Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23229 del 15/11/2016


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Cassazione civile sez. II, 15/11/2016, (ud. 04/05/2016, dep. 15/11/2016), n.23229

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12353-2013 proposto da:

T.A., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

FONTANELLA BORGHESE 72, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO

VOLTAGGIO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

N.F., C.F. (OMISSIS) elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA CESARE BECCARIA 84, presso GIROLAMO GIANCASPRO;

– controricorrente –

e contro

R. DI P.R. & C SNC IN PERSONA DEL LEGALE RAPP.TE

P.T.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1527/2012 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 28/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/05/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito l’Avvocato Paolo Voltaggio per delega depositata in udienza

dell’Avv. Voltaggio Antonio difensore dl ricorrente che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avv. Giuseppe Raguso con delega depositata in udienza

dell’Avv. Giancaspro Girolamo difensore del controricorrente che si

riporta al controricorso ed alla memoria depositata;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Su conforme ricorso di T.A. il Pretore di Gravina ingiunse a N.F. il pagamento dell’importo di Lire 4.019.815 oltre accessori, quale corrispettivo per la fornitura di pezzi di ricambio utilizzati per la riparazione di un autocarro di proprietà dell’intimato. Con citazione notificata l’8.3.1988 il N. propose opposizione deducendo che il T., oltre a vendergli i pezzi di ricambio, si era obbligato anche ad eseguire le rettifiche necessarie sul motore dell’autoveicolo e che, dopo l’assemblaggio dei pezzi da parte di un meccanico di sua fiducia, il motore era risultato malfunzionante; per tale ragione, sostenne l’opponente, il T. non poteva pretendere il pagamento.

Si costituì T.A. negando di aver mai assunto l’obbligo di eseguire le rettifiche sul motore, invece effettuate dalla società R. s.n.c., di cui chiese ed ottenne la chiamata in causa; concluse per la conferma del decreto opposto.

Si costituì anche la Ranieri s.n.c. deducendo la propria estraneità alla vertenza ed assumendo di aver eseguito a regola d’arte le prestazioni commissionatele.

Con sentenza del 6.2.1996 il Pretore di Gravina respinse l’opposizione, confermò il decreto e pose a carico del N. le spese di lite anche per la terza chiamata.

Appellata la sentenza da parte del N., costituitisi entrambi i contraddittori, il tribunale di Bari respinse il gravame con conforme statuizione sulle spese, ritenendo – fra l’altro e per quanto qui ancora rileva – che solo per mero spirito di cortesia il T. avesse aiutato il N. a risolvere i problemi del camion, commissionando a nome di quest’ultimo le rettifiche del motore alla società Ranieri e, quindi, fatturando al N. l’importo a lui fatturato da detta società.

Avverso tale sentenza il N. propose ricorso per cassazione sulla base di sei motivi.

La Corte di cassazione, con la sentenza numero 7043/05, accolse i primi quattro motivi (di valenza assorbente) e cassò la sentenza con rinvio alla Corte d’Appello di Bari.

La Corte osservò in particolare che il tribunale aveva errato nell’escludere la rilevanza probatoria delle fatture emesse dal T. a carico del N. e da Ranieri s.n.c. a carico del T., le une e le altre contemplanti le rettifiche sul motore dell’autocarro. Ai sensi dell’art. 2709 c.c., infatti, tali documenti provavano il fatto storico dell’avvenuta esecuzione delle rettifiche da parte del T., sia pure a mezzo di un soggetto terzo da lui incaricato.

Di tale fatto, statuì la Corte, il giudice di merito avrebbe dovuto accertare la pertinenza al novero delle obbligazioni assunte dal fornitore dei pezzi di ricambio, in virtù del titolo contrattuale o di altro titolo.

Il N. riassunse la causa con citazione notificata il 23.5.2006, chiedendo l’integrale riforma della sentenza appellata e la revoca del decreto ingiuntivo; il T. e la R. s.n.c. si costituirono chiedendo il rigetto del gravame.

La corte d’Appello di Bari accolse l’appello del N., revocò il decreto ingiuntivo e condannò il T. al pagamento delle spese dei vari gradi di giudizio.

