Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23225 del 04/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 04/10/2017, (ud. 20/07/2017, dep.04/10/2017),  n. 23225

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17978-2016 proposto da:

C.C. LATERIZI DI GST S.R.L., in persona del legale

rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa unitamente e disgiuntamente agli avvocati ANTONINO DOMENICO

GULLO ed ANTONELLA CARMELINA MATULLO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5339/02/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DI PALERMO – SEZIONE DISTACCATA DI MESSINA, depositata il

28/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/07/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO MANZON.

Disposta la motivazione semplificata su concorde indicazione del

Presidente e del Relatore.

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza in data 25 novembre 2015 la Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione distaccata di Messina accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 562/10/07 della Commissione tributaria provinciale di Messina che aveva accolto il ricorso della C.C. Laterizi di G.S.T. srl contro l’avviso di accertamento IVA 1998. La CTR osservava in particolare che sussistevano prove indiziarie adeguate a fondare la pretesa fiscale portata dall’atto impositivo impugnato, che specificamente indicava e valutava, altresì considerando non determinante il provvedimento di rigetto della richiesta di sequestro preventivo penale.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione la società contribuente deducendo un motivo unico.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con l’unico motivo dedotto la ricorrente lamenta violazione/falsa applicazione dell’art. 2697, cod. civ. in relazione al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2,D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 21 e 45 poichè la CTR ha sovvertito la regola di giudizio dell’onere probatorio, non attribuendolo correttamente all’agenzia fiscale, trattandosi di provare l’inesistenza soggettiva di fatture e non avendo l’Ente impositore fondato la propria pretesa su presunzioni con le caratteristiche previste dalla legge al fine della loro ammissibilità.

La censura è infondata.

Va infatti ribadito che:

-“In tema di IVA, qualora l’Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture, in quanto relative ad operazioni inesistenti, spetta all’Ufficio fornire la prova che l’operazione commerciale, oggetto della fattura, non è mai stata posta in essere, indicando gli elementi anche indiziari sui quali si fonda la contestazione, mentre è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibili, non essendo sufficiente, a tal fine, la regolarità formale delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti, in quanto si tratta di dati e circostanze facilmente falsificabili” (Sez. 5, Sentenza n. 428 del 14/01/2015, Rv. 634233 – 01);

-“Con la proposizione del ricorso per Cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente; l’apprezzamento dei fatti e delle prove, infatti, è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che nell’ambito di detto sindacato, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione” (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 7921 del 2011);

-“In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione” (ex multis Sez. 5, n. 26110 del 2015). La sentenza impugnata ha correttamente applicato il principio di diritto di cui al primo arresto giurisprudenziale, rilevando che dovevano considerarsi indizi gravi, precisi e concordanti, che dunque rendevano ammissibile la presunzione semplice di inesistenza oggettiva delle fatture de quibus, la mancata registrazione delle stesse da parte del soggetto emittente e che la ricorrente non ha provveduto a consegnare la documentazione richiestale dall’Ente impositore D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 39 bis, (recte, 38 bis).

Con l’articolazione del mezzo in esame, a ben vedere la società contribuente mira quindi ad una revisione di tale giudizio meritale, ma ciò è sicuramente escluso nella presente sede in base ai principi di diritto consolidati di cui al secondo ed al terzo arresto giurisprudenziale citati.

Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso; condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 7.000, oltre alle spese generali e agli oneri di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2017

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