Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23224 del 15/11/2016
Cassazione civile sez. un., 15/11/2016, (ud. 03/11/2015, dep. 15/11/2016), n.23224
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Primo Presidente f.f. –
Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di sez. –
Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –
Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –
Dott. MATERA Lina – Consigliere –
Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –
Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –
Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22495-2014 per regolamento di giurisdizione proposto
d’ufficio dal:
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L’EMILIA ROMAGNA – BOLOGNA,
con ordinanza n. 926/2014 depositata il 30/09/2014 nella causa tra:
B.P., + ALTRI OMESSI
– ricorrenti non costituitisi in questa fase –
contro
COMUNE DI BOLOGNA;
– resistente non costituitosi in questa fase –
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
03/11/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIO GRECO;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale dott.
FIMIANI Pasquale, il quale chiede alla Corte di Cassazione
l’affermazione della giurisdizione del giudice amministrativo, con
le pronunce consequenziali.
Fatto
FATTO E DIRITTO
B.P., + ALTRI OMESSI
Il giudice ordinario ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione in favore del giudice amministrativo sul rilievo che il potere di regolamentazione attribuito dalla invocata norma di cui all’art. 50, comma 7 tuel “costituisce espressione dell’esercizio, da parte dell’amministrazione, di un’attività discrezionale, sia sotto il profilo del preventivo componimento degli interessi in gioco, sia dal punto di vista delle modalità operative, non predeterminate dalla norma e, dunque, anch’esse discrezionalmente modulate dall’amministrazione pubblica coinvolta”: attività discrezionale costituente espressione ed estrinsecazione di pubblico potere e perciò rientrante, per definizione, nello spettro di giurisdizione del giudice amministrativo. In riferimento alla diretta lesione del diritto alla salute invocata dai ricorrenti ex art. 700 c.p.c., per sostenere la giurisdizione dell’AGO, il tribunale ne ha rilevato, proprio in relazione alla concreta pretesa azionata dai ricorrenti, il carattere di istanza in chiave pretensiva diretta all’ottenimento di un determinato provvedimento positivo che l’amministrazione potrebbe adottare nell’esercizio dei propri poteri pubblicistici discrezionali.
Il Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna, davanti al quale i ricorrenti riassumevano la causa, con ordinanza depositata il 30 settembre 2015 ha declinato la propria giurisdizione ed ha quindi inviato “gli atti alla Corte di cassazione sezioni unite per il regolamento di giurisdizione al fine di dirimere il relativo conflitto negativo e di individuare il giudice a cui compete decidere la presente causa”.
Ha infatti rilevato come la pretesa dei ricorrenti, pur prospettata in sede civile mediante il rimedio d’urgenza di cui all’art. 700 c.p.c. e poi prospettata dinanzi ad esso giudice amministrativo vestendola con il giudizio speciale di cui all’art. 117 cod. proc. amm. (“Ricorsi avverso il silenzio”), “abbia un unico petitum sostanziale, in concreto diretto a por fina all’inerzia dell’amministrazione comunale in relazione alla presunta lesione del diritto alla salute dei ricorrenti derivante dall’eccessiva rumorosità notturna proveniente dagli avventori degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande siti nella strada nella quale essi abitano. Non essendo fatta valere nella specie “alcuna effettiva posizione di interesse legittimo sottostante la richiesta di ordinanza ex art. 50, comma 7 tuel, ma esclusivamente la pretesa lesione del proprio diritto alla salute”, il Tar riteneva “che la causa dovesse essere sottoposta al sindacato del giudice ordinario”.
Richieste le conclusioni al pubblico ministero presso questa Corte, all’esito del deposito è stata fissata l’adunanza.
Il ricorso è inammissibile in quanto, con riguardo ai conflitti di giurisdizione, secondo il risalente orientamento di questa Corte, per potersi ravvisare un conflitto negativo denunciatile ai sensi dell’art. 362 c.p.c., comma 2, n. 1), occorre che vi sia una doppia declinatoria di giurisdizione, l’una del giudice ordinario e l’altra del giudice amministrativo, emessa con decisioni di piena cognizione; ne consegue che il conflitto è inammissibile quando anche una sola delle due pronunce abbia avuto luogo in sede cautelare, come nel caso in esame (Cass., sez. un., 7 marzo 2011, n. 5356; Cass., sez. un., 8 marzo 2006, n. n. 4914; Cass., sez. un., 8 agosto 1991, n. 8638).
Si è in particolare osservato che “ai sensi della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 59 – ma anche in costanza della disciplina processuale antecedente -, il giudice adito sulla controversia non può investire direttamente le Sezioni Unite della Corte di Cassazione della risoluzione di una questione di giurisdizione, ma è tenuto a statuire sulla stessa ai sensi dell’art. 37 c.p.c., giacchè il citato art. 59 impone che già altro giudice abbia declinato la propria giurisdizione a favore di quello successivamente investito mediante translatio potendo solo quest’ultimo rimettere d’ufficio la questione alla decisione delle Sezioni Unite fino alla prima udienza fissata per la trattazione del merito, sempre che, nelle more, le medesime Sezioni Unite non abbiano già statuito al riguardo. Ne consegue che ove il difetto di giurisdizione sia stato dichiarato dal giudice ordinario in sede cautelare, il giudice amministrativo successivamente adito non può sollevare d’ufficio il regolamento di giurisdizione atteso che, avendo il provvedimento cautelare ancorchè emesso ai sensi dell’art. 700 c.p.c., natura strumentale rispetto al giudizio di merito a cognizione piena anche dopo la riforma processuale introdotta con la L. n. 80 del 2005, il procedimento davanti al giudice amministrativo è il primo giudizio di merito ai fini del rilievo del difetto di giurisdizione. Pertanto, tale giudice, ancorchè successivamente adito non può essere considerato quello dinanzi al quale, ai sensi del comma 3 dell’anzidetto art. 59, la “causa è riassunta”, nè in tal caso può parlarsi di “successivo processo” ai sensi dello stesso art. 59, comma 2 ma detto giudice è da considerarsi il giudice della causa di merito, tenuto, a statuire sulla questione di giurisdizione ex art. 37 c.p.c.” (Cass., sez. un., 9 settembre 2010).
Il regolamento va pertanto dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
La Corte, a sezioni unite, dichiara il regolamento inammissibile.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 novembre 2015.
Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2016