Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23221 del 15/11/2016


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Cassazione civile sez. III, 15/11/2016, (ud. 19/10/2016, dep. 15/11/2016), n.23221

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al numero 17824 del ruolo generale dell’anno

2014, proposto da:

C.C., (C.F.: (OMISSIS)) rappresentata e difesa, giusta

procura a margine del ricorso, dall’avvocato Diego Busacca (C.F.:

non dichiarato);

– ricorrente –

nei confronti di:

G.L.O., (C.F.: (OMISSIS)) rappresentata e difesa,

giusta procura allegata al controricorso, dall’avvocato Benedetto

Calpona (C.F.: CLB BDT 62D24 A6380);

– controricorrente –

e

L.P. (C.F.: (OMISSIS));

– intimato –

per la cassazione della sentenza pronunziata dalla Corte di Appello

di Messina n. 351/2013, depositata in data 7 maggio 2013;

udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data

19 ottobre 2016 dal consigliere Augusto Tatangelo;

udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore

generale dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per il

rigetto del terzo motivo del ricorso e la manifesta fondatezza degli

altri motivi.

Fatto

FATTI E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.C. ottenne nel (OMISSIS) il sequestro giudiziario di un immobile in relazione al quale era stata promossa esecuzione per rilascio nei suoi confronti. Agì quindi in giudizio per la convalida, nei confronti dei coniugi L.P. e G.L., rispettivamente locatore e proprietaria del bene, chiedendo nel merito l’accertamento della sussistenza della propria qualità di conduttrice ed il rimborso di somme pagate per la riparazione di danni causati da infiltrazioni provenienti dal terrazzo condominiale.

I convenuti, nel resistere, proposero domanda riconvenzionale per ottenere il risarcimento dei danni subiti per l’indisponibilità dell’immobile.

Il Tribunale di Messina (nel 2004) non convalidò il sequestro e, nel merito, accertata la sussistenza del rapporto di locazione sulla base del riconoscimento reso dagli stessi convenuti in corso di causa, rigettò ogni altra domanda, compensando integralmente le spese.

La Corte di Appello di Messina ha confermato tale decisione, condannando l’appellante C. alle spese del grado.

Ricorre la quest’ultima, sulla base di quattro motivi.

Resiste con controricorso la G..

Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’altro intimato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Ammissibilità del ricorso.

Sono infondate le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dalla controricorrente.

La procura per il presente giudizio in favore del difensore della ricorrente, avvocato Diego Busacca, risulta regolarmente estesa a margine del ricorso. La sua stessa collocazione è sufficiente ai fini del requisito di specialità (ex multis: Cass., Sez. 6 – 2, Sentenza n. 18468 del 01/09/2014, Rv. 632042; Sez. 3, Sentenza n. 26504 del 17/12/2009, Rv. 610998; Sez. L, Sentenza n. 10539 del 09/05/2007, Rv. 597484).

Il ricorso è tempestivo, essendo stato notificato nel termine di cui all’art. 327 c.p.c. (in data 23 giugno 2014), in mancanza di notifica della sentenza impugnata (pubblicata in data 7 maggio 2013), tenuto conto della sospensione feriale dei termini, certamente da ritenersi applicabile nella fattispecie (“Le eccezioni al regime della sospensione dei termini per ferie vanno interpretate restrittivamente; pertanto, il processo di convalida di sequestro conservativo instaurato congiuntamente a quello di merito, non rientrando nell’ipotesi del procedimento cautelare previsto dall’art. 92 dell’ordinamento giudiziario, è soggetto alla sospensione predetta”: Cass., Sez. 1, Sentenza n. 4415 del 10/05/1996), e della natura festiva dell’ultimo giorno utile, 22 giugno 2014 (domenica).

2. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Violazione e/o falsa applicazione di legge ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 in relazione agli artt. 91, 112, 113, 115, 116, 229, 306 c.p.c., art. 670 c.p.c. e ss.. Legittimità del sequestro giudiziario autorizzato “ante causam” con decreto motivato “inaudita altera parte” del 10.04.91. Erronea valutazione della cd. “dichiarazione confessoria” dei convenuti coniugi G.- L. del 09.03.2001. Illegittimità del regolamento delle spese giudiziali di 1^ e 2^ grado in violazione del principio generale di soccombenza alle liti ex art. 91 c.p.c. Omesso esame e valutazione della sentenza n.d. n. 552/00 Tribunale di Messina dep. 24.03.00″.

Il motivo rappresenta differenti questioni, ed è caratterizzato da una evidente sovrapposizione di argomenti, che rende l’esposizione poco chiara.

