Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2321 del 03/02/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 2321 Anno 2014
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: GIANCOLA MARIA CRISTINA

SENTENZA

sul ricorso 3001-2008 proposto da:
BIONDO ENRICO (C.F. BNDNRC45T19C351D), elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DELLA PINETA SACCHETTI 177,
presso il prof. LANZA SALVATORE, rappresentato e

Data pubblicazione: 03/02/2014

difeso dall’avvocato LOMBARDO LANZA FRANCESCO,
giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

2013
1942

contro

ZAPPALA’ BENEDETTO, CAMPISI GIUSEPPA, TRUGLIO NICOLA
GIUSEPPE, TRUGLIO MARIA FRANCESCA, BERRETTI ANGELO,

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CALI’ CARMELO, ROSSO EMANUELE, SANFILIPPO GIOVANNI;
– intimati –

avverso la sentenza n. 551/2007 della CORTE
D’APPELLO di CATANIA, depositata il 28/05/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

CRISTINA GIANCOLA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

udienza del 09/12/2013 dal Consigliere Dott. MARIA

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 25.07 ed il 5.08.1993 Enrico Biondo conveniva in
giudizio, innanzi al Tribunale di Catania, Angelo Berretti, Carmelo Cali, Emanuele

di essere socio della Cooperativa Edilizia Sicilia Nuova a r. 1. e di essere prenotatario
di un appartamento nell’immobile sociale in Catania, Viale Nitta 16/a, che i convenuti,
componenti il consiglio di amministrazione, lo avevano indotto a sborsare £.
19.772.554 e che lo stesso consiglio di amministrazione, con delibera n. 155 del 15.
5.1985, lo aveva espulso, impedendogli poi di continuare il pagamento dei ratei del
mutuo relativo all’appartamento prenotato, che, nell’ottobre 1991, era stato pignorato
dalla banca mutuante in quanto gli amministratori avevano omesso il pagamento dei
suddetti ratei per la quota gravante sull’ appartamento; che, con delibera n° 25 del 21.
10.1991, il Commissario Straordinario Regionale aveva dichiarato l’illegittimità
dell’espulsione, riammettendolo con effetto retroattivo nella qualità di socio e
confermando l’assegnazione dell’alloggio, che però non era stata formalizzata per
l’avvenuto pignoramento e per l’inesistenza delle certificazioni di conformità ed
abitabilità dell’immobile e della sussistenza dei requisiti soggettivi degli assegnatari e
che egli aveva appreso che i 65 rogiti di assegnazione precedentemente stipulati erano
“del tutto privi di effetti giuridici”. Tutto ciò premesso, l’attore chiedeva dichiararsi che
egli era stato danneggiato dall’illegittima espulsione e dagli impedimenti frapposti
dagli amministratori al pagamento del mutuo relativo all’appartamento prenotato
nonché dalle altre “omissioni” citate e chiedeva la condanna dei convenuti al
risarcimento del danno, vinte le spese. I convenuti, costituitisi, contestavano la
fondatezza delle domande eccependo anche l’intervenuta prescrizione.

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Rosso, Giovanni Sanfilippo, Benedetto Zappalà e Gaspare Truglio. L’attore esponeva

Il Tribunale di Catania Sezione Stralcio, con sentenza non definitiva in data 10.0518.06.2001 dichiarava l’illegittimità della delibera n 155 del 15.05.1985 adottata dal
consiglio di amministrazione della Cooperativà Edilizia Sicilia Nuova a r. 1. e

prosieguo, rinviando anche la liquidazione delle spese di giudizio alla sentenza
definitiva.
Il Berretti, il Cali, il Rosso, il Sanfilippo, lo Zappalà e gli eredi del Truglio, ossia
Giuseppa Campisi con Maria Carmela e Nicola Giuseppe Truglio impugnavano la
sentenza non definitiva del Tribunale.
Nel frattempo, con successiva sentenza definitiva del 17.07-25.08.2003 il medesimo
Tribunale di Catania, anche in base all’esito della CTU, condannava i convenuti al
pagamento in favore dell’Aiello della somma di E 10.211,67 “a titolo di risarcimento
dei danni per la mancata assegnazione dell’appartamento interno 8, scala C nel lotto
G/I6 di viale Nitta di Catania, somma da rivalutarsi come indicato nella parte motiva”,
oltre agli interessi legali su detta somma rivalutata con decorrenza dalla domanda
(23/07/1993) soddisfo, nonché alle spese di giudizio, comprese quelle relative alla
consulenza tecnica.
Contro la sentenza definitiva il Berretti, il Cali, il Sanfilippo, lo Zappalà, la Campisi e
Maria Carmela e Nicola Giuseppe Truglio, con atto notificato il 26.01.2004,
proponevano appello, resistito dal Biondo, che avverso la medesima pronuncia
definitiva aveva a sua volta e con atto notificato tra il 22 ed il 25.03.2004, proposto
autonomo gravame anche nei confronti del Rosso, contrastato dai primi. L’adita Corte
di appello di Catania disponeva l’integrazione del contraddittorio nei confronti di
Emanuele Rosso, che rimaneva contumace, e successivamente la riunione dei due
gravami. Con sentenza n. 551 del 7.03-28.05.2007 la medesima Corte dichiarava la

