Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2319 del 31/01/2018


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 2319 Anno 2018
Presidente: TRAVAGLINO GIACOMO
Relatore: SCRIMA ANTONIETTA

SENTENZA
sul ricorso 10407-2015 proposto da:
FORNITI LORENA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO
PACINOTTI 5/D, presso lo studio dell’avvocato MARIA CHIEFARI,
rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI BISI giusta procura
speciale in calce al ricorso;
– ricorrente contro
FIN.BAR. SRL in persona del legale rappresentante pro tempore
RUINI RAFFAELLA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA
GIULIANA 101, presso lo studio dell’avvocato MARIO PISELLI, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANTONIO MAURO
PIFFERI giusta procura speciale in calce al controricorso;

Data pubblicazione: 31/01/2018

GARETTI ROBERTA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA
GIULIANA 101, presso lo studio dell’avvocato ANNAMARIA GALEAZZI,
rappresentata e difesa dall’avvocato ROBERTO FERRARI giusta
procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrenti –

BOLOGNA, depositata 11 13/10/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
02/02/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
ALBERTO CARDINO che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato ANTONIO BALDINI per delega;
udito l’Avvocato MARIO PISELLI anche per delega.
FATTI DI CAUSA
Nel 2011 Lorena Forniti propose opposizione a d.i. chiesto ed
ottenuto, nei suoi confronti, da Roberta Garetti, quale cedente
dell’azienda commerciale all’opponente, a titolo di regresso per
l’importo corrisposto per canoni di locazione alla società FIN.BAR.
S.r.I., locatrice dell’immobile aziendale, a seguito di transazione
stipulata con detta società in data 12 gennaio 2010.
L’opponente, deducendo l’inopponibilità nei suoi confronti della
transazione cui era rimasta estranea, chiese la revoca del d.i. nonché
di chiamare in causa la locatrice, con la quale, a sua volta, aveva
raggiunto in data 5 marzo 2010 un separato accordo transattivo
sull’intero debito sociale, al fine di sentirla condannare a manlevare
e/o a tenere indenne la Forniti dal pagamento di ogni somma chiesta
in via di regresso dalla Garetti, previo riconoscimento della
responsabilità contrattuale della chiamata per comportamento in mala
fede, consistito nell’averle taciuto dell’accordo in precedenza
raggiunto con la Garetti.

Ric. 2015 n. 10407 sez. 53 – ud. 02-02-2017
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avverso la sentenza n. 1988/2014 della CORTE D’APPELLO di

Si costituì l’opposta chiedendo il rigetto dell’opposizione.
La chiamata in causa si costituì, a sua volta, deducendo
l’infondatezza di ogni pretesa avanzata nei suoi confronti.
Con sentenza n. 55 del 15 ottobre 2012, il Tribunale di Modena Sezione distaccata di Sassuolo confermò il d.i. e rigettò la domanda

Avverso detta sentenza Lorena Forniti propose gravame al quale
resistettero entrambe le appellate, chiedendone il rigetto.
La Corte di appello di Bologna, con sentenza depositata in data 13
ottobre 2014, rigettò l’appello e condannò l’appellante alle spese di
quel grado.
Avverso la sentenza della Corte territoriale Lorena Forniti ha
proposto ricorso per cassazione basato su tre motivi.
FIN.BAR. S.r.l. e Roberta Garetti hanno resistito con distinti
controricorsi.

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo si lamenta «Erronea e/o falsa applicazione
degli artt. 1292, 1304 e 1965 c.c. in relazione agli artt. 1362, 1366 e
1367 c.c. – Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio».
Sostiene la ricorrente che la Corte di merito, «nel verificare la
portata “espressa” della transazione conclusa tra la Forniti e la
FIN.BAR. non ha … esaminato un fatto decisivo per il giudizio e cioè
l’esatto tenore letterale della transazione stessa; essa ha inoltre
erroneamente applicato le norme in materia di interpretazione del
contratto, non attribuendo alcuna efficacia alla parola “connessa” alla
causa civile».
Inoltre, ad avviso della ricorrente, la Corte di merito sarebbe
«giunta alla conclusione, sulla base di un raffronto sommario degli
importi oggetto di transazione, che le transazioni intercorse tra le
parti in causa sarebbero “pro quota”, nonostante non sia dato sapere
dalla lettura della sentenza quale fosse il complessivo debito (“oltre
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proposta nei confronti della FIN.BAR. S.r.l..

dodicimila euro”) e soprattutto di che percentuale o frazione fossero
le rispettive “quote”»; la medesima Corte avrebbe altresì «omesso di
esaminare un altro dato decisivo … e cioè che la domanda
riconvenzionale alla quale la Forniti aveva rinunciato con la
transazione stipulata con la FIN.BAR era pari a C 13.111»,

