Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23211 del 18/09/2019

Cassazione civile sez. trib., 18/09/2019, (ud. 05/06/2019, dep. 18/09/2019), n.23211

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. BILLI Stefania – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28561-2016 proposto da:

NCL GROUP SRL in persona dell’Amm.re unico e legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA PASUBIO 2, presso

lo studio dell’avvocato MARIA ROSARIA GALELLA, rappresentato e

difeso dall’avvocato MARCO PIZZUTELLI giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MOROLO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3097/2016 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

LATINA, depositata il 18/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/06/2019 dal Consigliere Dott. STEFANIA BILLI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE TOMMASO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato LORETO per delega dell’Avvocato

PIZZUTELLI che si riporta agli atti.

Fatto

FATTI RILEVANTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La parte contribuente propone tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza con cui la CTR per il Lazio, riformando la pronuncia di primo grado, ha accolto l’appello del comune che aveva emesso un avviso di accertamento per l’omesso pagamento dell’ICI relativo all’annualità 2006. La controversia ruota essenzialmente sulla questione se sia oggetto dell’imposta in questione un area sottoposta a vincoli di inedificabilità, in quanto ricadente tra una fascia di rispetto di corso d’acqua ed una fascia di rispetto ferroviario.

2. La commissione tributaria regionale, con sentenza depositata il 18 maggio 2016, ha ritenuto che: aì fini del pagamento dell’Ici l’area è sottoposta a limiti di edificabilità, per l’esistenza di una fascia di rispetto di corso d’acqua; nella specie non si tratta di inedificabilità assoluta; il valore venale del bene è stato stimato correttamente secondo i criteri di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5.

3. Il comune resta intimato, mentre la parte contribuente deposita memoria.

4. Con il primo motivo la parte contribuente lamenta la violazione e la falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, in sè ed in combinato disposto con il D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2, conv. in L. n. 248 del 2006, nonchè della L.R. Lazio n. 24 del 1998, art. 7, in materia di inedificabilità nella fascia di rispetto dai fiumi e del D.P.R. n. 753 del 1980, art. 49, in materia di in edificabilità nella fascia di rispetto ferroviario. Sostiene in proposito la prevalenza delle prescrizioni del piano base paesaggistico regionale sulle previsioni del piano regolatore. Sotto altro profilo afferma il divieto assoluto di edificazione dell’area in quanto collocata nella fascia di rispetto ferroviario.

4.1. Il motivo è infondato per le ragioni di seguito esposte.

4.2. La parte contribuente sostiene che l’area oggetto di imposizione risulta interclusa tra la ferrovia e un fiume, con la conseguenza che non è consentita la realizzazione di alcuna costruzione dovendo rispettare le distanze da entrambe le delimitazioni.

4.3. Con riguardo al profilo relativo al rispetto della distanza dal fiume si ricorda che, ai sensi della L. n. 42 del 2004 , art. 142, lett. c), Codice dei beni culturali e della paesaggio: “Sono comunque di interesse paesaggistico e sono sottoposti alle disposizioni di questo Titolo:….. C) i fiumi, i torrenti, i corsi d’acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna;”.

Il D.Lgs. da ultimo citato, art. 143, al comma 4, prevede che: “Il piano può prevedere:

a) la individuazione di aree soggette a tutela ai sensi dell’art. 142 e non interessate da specifici procedimenti o provvedimenti ai sensi degli artt. 136, 138, 139, 140, 141 e 157, nelle quali la realizzazione di interventi può avvenire previo accertamento, nell’ambito del procedimento ordinato al rilascio del titolo edilizio, della conformità degli interventi medesimi alle previsioni del piano paesaggistico e dello strumento urbanistico comunale;”

Il citato D.Lgs., art. 145, ai commi 3 e 4, nella versione applicabile ratione temporis, prevede che: “le previsioni dei piani paesaggistici di cui agli artt. 143 e 156 non sono derogabili da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico, sono cogenti per gli strumenti urbanistici dei comuni, delle città metropolitane e delle province, sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici stabiliscono norme di salvaguardia applicabili in attesa dell’adeguamento degli strumenti urbanistici e sono altresì vincolanti per gli interventi settoriali. Per quanto attiene alla tutela del paesaggio le disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione di incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette.

