Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23213 del 18/09/2019
Cassazione civile sez. trib., 18/09/2019, (ud. 05/06/2019, dep. 18/09/2019), n.23213
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –
Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –
Dott. BILLI Stefania – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 29015-2016 proposto da:
HOUSE MANAGEMENT SRL in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE DELLE MILIZIE 114,
presso lo studio dell’avvocato LUIGI PARENTI, che lo rappresenta e
difende giusta delega in calce;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI FIANO ROMANO in persona del Sindaco pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA E. GIANTURCO 1, presso lo
STUDIO PARTENERS LEGALE E TRIBUTARIO, rappresentato e difeso
dall’avvocato DOMENICO APICE giusta delega in calce;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2597/2016 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,
depositata il 03/05/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
05/06/2019 dal Consigliere Dctt. STEFANIA BILII;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
BASILE TOMMASO che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente l’Avvocato TULARIO per delega dell’Avvocato
PARENTI che si riporta agli atti.
Fatto
FATTI RILEVANTI E RAGIONI DELLA DECISIONE
1. La parte contribuente propone due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza con cui la CTR per il Lazio, confermando la pronuncia di primo grado, ha respinto l’appello dalla stessa proposto che aveva impugnato degli avvisi di accertamento riguardanti il parziale o l’omesso pagamento dell’ICI relativo alle annualità 2007, 2008 e 2010. Si tratta di un immobile con destinazione alberghiera che è stato oggetto di interventi di ristrutturazione. La parte contribuente aveva lamentato contestato il criterio di determinazione dell’imponibile, in quanto basato su una rendita catastale attribuita in un’epoca successiva ai periodi d’imposta oggetto di accertamento; aveva lamentato, inoltre, che per le annualità in cui l’edificio era stato interessato da lavori di ristrutturazione l’imposizione doveva avere ad oggetto la sola area fabbricabile, trattandosi di un immobile fatiscente oggetto di demolizione e di interventi successivi di recupero ai sensi della L. n. 457 del 1978, art. 31, comma 1, lett. c), di) ed e).
2. La commissione tributaria regionale, con sentenza depositata il 3 maggio 2016, ha ritenuto che: la società contribuente non ha dimostrato che si trattasse di un immobile fatiscente e di avere proceduto alla demolizione dello stesso o di aver effettuato interventi di recupero ai sensi della normativa sopra richiamata, risultando viceversa che erano stati realizzati solamente di lavori di straordinaria manutenzione; il provvedimento che attribuisce la rendita catastale ha natura dichiarativa e può essere applicato anche a periodi d’imposta antecedenti alla sua emanazione; il giudice di primo grado ha preso atto della pronuncia del giudice tributario, resa in un altro giudizio, contro il provvedimento che ha attribuito alla rendita catastale.
3. Il comune si è costituito con controricorso, mentre la parte contribuente ha depositato memoria.
4. Con il primo motivo la parte contribuente lamenta la violazione e la falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3, lamentando la mancanza o, comunque, la non corretta valutazione degli elementi di prova forniti nel corso del giudizio.
4.1. Il motivo è inammissibile in quanto sollecita una rivisitazione della valutazione probatoria fatta nei precedenti giudizi di merito.
Trattandosi, inoltre, di doppia conforme è inammissibile la censura effettuata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. A tale ultimo proposito il collegio condivide l’orientamento di legittimità, secondo cui, nell’ipotesi di “doppia conforme”, prevista dall’art. 348-ter c.p.c., comma 5 (applicabile, ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012), il ricorrente in cassazione è tenuto ad indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse se intende evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, nel testo riformulato dal citato D.L. n. 83, art. 54, comma 3, ed applicabile alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012.
4.2. Il motivo, in ogni caso, è infondato, in quanto dalla sentenza impugnata risulta accertato che la società contribuente ha effettuato semplicemente lavori di manutenzione straordinaria e ciò trova conferma anche nel controricorso del comune che rinvia allo stesso ricorso introduttivo della società contribuente che richiamando gli atti riporta il contenuto del “permesso a costruire” che fa riferimento appunto al lavori di manutenzione straordinaria.
5. Con il secondo motivo lamenta la violazione e la falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5. Viene censurato il punto della motivazione impugnata in cui si afferma l’irrilevanza della circostanza che la rendita catastale sia stata attribuita in epoca successiva alla ristrutturazione dell’immobile.
5.1. La doglianza non può trovare accoglimento.
5.2. I giudici della sentenza impugnata hanno respinto le censure sulla determinazione della rendita ai fini dell’individuazione della base imponibile sulla base di due motivazioni: la natura dichiarativa del provvedimento che attribuisce la rendita catastale e quindi la sua applicabilità retroattiva ai periodi d’imposta precedenti; l’esistenza di una pronuncia resa in un altro giudizio, di cui ha preso atto il giudice di prime cure, che ha respinto il ricorso della società contribuente avverso il provvedimento che aveva attribuito la rendita catastale.
5.3. La parte contribuente non ha impugnato questo secondo punto autonomo della motivazione che, a questo punto, va ritenuto coperto dal giudicato. E’ da ritenersi, dunque, preclusa qualunque contestazione sulla congruità della rendita catastale definita in altro giudizio.
Con riferimento, infine, alla sentenza prodotta unitamente alla memoria che si sarebbe pronunciata sull’annualità 2009, il collegio osserva che la parte non ne ha dimostrato il passaggio in giudicato.
6. Segue il rigetto del ricorso. Le spese, liquidate in dispositivo, vengono regolate secondo il principio della soccombenza.
PQM
La Corte rigetta il ricorso;
Condanna la parte contribuente a pagare in favore del comune le spese del presente giudizio, che liquida nell’importo di Euro 4.100,00 per compensi, oltre rimborso e spese forfettarie nella misura del 15 % ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento a carico della parte contribuente, dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 5 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 18 settembre 2019