A sostegno della propria decisione, richiamato l’accertamento demandatole in sede di rinvio, la corte distrettuale osservò che le fatture costituivano prova del fatto che il T. si era obbligato verso il N. ad eseguire le rettifiche sul motore, poi commissionate alla società R.; escluse, in particolare, che il primo si fosse limitato a mettere in relazione i due soggetti, poichè in tal caso le fatture sarebbero state emesse dalla Ranieri direttamente nei confronti del N. e senza alcun ricarico, come invece risultava con evidenza dalla lettura dei documenti contabili. Ancora, osservò che sulle proprie fatture relative alle rettifiche il T. aveva apposto il timbro “Officina Rettifiche T.”, diverso da quello apposto sulle fatture per la vendita dei pezzi di ricambio (“Ricambi Trattori-Auto T.”), il che appariva significativo del fatto ch’egli svolgeva entrambe le attività.

Ciò posto, la corte barese richiamò poi gli esiti dell’istruttoria, dai quali ricavò che il malfunzionamento del motore dipendeva dal fatto che il T. vi aveva montato dei pezzi difettosi – e non da una cattiva esecuzione delle rettifiche o dalla successiva attività di montaggio e smontaggio posta in essere da terzi – ritenendo poi che tale circostanza, costituente inadempimento, legittimasse il rifiuto del N. di corrispondere il prezzo d’acquisto.

T.A. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi. Il N. si è costituito con controricorso, mentre la Ranieri s.n.c. non ha svolto attività difensiva.

Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 4.5.16, per la quale solo il controricorrente ha depositato memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c. e nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente denunzia violazione di legge in relazione all’art. 384 c.p.c., artt. 1321 e 2697 c.c. assumendo che la corte d’appello non si sarebbe uniformata a quanto statuito dalla Corte di cassazione, in particolare omettendo di verificare se il T. avesse o meno assunto l’obbligo del buon esito delle rettifiche in virtù del contratto o a diverso titolo.

Secondo il ricorrente, in particolare, la corte d’appello si sarebbe limitata a ribadire il valore probatorio delle fatture in atti, che tuttavia – come rilevato in sede rescindente – avevano ad oggetto unicamente il fatto storico delle rettifiche e non anche la riferibilità o meno delle stesse ad una precisa obbligazione da lui assunta; avrebbe, altresì, omesso di accertare l’esatto contenuto del contratto concluso fra le parti in relazione all’autocarro.

Il motivo è infondato.

La corte d’appello – muovendo dal rilievo della documentazione evidenziata in sede di rinvio quale prova storica dell’esecuzione delle rettifiche da parte della R. snc su commissione del T. – ha poi ricondotto tale attività ad un obbligo contrattuale assunto dal T. nei confronti del N. sulla base degli argomenti di natura indiziaria sintetizzati nella narrativa che precede e sviluppati dall’ultimo cpv di pag. 5 fino al penultimo cpv di pag. 6 della sentenza gravata. Il giudice di rinvio ha quindi esattamente assolto al compito, a lui demandato da questa Corte, di accertare se l’operazione di rettifica del motore fosse stata eseguita “con l’assunzione del relativo impegno anche al buon esito in virtù di obbligazione contrattuale o a diverso titolo” (così sent. Cass. n. 7043/05), formulando un giudizio di fatto non censurabile con il mezzo della violazione di legge proposto con motivo di ricorso in esame, il quale, pertanto, va rigettato.

Con il secondo motivo il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, con riferimento agli artt. 1460 e 2697 c.c. e art. 112 c.p.c., nonchè il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio.

Sostiene in proposito che l’accertamento demandato alla corte d’appello all’esito del giudizio di rinvio era circoscritto alla sussistenza o meno di un obbligo del T. all’esecuzione delle rettifiche sul motore, al cui inadempimento il N. aveva ricondotto il proprio rifiuto ad adempiere in forma di eccezione ex art. 1460 c.c..

Evidenzia, pertanto, l’erroneità e contraddittorietà della decisione impugnata, laddove – dopo aver riconosciuto l’esistenza di tale obbligo e, tuttavia, aver escluso che il T. si fosse reso inadempiente al medesimo – aveva ritenuto giustificato il rifiuto del N. di adempiere alla propria obbligazione di pagamento del prezzo in ragione della difettosità dei pezzi di ricambio; argomento, quest’ultimo, che, secondo il ricorrente, il N. non avrebbe mai posto a fondamento della propria eccezione di inadempimento.

Il motivo non può trovare accoglimento.

