Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23191 del 15/11/2016


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Cassazione civile sez. III, 15/11/2016, (ud. 21/04/2016, dep. 15/11/2016), n.23191

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – rel. Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8300/2013 proposto da:

M.M., (OMISSIS), MO.AN. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA COSTANTINO MORIN 34, presso lo studio

dell’avvocato PAOLO DE PERSIS, rappresentati e difesi dall’avvocato

PIERLUIGI ANGELONI giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

DUOMO-UNIONE ASSICURAZIONI SPA, in persona del suo procuratore

speciale Dott. B.A., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA MARCO ATTILIO 14, presso lo studio dell’avvocato MARIO

MATTICOLI, che la rappresenta e difende giusta procura speciale in

calce al ricorso notificato;

– controricorrente –

e contro

C.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 596/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 01/02/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/04/2016 dal Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;

udito l’Avvocato GIULIA PURCARO per delega non scritta;

udito l’Avvocato MARIO MATTICOLI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

I FATTI

M.M. e Mo.An. convennero dinanzi al Tribunale di Latina C.M., chiedendone la condanna al risarcimento dei danni da loro subiti a seguito di un incidente stradale – la cui responsabilità venne incontestamente attribuita in via esclusiva al convenuto.

Il giudice di primo grado accolse la domanda.

La corte di appello di Roma, investita dell’impugnazione proposta dagli attori in prime cure, che lamentavano una insufficiente liquidazione del danno e delle spese processuali, la rigettò.

Per la cassazione della sentenza della Corte capitolina gli appellanti hanno proposto ricorso sulla base di 3 motivi di censura.

Resiste con controricorso la Duomo assicurazioni, contumace in grado d’appello.

Diritto

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato.

Va in limine rilevata l’infondatezza dell’eccezione di intempestività del ricorso sollevata dalla resistente.

Il ricorso è difatti tempestivo.

Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione di legge ex art. 2699 e segg., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per la inconsistente motivazione in ordine alla prova documentale sul danno materiale prodotta in giudizio.

Il motivo è privo di pregio.

La sentenza della Corte di merito si è adeguata, in tema di danno da fermo tecnico, al più recente orientamento espresso da questa Corte in subiecta materia (Cass. 20620/2015), che ne esclude ogni automatismo, ritenendolo irrisarcibile in assenza di efficace dimostrazione delle spese sostenute per procacciarsi un mezzo sostitutivo ovvero della perdita subita per la rinuncia forzata ai proventi ricavabili dall’uso del mezzo (nella specie, ad abundantiam, il giudice territoriale non manca di considerare come il veicolo fosse, nella specie, andato completamente distrutto).

A tale orientamento il collegio intende dare continuità.

Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per omessa correttezza giuridica e di coerenza logico-formale delle argomentazioni svolte sulla quantificazione e liquidazione del danno da lesioni e di quello specifico all’attività lavorativa, onde sentir acclarare la utile valenza probatoria dei documenti prodotti in giudizio.

Il motivo è manifestamente infondato.

Esso si infrange, difatti, sul corretto impianto motivazionale adottato dal giudice d’appello nella parte in cui ha valutato e quantificato tanto il danno biologico, rettamente inteso, ex lege, come lesione incidente sulle attività dinamico-relazionali del soggetto, quanto, con esso, separatamente, il pregiudizio morale, escludendo poi, con ampia e articolata motivazione, scevra da vizi logico-giuridici, che il collegio interamente condivide, la risarcibilità del danno da ridotta capacità lavorativa, ritenendo la relativa richiesta fondata su elementi di fatto non già certi ed obbiettivi, bensì soltanto presunti ed ipotetici – gli stessi elementi che, ancor oggi, con argomentazioni volte ad un riesame del merito della vicenda, del tutto improponibile in questa sede, infondatamente rappresenta il ricorrente.

Con il terzo motivo, si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa le conseguenze fisiche e psichiche del danneggiato, ancora in violazione dell’art. 2043 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, anche in riferimento all’adozione di errati strumenti per la liquidazione del danno, per violazione del D.M. n. 575 del 1994, art. 6 e per omessa considerazione della mala gestio.

Il motivo in disparte la questione della malagestio, patentemente inammissibile per novità non ha giuridico fondamento.

La quantificazione del danno operata dalla Corte territoriale, risulta, difatti, del tutto conforme a diritto, essendosi adeguata, quanto al danno biologico, alle risultanze della CTU, ed avendo poi riconosciuto, a titolo di danno morale, una ulteriore somma, equitativamente determinata, in assenza di qualsivoglia specifica prova sulla particolare afflittivià della vicenda nella sfera interiore del soggetto leso.

Nessuna prova del pregiudizio subito a seguito dell’adozione delle tabelle romane in luogo di quelle milanesi viene poi fornita dal ricorrente.

Quanto alle spese legali, in sede di merito risultano correttamente applicati i criteri legali, coniugati con la discrezionalità riconosciuta al giudicante in subiecta materia. Il ricorso è pertanto rigettato.

Le spese del giudizio di Cassazione seguono il principio della soccombenza.

Liquidazione come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione, che si liquidano in complessivi Euro 7200, di cui Euro 200 per spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il controricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 21 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2016

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