Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23220 del 04/10/2017
Cassazione civile, sez. VI, 04/10/2017, (ud. 06/07/2017, dep.04/10/2017), n. 23220
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi A. – Consigliere –
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –
Dott. BARRECA Giuseppina L. – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21074-2016 proposto da:
D.B.R., G.G., in qualità di eredi di
De.Ba.Re., D.B.P., T.M.L., tutti nella
loro qualità di soci della cessata AUTOFFICINA D.B. SRL IN
LIQUIDAZIONE, elettivamente domiciliati in ROMA, L.GO MESSICO 7,
presso lo studio dell’avvocato FEDERICO TEDESCHINI, che li
rappresenta e difende unitamente all’avvocato DANIELE GRANARA;
– ricorrenti –
contro
GENERALI ITALIA SPA, in persona del procuratore speciale,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 35, presso
lo studio dell’avvocato MARCO VINCENTI, che la rappresenta e
difende;
– controricorrente –
e contro
SPINELLI SRL;
– intimata –
avverso la sentenza n. 178/2016 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,
depositata il 16/02/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 06/07/2017 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.
Dato atto che il Collegio ha disposto la motivazione semplificata.
Fatto
RILEVATO
che:
la Corte di Appello di Genova ha rigettato l’appello proposto dall’Autofficina D.B. s.r.l. in liquidazione avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto solo parzialmente la sua domanda risarcitoria, in relazione ai danni subiti ad un proprio veicolo a seguito del tamponamento da parte di altro mezzo in manovra di retromarcia;
la Corte ha rilevato che l’Autofficina aveva eccepito un vizio processuale (per mancata concessione dei termini ex art. 183 c.c., comma 6), lamentando tuttavia una lesione del diritto alla difesa che atteneva a “circostanze che, se dedotte a prova, non avrebbero potuto essere ammesse perchè non rilevanti”; ha ritenuto, per il resto, di fare proprie le valutazioni e conclusioni del c.t.u., non riconoscendo i maggiori danni pretesi dalla società appellante;
hanno proposto ricorso per cassazione i soci della cessata Autofficina D.B. s.r.l. in liquidazione, affidandosi a cinque motivi; ha resistito Generali Italia s.p.a.;
col primo motivo (“in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3: violazione dell’art. 183 c.p.c., comma 6, e conseguente nullità della sentenza per error in procedendo; violazione degli artt. 24 e 111 Cost.; violazione dell’art. 100 c.p.c.”), i ricorrenti censurano la Corte per avere ritenuto infondata la doglianza relativa alla mancata concessione dei termini ex art. 183 c.p.c., comma 6;
il motivo è inammissibile perchè non attinge adeguatamente la ratio decidendi, basata sull’insussistenza di un concreto pregiudizio alla difesa, omettendo di contrastare in modo specifico l’affermazione della Corte circa l’irrilevanza delle attività istruttorie precluse dall’omessa concessione dei termini;
il secondo, il terzo e il quarto motivo (che deducono l’omesso esame di fatti decisivi, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5) sono inammissibili ex art. 348 c.p.c., comma 5 (applicabile ratione temporis poichè il gravame è stato proposto nel novembre 2012), in quanto la sentenza di appello ha confermato quella di primo grado sulla base delle stesse ragioni inerenti alle questioni di fatto (c.d. doppia conforme);
il quinto motivo (che deduce la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4) è infondato, atteso che la sentenza contiene ampia motivazione – ancorchè effettuata con specifico richiamo alle conclusioni del c.t.u. – a sostegno della decisione adottata;
le spese di lite seguono la soccombenza;
trattandosi di ricorso proposto successivamente al 30.1.2013, sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
PQM
la Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 6 luglio 2017.
Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2017