titolo giudiziale, era stato espressamente inserito nell’atto di
transazione e quindi valutato nell’economia dell’accordo transattivo e
che in nessuno dei due gradi di giudizio di merito era stata fornita la
prova che l’attuale ricorrente fosse a conoscenza della pregressa
stipulazione da parte della FIN.BAR. di una transazione “pro quota”
con l’obbligata in solido Garetti».
Conclusivamente, secondo la Forniti, la sentenza impugnata
sarebbe «censurabile per violazione di legge, oltre che per palese
vizio di motivazione per non aver [la Corte di merito] esaminato dati
documentali decisivi per il giudizio».
1.1. Il motivo i per quanto attiene ai lamentati vizi mo ti vaz i o n a li,/ è
inammissibile.
Ed invero nel caso — come quello all’esame – di “doppia
conforme”, prevista dall’art. 348-ter, quinto comma, cod. proc. civ.
(applicabile, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del d.l. n. 83 del 2012,
conv., con modif., dalla I. n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello
introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata
richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012; si evidenzia
che nella specie è la stessa attuale ricorrente – v. ricorso p. 8 – che
afferma che il ricorso in appello è stato depositato in data 13
dicembre 2012), il ricorrente in cassazione – per evitare
l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ. (nel
testo riformulato dall’art. 54, comma 3, del d.l. n. 83 cit. ed
applicabile alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012) deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della
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evidenziando la ricorrente che tale importo, pur se non derivava da

decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello,
dimostrando che esse sono tra loro diverse.
Nella specie la ricorrente non ha dimostrato tale diversità ma,
anzi, ha espressamente sostenuto che la sentenza di secondo grado
risulta censurabile per le medesime ragioni per le quali lo era quella

1.2 Risultano infondate anche le ulteriori censure proposte con il
primo motivo, risultando che la Corte di merito, nel confermare la
sentenza di primo grado, ha tenuto ben presente anche il tenore
letterale delle transazioni di cui si discute in causa ed in particolare di
quella tra la Forniti e la FIN.BAR. S.r.l., né risulta che abbia violato le
norme che presiedono all’interpretazione dei contratti (v. sentenza
impugnata p. 4, 5 e 6); peraltro il dato testuale (“connessa”) cui fa
riferimento in particolare la ricorrente non inficia, di per sé,
l’interpretazione operata dalla Corte territoriale, evidenziandosi che
l’interpretazione del contratto è riservata al giudice di merito ed è
censurabile in sede di legittimità solo per violazione dei canoni di
ermeneutica contrattuale, ovvero per vizi di motivazione (Cass.
18/04/2008, n. 10218), laddove, nella specie, l’interpretazione della
Corte di merito non risulta, per le ragioni già espresse, validamente
censurata.
2. Con il secondo motivo, rubricato: «Art. 360 nn. 3) e 5) c.p.c.:
violazione e/o falsa applicazione degli art. 1298, 1299, 1362 e 1363
c.c. – omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio», la ricorrente,
in sintesi, sostiene che «la sentenza della Corte dovrebbe essere
annullata, essendo giunta, sulla base di un percorso logico-giuridico
errato, alla conclusione che l’interpretazione e la portata delle due
scritture transattive sia “univoca” nel senso di consentire alla Garetti
l’esercizio dell’azione di regresso nei confronti della Forniti … senza
analizzare nella loro interezza i testi delle scritture medesime ed
omettendo di esaminare fatti e/o circostanze decisivi per il giudizio».

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di primo grado (v. ricorso p. 17).

2.1. Il motivo è inammissibile.
Ed invero, quanto ai dedotti vizi motivazionali, non può che
ribadirsi quanto al riguardo già espresso in relazione al primo mezzo.
Nel resto, il motivo è comunque inammissibile per difetto di
specificità, non essendo stato in esso riportato il tenore testuale delle

doglianze proposte.
3. Con il terzo motivo si lamenta «Nullità della sentenza per
violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c. in relazione all’art. 112 c.p.c.».
In particolare la ricorrente censura la sentenza impugnata,
sostenendone la nullità per “motivazione apparente” e
“incomprensibile”, nella parte in cui la Corte di merito ha esaminato e
disatteso le doglianze da lei proposte con riferimento alla sentenza
del giudice del primo grado che aveva, ad avviso della Forniti, «errato
nel qualificare il titolo della domanda di parte opponente, trattandosi
di condanna del terzo in garanzia/manleva e non una richiesta di
risarcimento del danno da responsabilità contrattuale» ed era
«irrimediabilmente incorso nel vizio di ultrapetizione della sentenza,
pronunciandosi su una domanda mai formulata dall’opponente, e
violando il fondamentale principio della corrispondenza tra il chiesto e
il pronunciato».
3.

Il motivo va disatteso, non avendo la parte ricorrente

specificamente censurato la ritenuta infondatezza della domanda in
questione, esplicitamente affermata dalla Corte territoriale, né
essendo, peraltro, la motivazione della sentenza impugnata, nella
parte contestata in questa sede, meramente apparente o
incomprensibile, come sostenuto dalla Forniti.
4. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
5.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da

dispositivo, seguono la soccombenza.

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scritture cui si fa ivi specifico riferimento a supporto delle stesse

6. Va dato atto della non sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1,
comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore
importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto
1-bis dello stesso art. 13,

risultando la Forniti ammessa al patrocinio a spese dello Stato (Cass.
2/09/2014, n. 18523).

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento
delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida, in favore di
ciascuna controricorrente, in euro 1.500,00 per compensi, oltre alle
spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro
200,00 e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza

per il ricorso, a norma del comma

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