Esso è comunque infondato.

L’oggetto delle censure pare doversi riferire al primo motivo dell’appello proposto dalla C., con il quale questa si doleva del diniego di convalida del sequestro, nonchè della regolamentazione delle spese di lite.

In relazione al diniego di convalida del sequestro manca però, in realtà, una espressa e specifica censura della effettiva ratio decidendi della pronunzia impugnata, costituita dalla ritenuta necessità della persistente sussistenza, al momento della decisione, dei presupposti per l’emissione della misura cautelare.

In effetti, le doglianze avanzate nel motivo in esame attingono specificamente solo la pronunzia sulle spese del doppio grado di merito (compensate dal giudice di primo grado e poste a carico dell’appellante per il secondo grado).

Ma esse non colgono nel segno.

La regolamentazione del carico delle spese processuali, in base a principi di soccombenza e di causalità degli oneri processuali di cui agli artt. 91 e 92 c.p.c., va effettuata considerando l’esito complessivo della lite.

Pertanto i giudici di merito dovevano tener conto di tutte le domande proposte dalle parti, non solo di quella relativa alla convalida del sequestro, con la conseguenza che le considerazioni della ricorrente in ordine all’esito effettivo di tale ultima domanda – se anche avessero un fondamento – da sole non potrebbero comunque in nessun caso ritenersi sufficienti per mettere in discussione la decisione sulle spese.

In ogni caso, la domanda di convalida del sequestro è stata respinta sia in primo che in secondo grado (anche se con diversa motivazione). Anche a volere avere riguardo esclusivamente a tale domanda, dunque, il principio di soccombenza di certo non potrebbe dirsi violato in danno della ricorrente, specie considerando che le spese del giudizio di primo grado risultano in realtà addirittura compensate. Nel motivo in esame vi è anche la contestazione della valutazione delle prove documentali operata dalla corte di appello in relazione alla dichiarazione di riconoscimento della sussistenza della locazione da parte dei coniugi G. e L.. Anche questa censura sembrerebbe in realtà diretta a mettere in discussione esclusivamente la pronunzia sulle spese di lite, in ordine alla quale risultano peraltro assorbenti le considerazioni appena esposte.

In ogni caso si tratta di censura inammissibile, in quanto diretta a contestare accertamenti in fatto riservati al giudice del merito e sostanzialmente tendente ad ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove.

3. Con il secondo motivo del ricorso si denunzia “Violazione e/o falsa applicazione di legge ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 in relazione agli artt. 88, 96, 112, 113, 115 e 116 c.p.c. Omessa pronunzia in merito alle istanze istruttorie di parte. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Illegittimità del rigetto delle richieste risarcitorie per ripetizione delle spese e per lite temeraria ex art. 96 c.p.c.”.

Il motivo – anch’esso esposto in modo poco chiaro, con sovrapposizione di argomentazioni differenti – è infondato.

Esso sembra riferibile al secondo motivo dell’appello della C., con il quale questa si doleva sia del rigetto della propria domanda di rimborso delle spese affrontate per riparare i danni riportati dall’immobile locato in seguito ad infiltrazioni provenienti dal terrazzo condominiale, sia della mancata condanna dei coniugi G. e L., ai sensi dell’art. 96 c.p.c..

Orbene, in primo luogo, e con riguardo al mancato accoglimento della richiesta di consulenza tecnica di ufficio, risultano certamente fuori luogo tanto il richiamo al vizio di omessa pronunzia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c. (disposizione che riguarda le domande e le eccezioni proposte dalle parti, non le istanze istruttorie), quanto la tesi per cui avrebbe dovuto ritenersi adempiuto l’onere probatorio in relazione alla domanda risarcitoria respinta, proprio a mezzo di tale richiesta.

In ogni caso, le ragioni che hanno portato al rigetto della suddetta domanda escludono in radice la possibile rilevanza di una consulenza tecnica di ufficio. La corte di appello ha infatti ritenuto mancante sia la prova dei danni conseguenti alle infiltrazioni denunziate, nel periodo indicato, sia quella dei lavori eseguiti e dell’entità della relativa spesa. La ricorrente, d’altra parte, non specifica neanche chiaramente, in tale contesto, in che modo avrebbe potuto essere decisiva la consulenza non espletata.

In sostanza, attraverso le censure esposte, essa finisce per mettere in discussione, anche sotto l’aspetto in esame, il giudizio di fatto dei giudici del merito, il che certamente non è possibile in sede di legittimità.

