì anzitutto che l’oggetto del giudizio di appello era “circoscritto alla questione della legittimità o meno della notifica della cartella di pagamento” e “non si estende invece alla verifica di legittimità degli avvisi d’accertamento” in quanto “(il capo di pronuncia che ha espressamente affermato la validità di essi non è stata espressamente appellata dal ricorrente. Sarebbe stato infatti necessario proporre da parte dell’interessato appello incidentale avente ad oggetto il relativo capo della sentenza; impugnazione nella specie non proposta, senza che la relativa eccezione contenuta nel controricorso possa ritenersi convertita in censura incidentale per l’assenza dell’essenziale requisito dell’istanza di riforma della sentenza di primo grado appellata”;

quanto alla questione della legittimità della notificazione della cartella di pagamento, la CTR asserì che “Equitalia ha depositato in giudizio la copia conforme della notifica a mezzo ufficiale di riscossione della cartella esattoriale, oggetto di ricorso, avvenuta per consegna a mani proprie dello stesso ricorrente. Sicchè è smentita per tabulas la sentenza appellata laddove ha accolto il ricorso sull’erroneo rilievo che la cartella sarebbe stata illegittimamente notificata al ricorrente a mezzo posta, senza che questi ne abbia avuto effettiva conoscenza”;

per queste ragioni, la CTR concluse che “la sentenza appellata in parte qua (relativamente alla ritualità della notifica della cartella) dall’Agenzia delle Entrate e con appello principale da Equitalia, deve essere riformata”;

avverso tale sentenza della CTR – depositata il 28 gennaio 2013 e non notificata – ricorre per cassazione O.G., che affida il proprio ricorso, notificato il 25 luglio/5 agosto 2013 e il 25/29 luglio 2013, a cinque motivi;

l’Agenzia delle Entrate è rimasta intimata;

Equitalia Servizi di Riscossione s.p.a. resiste con controricorso, notificato a mezzo PEC il 18 ottobre 2016.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione o falsa applicazione del del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26, degli artt. 148 e 149 c.p.c. e della L. 20 novembre 1982, n. 890, artt. 1, 2, 3, 4 e 5, per avere la CTR ha ritenuto la legittimità della notificazione della cartella di pagamento laddove tale notificazione era, invece, inesistente;

in particolare, il ricorrente, premessa la “non conformità della copia della relata prodotta da Equitalia Nord s.p.a. alla relata recata dal frontespizio della cartella di pagamento ricevuta dal ricorrente, già prodotta in allegato al ricorso di 1 grado” e che “non risulta (…) compilata dall’agente della notificazione”, denuncia, in particolare: a) la violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, primo periodo, in quanto, posto che dalla “”copia conforme della relata di notifica”, prodotta da Equitalia Nord s.p.a. (…), non è dato evincere se il soggetto che ha effettuato la notifica (sig.ra R.A.) appartenesse a quelle categorie previste dal cit. art. 26, comma 1, primo periodo, espressamente abilitate all’espletamento della notifica della cartella di pagamento (…), nell’assenza di tale comprovata circostanza”, la sentenza impugnata viola la suddetta disposizione “laddove perviene ad affermare del tutto apoditticamente” che la notificazione della cartella di pagamento era stata effettuata “a mezzo di ufficiale di riscossione”; b) l'”inosservanza delle modalità procedurali previste dagli artt. 148 e 149 c.p.c., e dalla L. n. 890 del 1982, artt. 1, 2, 3, 4 e 5, e per la notificazione a mezzo posta degli atti amministrativi”, per avere la CTR “esclu(so) che la notifica sia stata effettuata a mezzo posta, respingendo, quindi, le eccezioni sollevate sin dal ricorso di 1 grado, afferenti l’inosservanza delle modalità procedurali previste dagli artt. 148 e 149, e dalla L. n. 890 del 1982, artt. 1, 2, 3, 4 e 5, per le notificazioni a mezzo posta degli atti amministrativi”;

Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), la nullità della sentenza impugnata per violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 61 e 36, comma 2, nn. 2), 3) e 4), nonchè dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), sotto i due profili che detta sentenza: a) non contiene “la concisa esposizione dello svolgimento del processo” nè le “richieste delle parti”, come prescritto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, nn. 2) e 3; b) è motivata in modo meramente apparente, in violazione delle disposizioni di cui al D.P.R. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4), è all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), atteso che, nell’affermare che la notificazione della cartella di pagamento era stata effettuata “a mezzo di ufficiale di riscossione (…) per consegna a mani proprie dello stesso ricorrente” e non a mezzo della posta ha “tralasciato completamente di indicare: a) gli elementi che lo hanno indotto a ritenere che la persona che ha effettuato la notifica ( R.A.) appartenesse effettivamente alle categorie di cui al D.P.R. n. 1973, n. 602, art. 26, 1 comma, primo periodo; b) le ragioni per le quali ha ritenuto di privilegiare il contenuto della “copia conforme della relata” depositata dall’Agente della Riscossione rispetto alla relata recata dal frontespizio della cartella di pagamento ricevuta del ricorrente” – “praticamente non compilata e in bianco” – “e, per l’effetto di ritenere che la notificazione fosse stata effettuata a mani proprie del destinatario, anzichè a mezzo posta”;

con il terzo motivo il ricorrente, per l’ipotesi in cui la Corte dovesse ritenere “esistente (…) e non meramente apparente” la motivazione della sentenza impugnata in ordine notificazione della cartella di pagamento, denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – “nella versione tutt’ora vigente nell’ambito del processo tributario, stante la espressa inapplicabilità delle modifiche apportate dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, prevista dallo stesso articolo, comma 3 bis” – la “insufficiente motivazione” della sentenza impugnata circa i fatti controversi e decisivi per il giudizio della “qualifica del soggetto che ha effettuato la notifica e (delle) effettive modalità di espletamento del procedimento di notifica della cartella di pagamento”, per essersi la CTR “limitat(a) ad attribuire decisiva rilevanza al contenuto della “copia di relata depositata da Equitalia Nord s.p.a. e ad affermare “smentita per tabulas” la decisione di 1 grado sul punto, senza individuare le ragioni che l(a) hanno indott(a) a privilegiare la relata depositata da Equitalia rispetto a quella recata sul frontespizio della cartella di pagamento”, “praticamente non compilata e in bianco”, e, “per l’effetto, senza confortare il convincimento raggiunto con sufficiente iter logico argomentativo, idoneo a palesare la ratio decidendi”;

con il quarto motivo, il ricorrente – con riguardo alla statuizione della sentenza impugnata che “afferma la intervenuta definitività del “capo di pronuncia (della CTP) che ha espressamente affermato la validità degli avvisi di accertamento” per mancata proposizione da parte del ricorrente (n.d.r. O.G.) di appello incidentale avente ad oggetto il relativo capo della sentenza” (così il ricorso) – denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 53 e 54, commi 1 e 2, e dell’art. 100 c.p.c., atteso che, premesso che la CTP, quanto gli avvisi di accertamento, aveva asserito “che il procedimento notificatorio non si era perfezionato” (così ricorso) perchè l’ O. si trovava in stato di detenzione e aveva rimesso in termini quest’ultimo, come da lui richiesto, per impugnare gli stessi avvisi, “non entrando, affatto, nel merito delle pretese impositive (con essi) avanzate”, nonostante tale “effettivo contenuto della sentenza di 1 grado”, la CTR ha ritenuto che l’ O. avrebbe dovuto proporre appello incidentale avverso il predetto capo della sentenza della CTP che ha affermato la “validità” degli avvisi di accertamento, mentre l’ O. non aveva alcun interesse a impugnarlo, non essendo configurabile, nei suoi confronti, una reale soccombenza rispetto a una pronunzia che, in nessun modo, poteva essergli pregiudizievole;

