Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2322 del 01/02/2011
Cassazione civile sez. VI, 01/02/2011, (ud. 24/11/2010, dep. 01/02/2011), n.2322
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RORDORF Renato – Presidente –
Dott. PICCININNI Carlo – rel. Consigliere –
Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –
Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –
Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
T.O., elettivamente domiciliato in Roma, Via D. Barone
31, presso l’avv. BOTTAI Enrico, che lo rappresenta e difende giusta
delega in atti;
– ricorrente –
contro
S.A., elettivamente domiciliato in Roma, Via G.B. De
Rossi 30, presso l’avv. FEROLA Raffaele, che lo rappresenta e difende
giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze n. 1102 del
3.9.2009.
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza del 24.11.2010 dal
Relatore Cons. Dott. Carlo Piccininni;
Udito l’avv. Bottai per il ricorrente;
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CARESTIA Antonietta, che ha concluso riportandosi alla relazione.
FATTO E DIRITTO
Fatto
FATTO E DIRITTO
Il relatore designato ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., osservava quanto segue: ” T.O. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi avverso la sentenza con la quale la Corte di Appello di Firenze in sede di rinvio, nel decidere sulla domanda di S.A. che aveva dedotto l’esistenza di una società di fatto con T.O. e L.U. e sollecitato la liquidazione della quota di sua spettanza, aveva dichiarato cessata la materia del contendere relativamente al rapporto L.U. – T.O. ed aveva condannato quest’ultimo al pagamento di Euro 16.590,00 compensando integralmente le spese relative al primo rapporto e parzialmente quelle concernenti il secondo.
Ha resistito con controricorso S..
In particolare, con i motivi di ricorso T. ha denunciato: 1) la nullità di una società di fatto costituita verbalmente e con conferimenti immobiliari di un solo socio ( T.); 2) la nullità delle prove orali espletate; 3) l’inesistenza di confessione e di documenti decisivi; 4) la nullità ed erroneità delle consulenze tecniche; 5) l’erroneità della statuizione relativa alla rivalutazione monetaria, in ordine alla quale non vi sarebbe stata impugnazione da parte dello S.; 6) la nullità del giudizio di rinvio, per notifica agli eredi del litisconsorte L.U. soltanto dopo oltre due anni dalla notizia del decesso.
Ciò premesso, il relatore propone la trattazione del ricorso in Camera di Consiglio, ritenendolo manifestamente infondato per le seguenti considerazioni.
Il motivo sub 6) è pregiudiziale ed è inconsistente poichè, indipendentemente da ogni considerazione relativa alla mancanza di interesse, la tempestiva riassunzione della causa nei confronti di uno solo dei litisconsorti (come verificatosi nella specie) è sufficiente ad evitare ogni decadenza, e quindi ad impedire l’estinzione del processo prevista dall’art. 393 c.p.c. (C. 02/4488, C. 00/538, C. 98/6829, C. 92/13431, C. 89/3154).
Ad analoghe conclusioni deve poi pervenirsi per quanto riguarda il motivo sub 1), con riferimento al quale va considerato che la Corte di appello ha puntualmente dato seguito alle indicazioni date da questa Corte con la cassazione della sentenza impugnata (accertamento in ordine all’essenzialità o meno del conferimento del T. per la costituzione della società e individuazione del suo apporto), mentre il ricorrente si è limitato a prospettare una difforme interpretazione del materiale probatorio acquisito, senza la rappresentazione dei motivi per i quali la non condivisa valutazione del giudice del merito sarebbe errata.
Risultano infine inammissibili i motivi sub 2), 3), 4) e 5) per difetto di autosufficienza (oltre perchè implicanti inammissibili valutazioni in fatto), non essendo stato specificamente indicato il contenuto delle prospettazioni che sarebbero state colpevolmente ignorate dalla Corte territoriale e, per quanto riguarda il motivo sub 5), non essendo stato neppure dedotto che il parametro di rivalutazione della quota adottato dalla Corte di Appello nella decisione impugnata (secondo indici ISTAT, p. 17), abbia determinato un importo superiore a quello risultante dal diverso criterio suggerito (“rivalutazione delle quote nella misura, determinata secondo equità, del 50%”).
Tali conclusioni sono state per vero contrastate dal ricorrente, che in particolare ha lamentato l’errata interpretazione da parte del giudice di rinvio del principio affermato da questa Corte che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice del merito, non avrebbe limitato al terreno il conferimento del T..
Ritiene tuttavia il Collegio che siano condivisibili le conclusioni del relatore e che, salva la diversa interpretazione degli elementi di fatto acquisiti, non è neppure astrattamente prospettabile il vizio in cui, secondo quanto riferito in memoria, sarebbe incorsa la Corte territoriale, atteso che detto giudice non ha affermato che il conferimento del T. fosse limitato al terreno, ma ha piuttosto valutato se tale conferimento fosse da considerare essenziale (circostanza che avrebbe comportato la nullità dell’intero contratto per mancanza di forma scritta) ovvero no per effetto dell’avvenuto conferimento di altri beni (secondo quanto sostenuto anche dal ricorrente), rispondendo poi negativamente al quesito prospettato.
Ne consegue, conclusivamente, che il ricorso deve esser rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna T.O. al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 24 novembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2011