Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23195 del 23/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 23/10/2020, (ud. 02/10/2019, dep. 23/10/2020), n.23195

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – rel. Consigliere –

Dott. D’AURIA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 16462/2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso

cui è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

ELGA COSTRUZIONI S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, domiciliata in Roma, presso la cancelleria della Corte di

cassazione, rappresentata e difesa dagli Avv. Angelo Cima e Pietro

Colucci giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 236/3/16 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DEL MOLISE, depositata il 6 maggio 2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 2

ottobre 2019 dal Consigliere Dott. MUCCI ROBERTO.

 

Fatto

CONSIDERATO

che:

1. la CTR del Molise ha accolto il gravame interposto da Elga Costruzioni s.r.l. avverso la sentenza della CTP di Campobasso di rigetto del ricorso della società contro il diniego di rimborso del credito IVA dell’anno 2012 per Euro 126.955,00 ai sensi della L. 23 dicembre 1994, n. 724, art. 30, comma 4, sulle società di comodo;

2. la CTR ha ritenuto, in sintesi, che: a) erroneamente la CTP ha affermato l’inapplicabilità del termine di 60 giorni concesso al contribuente per fornire chiarimenti a seguito della mancata presentazione dell’istanza di disapplicazione della normativa della citata L. n. 724 del 1994, ex art. 30, comma 4-bis, per oggettive condizioni, dovendo invece essere sempre garantito, per principio generale, il contraddittorio endoprocedimentale a prescindere dal tipo di controllo sostanziale effettuato e dal nomen iuris dell’atto che ne contenga le relative risultanze, e ciò anche in difetto di espressa e specifica disposizione normativa, a pena di nullità dell’atto; b) in ogni caso, trattandosi di tributo armonizzato e valendo l’insegnamento di Sez. U, 6 ottobre 2015, n. 24823, “il contribuente in sede di contraddittorio, avrebbe sicuramente potuto produrre elementi difensivi che poi sono stati presentati in seguito alla impugnazione del provvedimento” (p. 7 della sentenza); c) la mancata presentazione dell’istanza di disapplicazione da parte della società non inibisce alla stessa di dimostrare in sede contenziosa l’esistenza di cause di disapplicazione e “nel caso di specie la società appellante ha adeguatamente documentato l’esistenza di obiettive situazioni che hanno causato la perdita sistematica” (p. 7); d) l’ampliamento da 3 a 5 anni del periodo di osservazione previsto per l’applicazione della disciplina delle società in perdita sistematica, recato dal D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175, art. 18, ha effetto retroattivo, “trattandosi di disposizione di tipo procedimentale che interviene sulle regole che governano l’accertamento” (p. 7);

3. avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate affidato a tre motivi, cui replica Elga Costruzioni con controricorso.

Diritto

RITENUTO

che:

4. con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37-bis e della L. n. 724 del 1994, art. 30: la norma antielusiva di cui al citato D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37-bis, erroneamente ritenuta applicabile dalla CTR, è estranea al caso di specie poichè l’atto di diniego è stato emesso ai sensi della L. n. 724 del 1994, art. 30, comma 4, primo periodo, non avendo la società effettuato operazioni rilevanti nel triennio 2009-2011, sicchè il credito maturato e riportato nel quarto anno (2012) non può essere utilizzato e nemmeno chiesto a rimborso; la mancata effettuazione di operazioni rilevanti non rientra nella casistica delle condotte antielusive, peraltro da contestarsi unicamente nella forma dell’avviso di accertamento, e quindi non richiede il preventivo contraddittorio, nè la società ha presentato l’istanza di disapplicazione, con conseguente legittimità del diniego;

4.1. il mezzo è fondato, non avendo base alcuna – nè positiva, nè di diritto vivente – il radicale assunto della CTR secondo cui il contraddittorio endoprocedimentale sarebbe “elevato a vero e proprio diritto del contribuente immanente nell’ordinamento, cui dare attuazione anche in difetto di una espressa e specifica previsione normativa” (p. 6 della sentenza);

