Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23231 del 04/10/2017
Cassazione civile, sez. VI, 04/10/2017, (ud. 07/06/2017, dep.04/10/2017), n. 23231
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7425-2016 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro-tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope
legis;
– ricorrente –
contro
F.I., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI VILLA
SACCHETTI 9, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MARINI, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato IDRIS TOSI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 358/30/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di VENEZIA, depositata il 16/02/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 07/06/2017 dal Consigliere Dott. LUCA SOLAINI.
Fatto
FATTO E DIRITTO
con ricorso in Cassazione affidato a due motivi, nei cui confronti la parte contribuente ha resistito con controricorso, l’Agenzia delle Entrate impugnava la sentenza della CTR del Veneto, in sede di rinvio, relativa all’impugnativa di un diniego di rimborso Irpef per l’anno 2005 (formatosi attraverso il meccanismo del silenzio rifiuto), in tema di previdenza integrativa aziendale (P.I.A.) Enel, denunciando con un primo motivo, la violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17, della L. n. 482 del 1985, art. 6 e del D.Lgs. n. 58 del 1998, artt. 1, 1 bis, 1 ter e 2 e con un secondo motivo la violazione dell’art. 384 c.p.c., comma 2 e dell’art. 115 c.p.c., comma 1, in quanto, i giudici d’appello, avrebbero disatteso il dictum della Cassazione, ritenendo che la perizia, prodotta in sede di giudizio di rinvio, avesse correttamente quantificato il rendimento netto del capitale accantonato derivante dall’impiego diretto del capitale sul mercato (per la quota di spettanza del contribuente), ancorchè il risultato esposto in perizia, per stessa ammissione della CTR, fosse stato raggiunto con calcoli matematico attuariali e non con tecniche di calcolo finanziarie.
Il motivo è fondato.
Il principio di diritto a cui l’ordinanza di rinvio del presente giudizio ha inteso riferirsi è il seguente: “”In tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17, solo per quanto riguarda la “sorte capitale” corrispondente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del c.d. il rendimento netto, imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato, si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. n. 482 del 1985, art. 6; b) per gli importi maturati a decorrere dal 1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17 TUIR (Cass. sez. un. n. 13642/11)”.
In buona sostanza, il giudice di legittimità aveva disposto di verificare se vi fosse stato e quale fosse stato l’impiego del capitale accantonato sul mercato finanziario alla data del 31.12.2000, da parte del fondo, giustificandosi solo rispetto a quest’ultimo rendimento la tassazione del 12,50% (secondo Cass. n. 27215/13, tale rendimento è individuabile sulla base del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 1, commi 1 bis, 1 ter e 2 del T.U.I.F.) Sulla scorta di ciò, si rileva, come il decisum dell’ordinanza della Cassazione n. 18584/13, che faceva carico ai giudici d’appello, in riferimento alle somme provenienti dalla liquidazione da parte del Fondo, del capitale accantonato (e che sconterebbe l’aliquota ridotta al 12,50%) di verificare il cd. rendimento netto, cioè, quello imputabile alla gestione sul mercato, non sia stato rispettato perchè dalla sentenza risulta determinato, sulla base di una perizia di parte, secondo metodologie estranee al calcolo dell’utile finanziario ma basandosi su tecniche di matematica attuariale (cfr. in proposito, Cass. nn. 10285/17, 12267/17)
La sentenza va, pertanto, cassata e la causa rinviata nuovamente alla Commissione tributaria regionale del Veneto, affinchè, alla luce delle superiori considerazioni, riesamini il merito della controversia.
PQM
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE accoglie il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 7 giugno 2017.
Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2017