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condannava i convenuti al risarcimento del danno in favore dell’Aiello da liquidarsi nel

nullità della sentenza definitiva, rigettava l’appello incidentale del Biondo e, sempre in
accoglimento dell’appello principale, revocava tutte le statuizioni di condanna degli
appellanti contenute nella sentenza impugnata; condannando il Biondo al pagamento in

alle spese di CTU.
La Corte territoriale osservava che dagli atti risultava che con sentenza in data 21.0725.11.2004, avverso la quale il Biondo aveva proposto ricorso per cassazione, la Corte
di appello di Catania, decidendo sull’appello del Berretti, del Cali, del Rosso, del
Sanfilippo, dello Zappalà e degli eredi del Truglio, contro la sentenza non definitiva del
Tribunale di Catania resa in data 10.05-18.06.2001 (che aveva riconosciuto il diritto al
risarcimento del danno in capo all’attore, che poi era stato liquidato dalla sentenza
oggetto del presente procedimento), aveva dichiarato la nullità della sentenza
impugnata e rigettato tutte le domande proposte nei confronti dei convenuti dal Biondo,
che aveva condannato alla rifusione delle spese processuali in favore degli appellanti.
Riteneva inoltre che fosse fondato il motivo dell’appello proposto dagli appellanti
principali avverso la sentenza definitiva secondo cui anche questa sentenza, al pari di
quella non definitiva era affetta da nullità per illegittima costituzione del giudice sotto il
profilo che la cognizione e la decisione della causa era riservata al Tribunale ordinario
in composizione collegiale e non al giudice monocratico a norma dell’art. 11 della
legge 22.07.1997 n. 276, dell’art. 48. secondo comma, dell’ordinamento giudiziario e
dell’art. 50 bis n. 5 c. p. c.. In ordine a tutti gli altri motivi sia dell’appello principale
che di quello incidentale del Biondo rilevava che la sentenza della Corte di Appello di
Catania in data 21.07- 25.11.2004, la cui motivazione era da condividere (sussisteva il
vizio di ultrapetizione relativo alla dichiarazione di illegittimità della delibera n. 155
del 15.05.1985 approvata dal consiglio di amministrazione della Società Cooperativa

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favore degli appellanti principali delle spese processuali dei due gradi di merito oltre

Edilizia Sicilia Nuova a r.l. in quanto pronunciata dal giudice dì primo grado in assenza
di domanda e senza l’indispensabile contraddittorio della Società; era fondata
l’eccezione di prescrizione dell’azione di responsabilità proponibile dal socio, o dai

conseguenze scaturenti dalla delibera n. 155 del 15.05. 1985, in quanto tale azione,
prevista dall’art. 2395 c. c.. applicabile, in forza del rinvio contenuto nell’art 2515 c.c.
alla società cooperativa era stata esercitata oltre il termine di cinque anni dal
compimento dell’atto che aveva pregiudicato il socio o il terzo – l’atto pregiudizievole
addebitato ai componenti il consiglio di amministrazione era stato individuato nella
delibera n. 155 del 15.05.1985. comunicata nel mese di giugno 1985, che aveva sancito
l’espulsione del Biondo, mentre la domanda era stata proposta nel 1993 e quindi dopo
la maturazione del termine quinquennale- la domanda di risarcimento del danno
derivato da altri comportamenti “omissivi” del consiglio di amministrazione era stata
rigettata, non avendo indicato né tanto meno dimostrato il Biondo, sul quale gravava il
relativo onere probatorio, l’inosservanza di doveri, specifici o generali, derivanti dal
mandato ad amministrare, che avessero avuto diretta incidenza sulla sua sfera giuridica
– nessun elemento probatorio era stato fornito in ordine all’esistenza di una procedura
esecutiva relativa ad un mutuo fondiario né in ordine alle altre affermazioni contenute
nell’atto di citazione- non era stato indicato il periodo fino al quale gli appellanti
avevano ricoperto la carica di componenti il consiglio di amministrazione – nessuna
prova era stata fornita sull’asserita illegittimità della delibera n. 155 del 15.05.1985
revocata dal Commissario Straordinario Regionale con delibera n. 25 del 21.10.1991 in
quanto la semplice revoca non implicava l’illegittimità dell’atto revocato tanto più che
non erano mai stati esplicitati gli eventuali profili di illegittimità addebitabili ai
componenti il consiglio di amministrazione), con cui erano state rigettate tutte le

