Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23193 del 17/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 17/09/2019, (ud. 04/04/2019, dep. 17/09/2019), n.23193

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3223-2018 proposto da:

V.A.M., M.M., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA DELLE QUATTRO FONTANE N. 161, presso lo studio

dell’avvocato ANGELO ANGLANI, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ANTONIO TOLA;

– ricorrenti –

contro

BANCA POPOLARE DI VICENZA SPA IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA,

in persona dei Commissari liquidatori, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA OMBRONE N. 14, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

FILIPPO MARIA LA SCALA, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2624/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 14/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. VINCENTI

ENZO.

Fatto

RITENUTO

che, con ricorso affidato a due motivi, V.A.M. e M.M. hanno impugnato la sentenza della Corte d’Appello di Milano, resa pubblica in data 14 giugno 2017, che ne accoglieva parzialmente il gravame avverso la decisione del Tribunale della medesima Città, limitando, così, la dichiarata inefficacia, ai sensi dell’art. 2901 c.c., dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale alla quota dell’immobile di proprietà del V.;

che la Corte territoriale, per quanto ancora rileva in questa sede, riteneva: 1) la sussistenza dell’eventus damni giacchè, a prescindere dal fatto, pur rilevante, che l’immobile era entrato nel patrimonio del fideiussore immediatamente prima di allontanarsene con la costituzione del fondo patrimoniale, l’acquisto dell’immobile era avvenuto non solo attraverso l’importo ottenuto con il mutuo, ma anche con ulteriori disponibilità economiche preesistenti nel patrimonio, il cui venir meno aveva comportato un pregiudizio delle garanzie creditorie; 2) la sussistenza in capo al fideiussore della consapevolezza del pregiudizio arrecato al creditore in quanto, pur in presenza del contratto quadro intervenuto con la GDI (Gioielli d’Italia S.r.l.), il fideiussore, a fini liberatori, avrebbe dovuto verificare l’adempimento degli obblighi contrattuali da parte della suddetta società;

che resiste con controricorso Banca Popolare di Vincenza S.p.a. in liquidazione coatta amministrativa;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

a) con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c., comma 1, nonchè, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo, per aver la Corte territoriale, omettendo di valutare il fatto della contrazione ad opera del fideiussore del mutuo fondiario sull’immobile oggetto di controversia, erroneamente dichiarato la revoca di un atto dispositivo in difetto del requisito dell’eventus damni, dato dalla mancata dimostrazione ad opera della Banca della possibilità di rivalersi sul bene immobile destinato nel fondo patrimoniale in quanto tanto capiente da soddisfare sia il creditore ipotecario sia il suo credito chirografario;

a.1) Il motivo è inammissibile.

Nel giudizio di Cassazione è preclusa alle parti la prospettazione di nuove questioni di diritto o di nuovi temi di contestazione che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito (tra le molte, Cass. n. 19164/2007), tale essendo la censura prospettata circa il conflitto tra un creditore ipotecario ed un creditore chirografario, in quanto il ricorrente non ha affatto dato contezza (anche in forza del disposto di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) di aver già in primo grado, tempestivamente, e poi in sede di gravame, di aver allegato e dedotto in ordine all’anzidetta doglianza. Ciò, in via assorbente, senza tener conto che, alla stregua della giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte (Cass. n. 16793/2015; Cass. n. 11892/2016; Cass. n. 13172/2017; Cass. n. 5860/2018), in tema di azione revocatoria ordinaria, l’esistenza di una ipoteca sul bene oggetto dell’atto dispositivo, ancorchè di entità tale da assorbirne, se fatta valere, l’intero valore, non esclude la connotazione di quell’atto come eventus damni (presupposto per l’esercizio della azione pauliana), atteso che la valutazione tanto della idoneità dell’atto dispositivo a costituire un pregiudizio, quanto della possibile incidenza, sul valore del bene, della causa di prelazione connessa alla ipoteca, va compiuta con riferimento non al momento del compimento dell’atto, ma con giudizio prognostico proiettato verso il futuro, per apprezzare l’eventualità del venir meno, o di un ridimensionamento, della garanzia ipotecaria;

b) con il secondo mezzo è prospettato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo in causa, per aver il giudice di appello erroneamente accolto la domanda creditrice senza considerare il fatto che, nell’ambito del procedimento a cognizione sommaria tenutosi nel 2009, il Tribunale di Milano avesse accertato che nel settembre del 2008 – periodo successivo alla costituzione del fondo patrimoniale datata gennaio 2008 – il V. confidava appieno sulla solidità finanziaria di Valenti Gioiellieri, in quanto manifestava la sua disponibilità a riacquistare il 40% delle quote societarie; di qui l’insussistenza dell’ulteriore requisito della scientia damni;

b.1) il motivo è inammissibile, giacchè l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., S.U., 8053/2014). Nella specie, la Corte ha valutato il fatto che il V. si era reso disponibile (tramite il contratto quadro intervenuto con la GDI s.r.l.) al riacquisto delle quote della stessa s.r.l., ritenendo, però, non rilevante, nè decisiva tale circostanza;

che il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile e i ricorrenti, in solido tra loro, condannati al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso;

condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-3 Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 4 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2019

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