Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23209 del 15/11/2016
Cassazione civile sez. III, 15/11/2016, (ud. 26/09/2016, dep. 15/11/2016), n.23209
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –
Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –
Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero 21171 del ruolo generale dell’anno
2014 proposto da:
REGIONE PUGLIA, (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Presidente
V.N., legale rappresentante pro tempore rappresentato e difeso,
giusta procura a margine del ricorso, dall’avvocato Francesco
Damasco (C.F.: DMSFNC60M04E471Q);
– ricorrente –
nei confronti di:
P.M. (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta procura
a margine del controricorso, dall’avvocato Nicola Luigi Santoro
(C.F.: SNTNLL55M10G187G);
– controricorrente –
N.G. (C.F.: (OMISSIS)), rappresentata e difesa, giusta
procura a margine del controricorso, dagli avvocati Nicola Luigi
Santoro (C.F.: SNTNLL55M10G187G) e Candida Bagnulo (C.F.:
BGNCDD73E48G187R)
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza pronunziata dalla Corte di Appello
di Lecce n. 497/2013, depositata in data 28 giugno 2013;
udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data
26 settembre 2016 dal Consigliere Dott. Augusto Tatangelo;
uditi:
l’avvocato Francesco Damasco, per la regione ricorrente;
il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
FATTI E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Regione Puglia agì in giudizio nei confronti di P.M., suo debitore, nonchè del coniuge divorziato dello stesso, N.G., per ottenere la revoca, ai sensi dell’art. 2901 c.c., o in subordine l’accertamento della simulazione di un atto di trasferimento immobiliare da questi stipulato in sede di divorzio.
La domanda fu rigettata dal Tribunale di Brindisi – sezione distaccata di Ostuni.
La Corte di Appello di Lecce ha confermato la decisione di primo grado.
Ricorre la Regione Puglia, sulla base di due motivi, illustrati con memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
Resistono con distinti controricorsi P.M. e N.G..
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “violazione e falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c. e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”.
La regione ricorrente deduce che la corte di appello erroneamente avrebbe ritenuto insussistente la prova del proprio credito per le spese legali relative al procedimento di espropriazione immobiliare promosso contro il P., sebbene la documentazione relativa a tale processo fosse stata acquisita e si trovasse nel proprio fascicolo di parte del primo grado di giudizio.
Il motivo è inammissibile, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4.
In primo luogo, nel ricorso non è richiamato specificamente il contenuto degli atti processuali in cui sarebbe stata allegata l’esistenza, a fondamento dell’azione revocatoria, del credito per le spese legali relative al processo di esecuzione e ne sarebbe stata fornita l’adeguata specificazione, sebbene proprio la mancanza di tali specifiche allegazioni risulti posta a fondamento della decisione impugnata.
Inoltre, è manifestamente insufficiente l’indicazione dei documenti richiamati a sostegno del motivo, genericamente descritti come “la documentazione relativa alla procedura esecutiva immobiliare n. 216/2001” versata nel fascicolo di parte, ma senza specifici richiami ai documenti effettivamente rilevanti, e senza indicazione della loro esatta collocazione nell’ambito del fascicolo processuale.
2. Con il secondo motivo del ricorso si denunzia “violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.
Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.
Secondo parte ricorrente la decisione impugnata violerebbe l’art. 2901 c.c., in quanto non avrebbe tenuto conto della sicura sussistenza del proprio credito nei confronti del P. per le spese legali relative al processo di esecuzione promosso contro di lui, essendo invece irrilevante la eventuale esiguità di tale credito.
La ricorrente deduce che dalla documentazione acquisita agli atti del giudizio di merito risulterebbe che l’originario debito del P. non era stato del tutto estinto con il versamento operato dalla N. in data (OMISSIS), in quanto la convenzione stipulata in tale occasione poneva la condizione del versamento delle spese legali, e non vi fu per tale debito liberazione del P..
Ma non ha prodotto, in allegato al ricorso, il documento invocato a sostegno del motivo, e cioè la richiamata convenzione, dalla quale si dovrebbe dedurre se – pacificamente estinto l’originario debito del P. – residuasse effettivamente l’obbligo di pagamento delle spese dell’esecuzione, in quanto oggetto di espresso accollo da parte del P. stesso e/o della N. (circostanze evidentemente rilevanti ai fini della sussistenza dell’eventus damni), nè ha indicato dove esso sarebbe esattamente allocato nel fascicolo processuale, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.
Va comunque considerato, in proposito, che secondo le stesse allegazioni della ricorrente la procedura esecutiva di espropriazione immobiliare promossa contro il P. ebbe ad oggetto un bene alienato dal debitore con atto trascritto prima della trascrizione del pignoramento (risultando di conseguenza il suddetto il pignoramento del tutto inefficace) e che fu la stessa creditrice procedente a rinunziare agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 629 c.p.c..
In questa situazione, le spese di precetto ed esecuzione, ai sensi dell’art. 306 c.p.c. (disposizione richiamata dall’art. 629 c.p.c. , comma 2), e in ogni caso ai sensi dell’art. 95 c.p.c., non sono certamente ripetibili dal creditore procedente, in mancanza di accordo contrario (nella specie non documentato, come già esposto).
Il preteso “credito residuo” della Regione per spese legali risulta dunque (non solo esiguo, ma addirittura) del tutto insussistente, sulla base degli atti, onde la valutazione dei giudici del merito in ordine all’assenza di prova del cd. eventus damni si sottrae ad ogni censura.
3. Il ricorso è rigettato.
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.
Dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.
P.Q.M.
La Corte:
– rigetta il ricorso;
– condanna l’ente ricorrente a pagare le spese del presente giudizio in favore dei controricorrenti, liquidandole, per ciascuno di essi, in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 26 settembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2016