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terzi nei confronti degli amministratori in ordine alle domande relative alle

domande proposte dal Biondo riguardanti l’an debeatur, escludeva che potessero
prendersi in esame, per ragioni di pregiudizialità logica, i motivi di impugnazione
attinenti al quantum debeatur. Pertanto tutte le statuizioni di condanna contenute nella

l’appello incidentale doveva essere rigettato. La domanda di sospensione necessaria del
giudizio d’impugnazione fino alla decisione da parte della Suprema Corte sul ricorso
del Biondo avente per oggetto l’annullamento della sentenza d’appello del 21.0725.11.2004, formulata in comparsa conclusionale dal medesimo Biondo, non poteva
essere accolta, non sussistendo tra le due cause un rapporto di pregiudizialità in senso
tecnico-giuridico ma in senso meramente logico, e d’altra parte non appariva neppure
opportuno il ricorso all’istituto della sospensione facoltativa.
Avverso questa sentenza il Biondo ha proposto ricorso per cassazione affidato a sette
motivi e notificato il 15 ed il 17.01.2008 al Berretti, al Cali, al Sanfilippo, allo Zappalà,
alla Campisi, ai fratelli Truglio nonché a Rosso Emanuele, che non hanno svolto
attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
A sostegno del ricorso il Biondo con i primi cinque motivi reitera i seguenti motivi del
ricorso per cassazione da lui già proposti avverso la sentenza parziale resa dalla Corte
di appello di Catania:
1.

“Violazione e falsa applicazione dell’art. 11 della legge n. 276/1997; dell’art. 50
bis n. 5 del c.p.c.; dell’art. 48, secondo comma, del R.D. n. 12/1941 come modificato
dall’art. 88 della legge n. 353/1990 nonché degli artt. 50 quater, 158 e 161 del c.p.c., in
relazione all’art. 360, nn 3 e 5 del c.p.c.”

2.

“Violazione e falsa applicazione degli artt. 157, 161, 50 quater e 329 del c.p.c.
in relazione all’art 360, nn. 3 e 5 del c.p.c..”.

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sentenza definitiva, oggetto dell’esaminato appello, dovevano essere revocate, mentre

3.

“Violazione e falsa applicazione degli artt. 34, 101, 112 del c.p.c. in relazione
all’art 360, nn. 3 e 5 del c.p.c..”.

4.

“Violazione e falsa applicazione degli artt. 2935, 2943, 2944, 2947 e 2395 c.c.

5.

” Violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c. nonché dell’art. 115 del
c.p.c.- pronuncia contraria alle prove risultanti dagli atti; assenza o, quanto meno,
assoluta insufficienza e incongruità della motivazione riguardo a precise risultanze di
fatto e di diritto prospettate dalla parte appellata e dibattute nel giudizio”.
A questi primi cinque motivi aggiunge:

l.

“Errore in procedendo: Violazione e falsa applicazione degli artt 331 e 332
c,p,c, – illegittimo ordine di integrazione del contraddittorio in causa scindibile”

2. “Violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2395 c.c. e degli artt. 112 e
115 c.p.c., Mancato esame dell’appello sul quantum e mancata motivazione del suo
rigetto, in relazione all’art. 360 nn 3 e 5 del c.p.c.”
Il ricorso è inammissibile.
L’intera gamma delle questioni prospettate nei sette motivi del ricorso risulta, infatti,
coperta dal giudicato interno rilevabile d’ufficio, formatosi a seguito della sentenza di
questa Corte n. 24257 del 2010, la quale, definitivamente statuendo, ha respinto il
ricorso del Biondo avverso la sentenza n. 1171 del 21.07-25.11.2004, con cui la Corte
di appello di Catania, annullata la sentenza di primo grado, aveva respinto le domande
del ricorrente, anche non ravvisando in capo allo stesso l’azionato diritto al
risarcimento.
Come

noto,

la

Cassazione

della

sentenza

non definitiva,

che

abbia giudicato sull’un debeatur, comporta la caducazione ai sensi dell’art. 336,
secondo comma, cod. proc. civ., della sentenza definitiva sul quantuni debeatur con la

8

in relazione all’art 360, nn. 3 e 5 del c.p.c..”.

conseguente inammissibilità del ricorso per Cassazione avverso quest’ultima per
cessazione della materia del contendere oggetto del ricorso stesso (in tema cfr cass. Su
n. 26482 del 2007 nonché cass n. 600 del 1985; n. 1293 del 1986; n. 5644 del 1988; n.

2011).
Non deve statuirsi sulle spese del giudizio di legittimità, non avendo gli intimati svolto
attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 9 dicembre 2013
Il Presidente

2362 del 1989; n. 12226 del 1995; n. 10185 del 2007; n. 26041 del 2010; n. 30780 del

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