4.2. deve premettersi, in aderenza alla fattispecie in esame, che – come affermato da Sez. 5, 21 ottobre 2015, n. 21358 – in materia di società di comodo, i parametri previsti dalla L. n. 724 del 1994, art. 30, nel testo risultante dalle modifiche apportate dal D.L. n. 223 del 2006, art. 35, convertito nella L. n. 248 del 2006, sono fondati sulla correlazione tra il valore di determinati beni patrimoniali ed un livello minimo di ricavi e proventi, il cui mancato raggiungimento costituisce elemento sintomatico della natura non operativa della società, spettando, poi, al contribuente fornire la prova contraria e dimostrare l’esistenza di situazioni oggettive e straordinarie, specifiche ed indipendenti dalla sua volontà, che abbiano impedito il raggiungimento della soglia di operatività e di reddito minimo presunto;

4.3. ciò posto, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali è sufficiente richiamare Sez. U, 9 dicembre 2015, n. 24823 (invero mal applicata dalla CTR, che pur la cita) la quale afferma, per gli accertamenti a fini IRPEG e IRAP, che non sussiste per l’amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale per i detti accertamenti, assoggettati esclusivamente alla normativa nazionale, vertendosi in ambito di indagini cd. a tavolino; puntualizzano poi le Sezioni Unite che “l’amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purchè il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati” (e dunque per l’IVA), mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicchè esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito”;

4.4. orbene, pacifica la mancata presentazione da parte della contribuente dell’istanza di disapplicazione, all’evidenza non regge l’apodittico assunto della CTR secondo cui, se il contraddittorio fosse stato instaurato, sicuramente la contribuente avrebbe potuto produrre elementi difensivi (cfr. p. 7 della sentenza);

5. con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 1 e 36, in combinato disposto con all’art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c.: secondo la ricorrente, la sentenza impugnata è nulla per difetto assoluto di motivazione, avendo la CTR solo affermato l’avvenuta allegazione e dimostrazione, da parte della società, delle oggettive situazioni di perdita sistematica ai fini della disapplicazione della normativa;

5.1. il mezzo è manifestamente fondato: il brano della sentenza “(…) nel caso di specie la società appellante ha adeguatamente documentato l’esistenza di obiettive situazioni che hanno causato la perdita sistematica.” è infatti un mero asserto affatto insufficiente ad integrare il minimo motivazionale esigibile;

6. con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 12 preleggi e del D.Lgs. n. 175 del 2014, art. 18: erroneamente la CTR avrebbe affermato (v. retro, sub 2 d) l’applicazione retroattiva di norme ritenute procedimentali in violazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 3 che vieta l’applicazione retroattiva delle disposizioni tributarie;

6.1. il mezzo è manifestamente fondato, essendo l’affermazione della CTR errata in diritto;

6.2. va infatti ribadito il consolidato principio – affermato da Sez. 5, 2 aprile 2003, n. 5015, nonchè dalla successiva conforme Sez. 5, 9 dicembre 2009, n. 25722 e poi ulteriormente ripreso – secondo cui “In tema di efficacia nel tempo di norme tributarie, in base alla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 3 (cosiddetto Statuto del contribuente), il quale ha codificato nella materia fiscale il principio generale di irretroattività delle leggi stabilito dall’art. 12 delle disp. gen., va esclusa l’applicazione retroattiva delle medesime salvo che questa sia espressamente prevista”;

6.3. inoltre, l’affermazione della CTR cozza contro il disposto del D.Lgs. n. 175 del 2014, art. 18, comma 3, che espressamente dispone l’ampliamento temporale a cinque del periodo di osservazione previsto per l’applicazione della disciplina sulle società di comodo a decorrere dal periodo d’imposta 2014, dunque successivo a quello qui in esame;

6.4. infine, in linea generale, la previsione in questione ha natura sostanziale (cfr., sia pure con riferimento all’applicazione degli studi di settore alle società di comodo, Sez. 5, 17 luglio 2018, n. 18912), essendo idonea ad incidere direttamente sulla decisione di merito, sicchè è priva di efficacia retroattiva; ciò in accordo con l’indirizzo consolidato secondo cui hanno natura sostanziale, e non processuale, le norme che consistono in regole di giudizio la cui applicazione comporta una decisione di merito, di accoglimento o di rigetto della domanda, mentre hanno carattere processuale le disposizioni che disciplinano i modi di deduzione, ammissione e assunzione delle prove oppure fissano semplici criteri di regolamentazione della procedura di accertamento o di riscossione di un tributo.

7. In conclusione, il ricorso deve essere accolto con rinvio alla CTR del Molise che, in diversa composizione, procederà a nuovo esame attenendosi ai principi surrichiamati e provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Molise, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 2 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2020

 

 

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