Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2320 del 01/02/2011

Cassazione civile sez. VI, 01/02/2011, (ud. 28/10/2010, dep. 01/02/2011), n.2320

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 2561/2010 proposto da:

P.B. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, LARGO TRIONFALE 7, presso lo studio dell’avvocato SCIALLA

Mario, che la rappresenta e difende, giusta mandato a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

P.M.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, P.P., PO.

P.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1303/2009 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA

dell’11/09/08, depositata il 23/07/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/10/2010 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIO MAZZIOTTI DI CELSO;

udito l’avvocato Masini Dario, (delega avvocato Scialla a margine

della memoria), difensore della ricorrente che insiste per

l’accoglimento del ricorso;

udito l’avvocato Albini Carlo, (delega avvocato Luigi Manzi),

difensore della controricorrente che si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. RENATO PINOCCHI GHERSI che

concorda con la relazione scritta e conclude per l’inammissibilità

del ricorso.

Fatto

1) G.M.T., P.B., Pa. e P. convenivano in giudizio P.M.L. esponendo: che essi attori erano stati proprietari della quota di un terzo di un immobile in Cassano Ionio del quale era comproprietaria, tra gli altri, P.M.L. la quale aveva proposto di acquistare il bene;

che essi istanti, convinti dalla convenuta che il valore, dell’edificio era modestissimo, avevano accettato la somma di L. 15 milioni offerta dalla convenuta a fronte di una loro iniziale richiesta di L. 80 milioni; che la convenuta aveva venduto l’immobile allo IACP al prezzo di L. 225 milioni dopo trattative con il detto istituto iniziate prima della cessione delle loro quote; che era stato di conseguenza violato l’obbligo di informazione secondo buona fede che la convenuta aveva nei confronti dei comproprietari. Gli attori chiedevano quindi la condanna della convenuta al risarcimento del danno ammontante a L. 120 milioni.

2) P.M.L. si costituiva e chiedeva il rigetto della domanda che i tribunale di Padova, con sentenza 16/5/2003, accoglieva condannando la convenuta al pagamento in favore degli attori di L. 60 milioni.

3) Avverso la detta sentenza la soccombente P.M.L. proponeva gravame al quale resistevano gli attori-appellati.

4) Con sentenza 23/7/2009 la corte di appello di Venezia, in accoglimento del gravame e in riforma dell’impugnata decisione, rigettava la domanda proposta dagli attori.

5) La cassazione della sentenza della corte di appello di Venezia è stata chiesta da P.B. con ricorso affidato a quattro motivi. Ha resistito con controricorso P.M.L., mentre gli intimati Po.Pa. e P. non hanno svolto attività difensiva in sede di legittimità.

6) Il procedimento – in quanto promosso con ricorso avverso una sentenza depositata successivamente alla data di entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69 e, quindi, regolato dall’art. 360 c.p.c., e segg., con le modifiche e integrazioni apportate dalla predetta legge – è stato rimesso dal consigliere relatore nominato ex art. 377 c.p.c., alla Camera di consiglio con relazione comunicata al Procuratore Generale e notificata ai difensori delle parti costituite che hanno depositato memorie e documenti concernenti le relate delle avvenute noti fiche ai la ricorrente della sentenza impugnata e alla resistente P.M.L. del ricorso.

Diritto

Innanzitutto va rilevato che, come dedotto dalla ricorrente nella memoria depositata in prossimità della udienza camerale e come emerge dalla lettura degli atti del giudizio di secondo grado, G. M.T. – parte del giudizio di primo grado nella veste di attrice – è deceduta con successiva costituzione, quali eredi della defunta, di P.B. (ricorrente) e degli intimati non costituiti Pa. e P.P..

Tanto premesso va dichiarata l’inammissibilità del ricorso – per tardività – in accoglimento della richiesta in tal senso formulata dalla resistente P.M.L. e dal Procuratore Generale.

Al riguardo va evidenziato che dalla consentita lettura degli atti processuali risultano i seguenti dati:

a) La sentenza della corte di appello di Venezia n. 1303/2003 impugnata dalla ricorrente P.B. è stata a questa ritualmente notificata – presso il suo procuratore costituito – in data 19/11/2009 e non 20/11/2009 come erroneamente indicato nell’intestazione del ricorso.

b) La notifica de ricorso a P.M.L. è stata tentata una prima volta in data 18/1/2010 preso il procuratore costituto;

tale notifica non è però andata a buon fine in quanto il detto procuratore costituito (avvocato Federico Bianchini) è risultato “cancellato dall’ordine degli avvocati di Venezia sin dall’anno 2004”.

c) Il ricorso è stato quindi notificato a P.M.L. – presso il suo domicilio e presso la cancelleria della corte di appello di Venezia – con atto consegnato all’ufficiale giudiziario in data 19/1/2010, ossia oltre il termine perentorio, prescritto dall’art. 325 c.p.c., comma 2, di sessanta giorni dalla notifica della sentenza impugnata (termine scadente il 18/1/2010).