L’assunto del ricorrente secondo cui il N. avrebbe fondato la propria eccezione di inadempimento esclusivamente sul imperfetta esecuzione delle operazioni di rettifica (e, dunque, non sulla pretesa difettosità dei pezzi di ricambio a lui venduti dal T.) non trova riscontro nella interpretazione degli atti di causa operata dal giudice di merito. Nella pagina 2, primo cpv, della sentenza gravata si legge, infatti, che nell’opposizione a decreto ingiuntivo il N. – dopo aver dedotto che il T., oltre ad vendergli i ricambi, si era altresì impegnato a svolgere le rettifiche del motore necessarie al relativo montaggio – aveva eccepito che “a seguito del cattivo funzionamento del motore, il T. non poteva pretendere il pagamento del prezzo”. L’eccezione di inadempimento proposta dal N., secondo la ricostruzione dei fatti di causa svolta dalla corte d’appello, si risolveva dunque in una doglianza relativa al cattivo funzionamento del motore idonea ad investire l’intera prestazione richiesta al T., comprensiva tanto della vendita dei ricambi quanto dell’attuazione delle rettifiche del motore. Tale interpretazione della eccezione di inadempimento del N. – la cui correttezza deve essere verificata da questa Corte mediante il diretto esame degli atti di causa, essendo stato denunciato un vizio di omessa pronuncia (cfr. Cass. 8077/12, 16164/15, 8069/16) – risulta in effetti corretta, giacchè tanto dalla lettura della originaria citazione in opposizione a decreto ingiuntivo quanto dall’atto di appello dell’opponente emerge che il N. aveva lamentato l’inadempimento del T. con riferimento all’intero complesso delle obbligazioni dal medesimo assunte, e non soltanto con riferimento all’obbligazione di eseguire le rettifiche del motore. Si veda, infatti, nella originaria citazione in opposizione (trascritta solo parzialmente nel motivo di ricorso in esame), il brano – immediatamente successivo a quello trascritto a pagina 11 del ricorso per cassazione (“Il N. reclamò la relativa spesa del rifacimento del motore a carico del T., autore delle rettifiche eseguite nella sua officina, perchè causa prima ed unica di tutte le vicende”) – con cui l’opponente evidenzia come il T. si fosse “obbligato verso il N. ad indicare i pezzi da sostituire non solo a fornirli”; nonchè, nell’atto di appello del N., il passo dove, nella narrativa di fatto, si riferisce che il malfunzionamento della motore era stati attribuito alternativamente “alla rettifica o tutt’al più a difetti delle camice di rivestimento di due pistoni che pure erano stati forniti dal T.”; nonchè, ancora, il punto 2 delle conclusioni dell’atto di appello, ove si chiede la risoluzione contrattuale “per grave inadempimento e per fatta colpa del T.A.”, con un riferimento onnicomprensivo al complesso delle obbligazioni dal medesimo assunte.

Va quindi, in definitiva, escluso che la corte d’appello, accogliendo l’eccezione di inadempimento del N. in base alla ritenuta difettosità dei pezzi di ricambio al medesimo forniti dal T., sia incorsa nel vizio di ultra petizione denunciato col secondo mezzo di ricorso o abbia, sotto altro aspetto, violato il disposto degli artt. 1460 e 2697 c.c. o, ancora, sia incorsa nel vizio di omesso esame di un fatto decisivo.

Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denunzia la nullità della sentenza ex art. 132 c.p.c., n. 4) in relazione all’affermata sussistenza di vizi nei ricambi venduti. Il ricorrente assume in proposito che la corte di merito avrebbe supportato l’assunto in modo solo apparente, omettendo di svolgere le dovute verifiche tecniche sulle cause del malfunzionamento ed attribuendo valore univoco ad alcune deposizioni testimoniali che andavano invece apprezzate nel contesto di altre deposizioni, di diverso significato.

Il motivo non è fondato.

E’ affetta da nullità riferibile al disposto di cui all’art. 132 c.p.c., infatti, solo la sentenza che risulti del tutto priva dell’esposizione dei motivi sui quali la decisione si fonda ovvero che abbia una motivazione solo apparente perchè estrinsecantesi in argomentazioni non idonee a rivelare la “ratio decidendi” (cfr. fra le altre Cass. n. 161/2009); nel caso di specie, la decisione della corte d’appello è supportata da una motivazione ben intelligibile in quanto fondata sull’apprezzamento di dati emergenti dall’istruttoria, alla cui confutazione – non a caso – è poi prevalentemente dedicata l’esposizione del motivo.

In conclusione il ricorso va rigettato in relazione a tutti i motivi nei quali si articola.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente a rifondere al contro ricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.000, oltre Euro 200 per esborsi ed oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, D.Lgs. n. 546 del 1992 si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Si dà atto che la sentenza è stata redatta con la collaborazione dell’Assistente di Studio dott. C.F..

Così deciso in Roma, il 4 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2016

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