con il quinto motivo, il ricorrente denuncia “5. Sul merito delle pretese impositive formulate negli avvisi di accertamento”, “insiste(ndo) sulla illegittimità delle stesse”, deducendo, al riguardo, “l’effettiva esistenza delle operazioni di cui alle fatture passive contestate” e, “comunque, (i)l difetto di motivazione degli avvisi di accertamento e (i)l difetto di prova della pretesa impositiva”;

il primo motivo è inammissibile;

questa Corte ha chiarito, con un orientamento che il Collegio condivide e al quale intende, quindi, dare continuità, che l’accertamento in ordine alle modalità seguite nell’effettuazione della notificazione della cartella di pagamento costituisce un accertamento di fatto – e di un fatto esterno al processo – rimesso al giudice di merito, le cui statuizioni al riguardo sono perciò censurabili in sede di legittimità solo per vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) (Cass., 09/11/2004, n. 21353).

con il motivo in esame, il ricorrente, denunciando invece la violazione o falsa applicazione di norme di legge, ha in effetti censurato gli accertamenti compiuti dalla CTR che la notificazione dell’impugnata cartella di pagamento era stata effettuata “a mezzo di ufficiale di riscossione” (primo profilo) e non era stata effettuata a mezzo posta (secondo profilo), sulla base di una ricostruzione dei fatti – che questa Corte non può esaminare direttamente – diversa da quella contenuta nella sentenza impugnata;

da ciò l’inammissibilità del motivo, giacchè esso denuncia in modo non adeguato i suddetti accertamenti di fatto compiuti dalla CTR in ordine alle modalità seguite nell’effettuazione della notificazione della cartella di pagamento impugnata;

il secondo motivo non è fondato;

va ribadito il principio, più volte affermato da questa Corte, secondo cui, “(i)n forza del generale rinvio materiale alle norme del codice di rito compatibili (e, dunque, anche alle sue disposizioni di attuazione) contenuto nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, è applicabile al nuovo rito tributario così come disciplinato dal citato decreto il principio desumibile dalle norme di cui all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e art. 118 disp. att. cod. cit., secondo il quale la mancata esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa, ovvero la mancanza o l’estrema concisione della motivazione in diritto determinano la nullità della sentenza allorquando rendano impossibile l’individuazione del “thema decidendum” e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo” (Cass., 22/09/2003, n. 13990, 18/04/2017, n. 9745);

nella specie, con riguardo al primo profilo del motivo, il resoconto contenuto nella sentenza impugnata – dal quale risulta che l’ O. aveva presentato ricorso avverso la cartella di pagamento, indicata in epigrafe, relativa a imposte per gli anni 2004, 2005 e 2006, che la CTP aveva accolto tale ricorso, che l’Agenzia delle entrate aveva proposto appello avverso la sentenza della CTP ed Equitalia Nord s.p.a. aveva proposto appello incidentale e che l’oggetto del giudizio era costituito dalla questione della validità o no della notificazione dell’anzidetta cartella di pagamento consente senz’altro, all’evidenza, di individuare il thema decidendum;

con riguardo al secondo profilo del motivo, si deve osservare, da un lato, che l’affermazione della CTR che la notificazione della cartella di pagamento era stata effettuata “a mezzo di ufficiale di riscossione” trovava il proprio fondamento nel fatto che tale elemento emergeva dalla “copia conforme della (relata di) notifica” prodotta da Equitalia Nord s.p.a., dall’altro lato, che è del tutto ovvio che la CTR abbia basato la propria decisione sulle risultanze di un relazione di notificazione compilata (e, quindi, effettivamente utilizzata) piuttosto che su di una relazione di notificazione non compilata (e, quindi, all’evidenza, non utilizzata);