Ciò posto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in applicazione dei seguenti principi affermati di recente dalle Sezioni Unite di questa Corte:

– In tema di impugnazione, la notifica presso il procuratore costituito o domiciliatario va effettuata nel domicilio da lui eletto nel giudizio, se esercente l’ufficio in un circondario diverso da quello di assegnazione, o, altrimenti, nel suo domicilio effettivo, previo riscontro, da parte del notificante, delle risultanze dell’albo professionale, dovendosi escludere che tale onere di verifica – attuabile anche per via informatica o telematica – arrechi un significativo pregiudizio temporale o impedisca di fruire, per l’intero, dei termini di impugnazione. Ove, peraltro, la notifica in detti luoghi abbia avuto ugualmente esito negativo per caso fortuito o forza maggiore (per la mancata od intempestiva comunicazione del mutamento del domicilio o per il ritardo della sua annotazione ovvero per la morte del procuratore o, comunque, per altro fatto non imputabile al richiedente attestato dall’ufficiale giudiziario), il procedimento notificatorio, ancora nella fase perfezionativa per il notificante, può essere riattivato e concluso, anche dopo il decorso dei relativi termini, mediante istanza al giudice “ad quem”, corredata dall’attestazione dell’omessa notifica, di fissazione di un termine perentorio per il completamento della notificazione ovvero, ove la tardiva notifica dell’atto di impugnazione possa comportare la nullità per il mancato rispetto dei termini di comparizione, per la rinnovazione dell’impugnazione ai sensi dell’art. 164 cod. proc. civ. (sentenza 18/2/2009 n. 3818);

– L’impugnazione presso il procuratore costituito, e/o domiciliatario della parte, per soddisfare gli oneri imposti dall’art. 330 c.p.c., va effettuata nel domicilio da lui eletto nel giudizio, se esercente l’ufficio in un circondario diverso da quello di assegnazione, o, altrimenti, nel suo domicilio effettivo, previo riscontro dell’albo professionale, e, nel caso di esito negativo della notifica richiesta in detti luoghi non imputabile al notificante, il procedimento notificatorio può essere riattivato e concluso, anche dopo il decorso dei relativi termini, mediante istanza al giudice “ad quem” di fissazione di un termine perentorio per completare la notifica, depositata contestualmente all’attestazione dell’omessa notifica, nel termine previsto per la costituzione della parte nel caso di regolare instaurazione del contraddittorio; ove, poi, la tardiva notifica dell’atto di impugnazione possa comportarne la nullità per il mancato rispetto dei termini di comparizione, l’istanza deve contenere la richiesta al giudice di fissare, a norma dell’art. 164, c.p.c., un termine perentorio per la rinnovazione dell’impugnazione (sentenza 19/2/2009 n. 3960);

– In tema di notificazioni degli atti processuali, qualora la notificazione dell’atto, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha la facoltà e l’onere – anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo, atteso che la richiesta di un provvedimento giudiziale comporterebbe un allungamento dei tempi del giudizio – di richiedere all’ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio, e, ai fini del rispetto del termine, la conseguente notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, semprechè la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie (sentenza 24/7/2009 n. 17352);

– A seguito della sentenza n. 477 del 2002 della Corte costituzionale – secondo cui la notifica di un atto processuale si intende perfezionata, per il notificante, al momento della consegna del medesimo all’ufficiale giudiziario – la tempestività della proposizione del ricorso per cassazione esige che la consegna della copia del ricorso per la spedizione a mezzo posta venga effettuata nel termine perentorio di legge e che l’eventuale tardività della notifica possa essere addebitata esclusivamente a errori o all’inerzia dell’ufficiale giudiziario o dei suoi ausiliari, e non a responsabilità del notificante; pertanto, la data di consegna all’ufficiale giudiziario non può assumere rilievo ove l’atto in questione sia “ab origine” viziato da errore nell’indicazione dell’esatto indirizzo del destinatario, poichè tale indicazione è formalità che non sfugge alla disponibilità del notificante (sentenza 30/3/2010 n. 7607).

Conseguentemente, in adesione agli orientamenti giurisprudenziali in materia e alle relative motivazioni, nella specie deve ritenersi ingiustificata la ripresa del procedimento notificatorio essendo imputabile alla richiedente la mancata notifica del ricorso presso un procuratore cancellato dall’albo degli avvocati: al riguardo è appena il caso di rilevare, tra l’altro, l’agevole consultazione degli albi e la loro informatizzazione ed accessibilità telematica.

Deve in definitiva essere dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza notificata alla ricorrente in data 19/11/2009 essendo stato proposto dopo il decorso del termine breve di cui all’art. 325 c.p.c., comma 2, scadente il 18/1/2010 e non avendo la ricorrente documentato che l’esito negativo della prima notifica anteriormente richiesta per la cancellazione dall’albo degli avvocati del procuratore costituito della controparte era ascrivibile alla impossibilità dell’accettabilità presso l’albo della detta cancellazione.

Sussistono tutti i presupposti per la compensazione integrale tra le parti costituite delle spese del giudizio di cassazione tenuto conto delle oscillazioni giurisprudenziali (solo di recente risolte dalle Sezioni Unite) in tema di omessa notifica dell’atto di impugnazione presso il procuratore costituito della parte.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e compensa per intero tra le parti costituite le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 28 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2011

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