4. I comuni, le città metropolitane, le province gli enti gestori delle aree naturali protette conformano o adeguano gli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale alle previsioni dei piani paesaggistici, secondo le procedure previste dalla legge regionale entro i termini stabiliti dai piani medesimi comunque non oltre due anni dalla loro approvazione. I limiti alla proprietà derivanti da tali previsioni non sono oggetto di indennizzo.”

La L.R. Lazio n. 24 del 1998, rubricata Pianificazione paesistica e tutela dei beni delle aree sottoposti a vincolo paesistico, all’art. 7 prevede che: “1. Ai sensi del D.P.R. n. 616 del 1977, art. 82, comma 5, lett. C), sono sottoposti a vincolo paesistico i fiumi, i torrenti ed i corsi d’acqua iscritti negli elenchi di cui al testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933 numero 1775, e le relative sponde o piede degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna, di seguito denominata fascia di rispetto.”

La citata norma, comma 4, prevede che: “il riferimento cartografico per l’individuazione della fascia di rispetto è costituito dalle mappe catastali…”.

Il comma 6 prevede, inoltre, che: “i corsi d’acqua le relative fasce di rispetto debbono essere mantenuti integri e inedificati per una profondità di 150 m per parte; nel caso di canali collettori artificiali, la profondità delle fasce da mantenere integri ed in edificate si riduce a mezzi 50”.

Nel caso di specie la parte deduce che il terreno ricade nella fascia di rispetto dal limite del fiume, ai sensi della sopra citata L.R., art. 7.

4.4. Con riferimento all’ulteriore limite di edificabilità costituito dalla prossimità del terreno alla linea ferroviaria, si tratta di un limite all’edificabilità derivante dall’esistenza di un vincolo legale, quello previsto dal D.P.R. n. 753 del 1980, art. 49, relativo alla necessità di mantenere le costruzioni ad una distanza di almeno trenta metri dalla rotaia più vicina.

In via generale si ritiene che, essendo il limite all’edificabilità imposto per legge in nome di interessi di carattere pubblicistico, per le aree ricadenti nelle fasce di rispetto come, ad esemplo, in materia di distanza dalle strade o dalle autostrade, oltre che, come nella specie, in materia ferroviaria, debba escludersi in radice la vocazione edificatoria. In questo senso si richiama la giurisprudenza di questa Corte resa in materia di esproprio che esclude la natura edificatoria dei terreni sottoposti a detti vincoli (Cass. n. 18544 del 2006; n. 21092 del 2005; n. 11764 del 2001, n. 25668 del 2015, n. 23674 del 2017). In tal senso va dato seguito al principio già espresso, secondo cui: “L’area compresa nella fascia di rispetto ferroviario, prevista dal D.P.R. 11 luglio 1980, n. 753, art. 49, essendo sottoposta a divieto assoluto di edificazione, non è soggetta all’imposta comunale sugli immobili” (Cass. n. 9549 del 2013).

4.5. Nel caso di specie, tuttavia, la parte non ha chiarito come il fondo risulti del tutto ricadente dalle due richiamate fasce di rispetto. Nè si ritiene di ausilio la mappa riportata in ricorso che non rende evidente i limiti del terreno per cui è causa rispetto alle predette fasce. Tali carenze precludono al giudice un vaglio di legittimità.

Va chiarito a tale proposito, infatti, che, ove il terreno ricada interamente nelle fasce di rispetto per effetto dei sopra richiamati vincoli di inedificabilità, il tributo per cui è causa non sarà dovuto; viceversa, ove l’inclusione sia solamente parziale il vincolo o i vincoli incideranno solo sulla determinazione del valore del terreno quale base imponibile (in tal senso vedi Cass. n. 5758 del 2010).

5. Con il secondo motivo lamenta la violazione e la falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5, censurando, in via subordinata la pronuncia nella parte relativa alla determinazione del valore venale del bene.

6. Con il terzo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e art. 118 disp. att. c.p.c., nonchè del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4; si censura che i giudici del merito abbiano omesso la circostanza che il terreno sia gravato da vincoli di inedificabilità e non abbiano quindi affrontato la questione della determinazione del valore dello stesso ai fini dell’individuazione della base imponibile.

7. Il rigetto del primo motivo determina l’assorbimento del secondo e del terzo.

8. Segue il rigetto del ricorso.

9. Nulla sulle spese, stante la mancata costituzione del comune. Condanna la ricorrente al raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 5 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 settembre 2019

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