Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23217 del 18/09/2019

Cassazione civile sez. trib., 18/09/2019, (ud. 03/07/2019, dep. 18/09/2019), n.23217

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – rel. Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sui ricorso 13908-2014 proposto da:

SERA SERENA DI C.A. & C SNC, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA

VIA F. S. BENUCCI 55, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO

VENETTONI, rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONIO DE MARI,

giusta procura a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 318/2013 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 13/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/07/2019 dal Consigliere Dott. LIBERATO PAOLITTO;

udivo il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

TASSONE KATE che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito per ricorrente l’Avvocato MAGRI per delega dell’Avvocato DE

MARI che si riporta agli scritti

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con sentenza n. 318/17/13, depositata il 13 dicembre 2013, la CTR della Campania ha rigettato l’appello proposto da Sera Serena di C.A. & C. S.n.c. avverso la decisione di prime cure che, su ricorso della stessa contribuente, aveva rideterminato, riducendolo del 30%, il valore di un immobile (di mq. 669), – oggetto di compravendita per il convenuto prezzo di Euro 1.000.000,00, – che l’amministrazione aveva rettificato, ai fini dell’imposta ipocatastale, nel maggior importo di Euro 2.007.000,00.

A fondamento del decisum il giudice del gravame ha rilevato che:

– tanto la sentenza impugnata quanto l’avviso di rettifica e liquidazione contenevano “in maniera sufficiente tutti gli elementi per poter consentire al contribuente un’adeguata difesa”;

– il valore di mercato dell’immobile oggetto di compravendita era stato correttamente determinato dal primo Giudice, tenuto conto del “documento prodotto in allegato al ricorso di primo grado” e della circostanza che detto valore (fissato in Euro 2.100,00 al mq., a fronte di quello di Euro 3.000,00 al mq. individuato dall’avviso di rettifica) nemmeno corrispondeva (e risultava inferiore) alla media (pari ad Euro 2.670,00 al mq.) dei valori di mercato ricostruiti dall’Agenzia del Territorio relativamente al secondo semestre dell’anno 2008, valori, questi, che oscillavano tra Euro 1.780,00 (minimo) ed Euro 3.560,00 (massimo).

2. – Sera Serena di C.A. & C. S.n.c. ricorre, per la cassazione della sentenza, articolando due motivi.

L’agenzia delle Entrate si è tardivamente costituita in giudizio al solo fine di partecipare alla discussione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con un primo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, e dell’art. 132 c.p.c..

Si assume, in sintesi, che la motivazione della impugnata sentenza “contiene affermazioni che non fanno alcuna luce sulle ragioni alla base della decisione” quanto agli “elementi di stima” utilizzati per la valutazione dall’amministrazione ed al criterio in concreto adottato con riferimento alla “media tra i due prezzi estremi che è di Euro 2.670 mq.”.

Col secondo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente denuncia violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52, deducendo, in sintesi, che l’atto impugnato difettava di motivazione perchè privo di “ogni riferimento a cespiti analoghi compravenduti nel triennio precedente ovvero al reddito netto di cui l’immobile è suscettibile, così come di alcuna indicazione fornita dal Comune di Napoli”.

Soggiunge la ricorrente che, nella fattispecie, la “genericità e incompletezza della motivazione” si coniugava col “mancato ricorso alla duplicità dei criteri di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51”.

2. – Il primo motivo è destituito di fondamento.

2.1 – Per quanto succinta, difatti, la motivazione della gravata sentenza contiene l’esposizione di tutti gli elementi fattuali che il giudice del gravame ha inteso valorizzare ai fini della verifica del valore di mercato dell’immobile già rideterminato in prime cure.

Posto, difatti, che, – per come deduce la stessa ricorrente, – la decisione di prime cure aveva valorizzato, al fine di rideterminare il valore di mercato del bene oggetto di compravendita (valore ridotto, come si è anticipato, del 30%), lo “stato locativo del cespite”, la sua “vetustà” e la “ubicazione al piano sottostrada”, il giudice del gravame, – rinviando (anche) al contenuto di un “documento prodotto in allegato al ricorso di primo grado”, – ha confermato una siffatta rideterminazione correlandola ad una stima operata dall’Agenzia del Territorio e rimarcando come detta rideterminazione esponesse un valore di mercato inferiore (anche) alla media di quelli ricostruiti (nel minimo e nel massimo) nella detta stima posta a fondamento dell’avviso di rettifica.