ne consegue che, nel rispetto del riportato principio di diritto, la denunciata nullità della sentenza impugnata deve essere esclusa;

il terzo motivo è inammissibile;

esso è stato proposto e formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), nella versione anteriore alla sostituzione di tale numero operata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b) convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, sull’espresso presupposto della ritenuta “inapplicabilità”, “nell’ambito del processo tributario”, “delle modifiche apportate dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54”;

le Sezioni Unite di questa Corte hanno invece chiarito che “(l)e disposizioni sul ricorso per cassazione, di cui al D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, circa il vizio denunciabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (…), si applicano anche al ricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale, atteso che il giudizio di legittimità in materia tributaria, alla luce del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62, non ha connotazioni di specialità. Ne consegue che il D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 3 bis, quando stabilisce che “le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano al processo tributario di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546″, si riferisce esclusivamente alle disposizioni sull’appello, limitandosi a preservare la specialità del giudizio tributario di merito” (Cass., S.U., 07/04/2014, n. 8053 e n. 8054);

all’impugnata sentenza della CTR, depositata il 28 gennaio 2013 quindi dopo il trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore, il 12 agosto 2012, della legge di conversione del D.L. n. 83 del 2012 (art. 54, comma 3, dello stesso decreto, che regola l’applicazione nel tempo della novella di cui al suo comma 1, lett. b) – si applica, pertanto, il “nuovo” art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), il quale non prevede più, quale vizio motivazionale, la denunciata insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio;

da ciò discende l’inammissibilità del motivo, in quanto proposto e formulato dal ricorrente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), nella “vecchia” versione di tale numero, non applicabile al giudizio;

il quarto motivo non è fondato;

secondo lo stesso ricorrente, la statuizione della sentenza della CTP della quale la CTR gli contesta la mancata impugnazione con appello incidentale era costituita, in particolare, dall’affermazione che “(l)a Commissione conferma gli accertamenti per le imposte accertate dall’Ufficio anni 2004-2005 e 2006” (pag. 41 del ricorso);

dal tenore letterale di tale affermazione risulta evidente che, con essa, la CTP confermò la validità non della notificazione degli avvisi di accertamento ma degli stessi avvisi di accertamento impugnati, avverso le cui “pretese impositive”, del resto, il ricorrente aveva “svol(to) le proprie difese a contestazione delle stesse”, “(p)er l’ipotesi” – effettivamente verificatasi – “in cui la Commissione adita (…) avesse disposto la rimessione in termini”, deducendone “il difetto di motivazione e di prova” (pag. 3 del ricorso);

la suddetta, espressa, statuizione si configurava pertanto come un capo autonomo della sentenza della CTP, avendo affermato la risoluzione della questione – che, come si è visto, era compresa tra quelle controverse e che era altresì dotata di una propria individualità e autonomia – della validità o no degli avvisi di accertamento, e integrando, così, una decisione indipendente dalle altre contenute nella sentenza di primo grado;

rispetto a tale decisione, l’ O. era dunque effettivamente rimasto (parzialmente) soccombente, con la conseguenza che, correttamente, la CTR ha ritenuto che egli avesse l’onere di proporre appello incidentale avverso la stessa;

da ciò consegue l’infondatezza del motivo;

il quinto motivo è inammissibile;

con esso il ricorrente propone infatti delle censure manifestamente – e perfino dichiaratamente (come emerge dall’incipit della rubrica del motivo: “(s)ul merito delle pretese impositive formulate negli avvisi di accertamento”) – dirette alla revisione del giudizio sul merito di tali pretese, censure che sono inammissibili in questa sede di legittimità;

il ricorso deve, conclusivamente, essere rigettato;

le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., comma 1, e sono liquidate come indicato in dispositivo.

P.Q.M.

rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore di Equitalia Servizi di Riscossione s.p.a., delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8.000,00, oltre agli accessori di legge e alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, comma inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 – si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del suddetto art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2020

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