Per quanto poi attiene alla richiesta di danni ai sensi dell’art. 96 c.p.c., il motivo di ricorso appare carente di specificità e di autosufficienza, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6.

La domanda risulta proposta dalla ricorrente, secondo quanto emerge dalla pronunzia impugnata, in relazione all’illegittima esecuzione per rilascio incautamente intrapresa nei suoi confronti dai coniugi G. e L., e come tale è stata correttamente ritenuta inammissibile, in quanto proposta al di fuori del giudizio di opposizione alla predetta esecuzione, in conformità al costante indirizzo di questa Corte (cfr., in proposito: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 9152 del 16/04/2013, Rv. 626027; Sez. 3, Sentenza n. 10960 del 06/05/2010, Rv. 612644; Sez. 3, Sentenza n. 24538 del 20/11/2009, Rv.610752; Sez. 3, Sentenza n. 9297 del 18/04/2007, Rv. 597711; Sez. 3, Sentenza n. 1861 del 18/02/2000, Rv. 534080).

La C. sembra sostenere che essa in realtà aveva ad oggetto la condotta processuale delle controparti nel giudizio per cui è causa e non quello esecutivo.

In tale ottica, avrebbe dunque dovuto chiarire in quale atto e in quale fase processuale la relativa domanda era stata proposta in primo grado, ed in che termini, nonchè i motivi del suo rigetto e la specifica censura proposta in appello avverso il rigetto. Tali specifiche indicazioni mancano nel ricorso.

Infine, è senz’altro è inammissibile, in quanto nuova, la richiesta di condanna dei controricorrenti ai sensi dell’art. 88 c.p.c. che sembra in qualche modo avanzata per la prima volta nella presente sede: nella sentenza impugnata di essa non vi è traccia, e la ricorrente non chiarisce in quale atto e fase processuale sarebbe stata avanzata nel corso del giudizio di merito.

4. Con il terzo motivo del ricorso si denunzia “Violazione e/o falsa applicazione di legge ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 in relazione all’art. 163 bis c.p.c., u.c. e art. 166 c.p.c. ed art. 83 c.p.c. e art. 125 c.p.c., comma 2. Difetto di valida procura alle liti e nullità della costituzione dei convenuti”.

Il motivo è infondato.

La decisione in diritto della corte di merito risulta conforme sul punto alla giurisprudenza di questa Corte (cui va certamente dato seguito, non essendo stati prospettati argomenti idonei a superarla; cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 17842 del 22/08/2007, Rv. 598644; Sez. L, Sentenza n. 17161 del 27/07/2006, Rv. 591996; Sez. L, Sentenza n. 9719 del 10/05/2005, Rv. 581075; Sez. 2, Sentenza n. 10251 del 27/06/2003, Rv. 564658; Sez. 1, Sentenza n. 4384 del 07/04/2000, Rv. 535424; Sez. 1, Sentenza n. 6280 del 03/06/1995, Rv. 492661), per cui la procura rilasciata su atto processuale diverso da quelli indicati nell’art. 83 c.p.c. è comunque valida, in quanto l’elenco contenuto in detta norma non è tassativo, purchè si tratti di atto processuale di ingresso della parte nel giudizio, e per cui comunque l’eventuale vizio va eccepito dalla controparte nella prima difesa (il che nella specie non risulta specificamente allegato e documentato che sia avvenuto).

La ricorrente sembra anche intendere contestare, in fatto, che alla comparsa di costituzione dei convenuti in primo grado fosse stata effettivamente allegata l’istanza di anticipazione dell’udienza con la procura a margine. Ma per questo aspetto la censura non è ammissibile, per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, mancando la specifica indicazione dei documenti che potrebbero consentire di verificare l’assunto, e della loro esatta allocazione nel fascicolo processuale.

5. Con il quarto motivo del ricorso si denunzia “Violazione e/o falsa applicazione di legge ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione agli artt. 88, 91 e 92 c.p.c. Illegittimità del regolamento delle spese di 1^ e 2^ grado”.

Il mancato accoglimento dei precedenti motivi comporta il rigetto anche dell’ultimo, dal momento che la compensazione delle spese del primo grado risulta correttamente confermata in appello sul rilievo della reciproca soccombenza delle parti, mentre la condanna dell’appellante al pagamento di quelle del secondo grado è diretta conseguenza del rigetto del gravame, ai sensi dell’art. 91 c.p.c..

Gli artt. 91 e 92 c.p.c. risultano dunque correttamente applicati dai giudici del merito.

6. Il ricorso è rigettato.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

Dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna la ricorrente a pagare le spese del presente giudizio in favore della controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 19 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2016

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