Del resto, va rilevato, il motivo di ricorso in esame difetta (anche) di autosufficienza (art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6) quanto all’esposizione delle ragioni sulle quali il giudice del gravame era stato chiamato a decidere, risultando omessa ogni specificazione quanto alla “influenza di significativi elementi, solo in parte valutati” che, in tesi, avrebbero dovuto giustificare la riforma della sentenza di prime cure.

3. – Anche il secondo motivo è destituito di fondamento.

3.1 – Rileva, innanzitutto, la Corte che, diversamente da quanto sembra supporre la ricorrente, il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 3, espone un triplice ordine di presupposti (equiordinati e) legittimanti l’accertamento del maggior valore di commercio del bene immobile oggetto di compravendita, avendo questa Corte precisato, con risalente indirizzo, che l’avviso di rettifica del valore dichiarato, ai fini dell’imposta di registro, può fondarsi, oltre che sul parametro comparativo e su quello del reddito, anche su “altri elementi di valutazione”, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 3, elementi, questi, tra i quali rientra, – oltrechè una stima operata dall’Agenzia del territorio (v. Cass., 26 gennaio 2018, n. 1961; Cass., 10 febbraio 2006, n. 2951), – il riferimento alla destinazione, alla collocazione, alla tipologia, alla superficie, allo stato di conservazione, all’epoca di costruzione dell’immobile oggetto di valutazione (v., ex plurimis, Cass., 13 novembre 2018, n. 29413; Cass., 24 febbraio 2006, n. 4221; Cass., 18 settembre 2003, n. 13817; Cass., 8 marzo 2001, n. 3419).

3.2 – Sempre in tema di motivazione dell’avviso di rettifica, si è, poi, rilevato che, – assolvendo la motivazione dell’atto alla funzione di delimitare l’ambito delle ragioni deducibili dall’Ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa e, al contempo, di consentire l’esercizio del diritto di difesa del contribuente, – l’obbligo in questione deve ritenersi adempiuto mediante l’enunciazione del criterio astratto in base al quale la rettifica è stata operata, laddove (solo) nella eventuale fase contenziosa viene in considerazione l’onere dell’Amministrazione di provare l’effettiva sussistenza dei presupposti fattuali per l’applicazione del criterio prescelto, fase, questa, nella quale il contribuente ha la possibilità di contrapporre altri elementi sulla base del medesimo criterio o di altri parametri (v. già Cass. Sez. U., 26 ottobre 1988, n. 5783, cui adde, ex plurimis, Cass., 26 gennaio 2018, n. 1961; Cass., 6 giugno 2016, n. 11560; Cass., 25 marzo 2011, n. 6914; Cass., 1 dicembre 2006, n. 25624; Cass., 12 maggio 2003, n. 7231; Cass., 19 ottobre 2001, n. 12774; Cass., 8 marzo 2001, n. 3419; Cass., 25 luglio 1997, n. 6958; Cass. Sez. U., 4 gennaio 1993, n. 8; Cass. Sez. U., 21 dicembre 1990, n. 12141); nonchè che la motivazione, con le specificazioni che si rendono necessarie in relazione alle esigenze di difesa del contribuente ed alla necessità di delimitare “la materia del contendere”, deve ritenersi assolta (anche) qualora l’atto rinvii “ai dati contenuti in una stima effettuata dall’UTE” (v. Cass., 3 dicembre 2014, n. 25559; Cass., 25 marzo 2011, n. 6928; Cass., 7 novembre 2005, n. 21515).

Per quanto, poi, (anche qui) il ricorso difetti di autosufficienza con riferimento all’avviso di rettifica impugnato che viene riportato solo in uno stralcio che, peraltro, già opera inequivoco riferimento alla destinazione commerciale dell’immobile, alla sua ubicazione urbanistica ed alla datazione della sua costruzione.

4. – Nulla va disposto quanto alle spese del giudizio di legittimità, non avendo l’Agenzia delle Entrate svolto attività difensiva.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso; nulla per le spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 settembre 2019

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