Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23186 del 23/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 23/10/2020, (ud. 23/09/2020, dep. 23/10/2020), n.23186

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16428-2019 proposto da:

C.M.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso da se stesso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (OMISSIS);

– intimato –

avverso l’ordinanza 2124/2016 del TRIBUNALE di PATTI, depositata il

22/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott.

GIANNACCARI ROSSANA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

il Tribunale di Patti, con ordinanza del 22.3.2019, accolse l’opposizione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170 proposta dall’Avv. C.M.S. avverso il decreto emesso dal GIP del medesimo Tribunale, che aveva revocato d’ufficio il precedente decreto di liquidazione degli onorari per le prestazioni professionali rese in favore di più soggetti ammessi al gratuito patrocinio;

per quel che rileva in sede di legittimità il Tribunale compensò le spese di lite in assenza di costituzione da parte del Ministero, per la “peculiare natura e struttura della controversia e della scarna attività di udienza espletatasi”;

per la cassazione della citata ordinanza ha proposto ricorso l’Avv. C.M.S. sulla base di un unico motivo;

non ha svolto attività difensiva il Ministero della Giustizia;

il relatore ha formulato proposta di decisione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., di manifesta fondatezza del ricorso.

Diritto

RITENUTO

Che:

con l’unico motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., la violazione dell’art. 112 c.p.c., dell’art. 132 c..c., in relazione all’art. 360 c.p.c. comma l, nn. 3 e 4, per avere il Tribunale erroneamente compensato le spese di lite per l’assenza di costituzione del Ministero, nonostante parte opponente fosse totalmente vittoriosa e senza che ricorressero i presupposti per la compensazione, ovvero il contrasto giurisprudenziale e la novità delle questioni trattate;

il motivo è fondato;

ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nella formulazione introdotta dal D.L. 12 settembre 2014, n. 132, art. 13, e modificato, in sede di conversione, dalla L. 10 novembre 2014, n. 162, ratione temporis applicabile, può essere disposta la compensazione totale o parziale delle spese, in assenza di reciproca soccombenza, soltanto nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti;

con la sentenza del 19 aprile 2018, n. 77, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nella parte in cui, dopo la riforma del 2014, non prevede che il Giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni oltre a quelle tipizzate;

la Consulta ha ampliato il perimetro della compensazione delle spese di lite, anche in caso di soccombenza, nelle ipotesi in cui sussistano ipotesi, che presentino la stessa, o maggiore, gravità ed eccezionalità di quelle tipiche espressamente previste dalla disposizione censurata;

a titolo esemplificativo la sentenza della Corte Costituzionale N. 77/2018 prevede l’ipotesi della sopravvenienza di una norma di interpretazione autentica o più in generale dello ius superveniens, soprattutto se nella forma di norma con efficacia retroattiva, di una pronuncia della Corte Costituzionale o della Corte Europea, di una nuova regolamentazione nel diritto dell’Unione Europea, di una situazione di oggettiva e marcata incertezza non orientata dalla giurisprudenza;

in tali casi, il principio secondo cui la parte vittoriosa non deve sopportare le spese di lite è contemperato da un altro principio, rappresentato dalla “prospettiva che la condanna al pagamento delle spese di lite anche in qualsiasi situazione del tutto imprevista ed imprevedibile per la parte che agisce o resiste in giudizio possa costituire una remora ingiustificata a far valere i propri diritti”;

è rimesso al giudice del caso concreto motivare in ordine all’esistenza delle eccezionali ragioni che giustificano la deroga al principio generale;

in ogni caso, non rientra nelle ipotesi delle “gravi ed eccezionali ragioni” la mancata opposizione alla domanda da parte del convenuto o la contumacia dello stesso, come più volte affermato da questa Corte – nella vigenza dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nella formulazione introdotta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 11, – in quanto la sostanziale soccombenza della controparte deve essere adeguatamente riconosciuta sotto il profilo della suddivisione del carico delle spese; tali ragioni non possono essere tratte dalla natura della controversia o della pronuncia o dalla struttura del tipo di procedimento contenzioso applicato

o dalle disposizioni processuali che lo regolano o dalla “natura dell’impugnazione, ma devono trovare riferimento in specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa che il Giudice è tenuto ad indicare esplicitamente e specificamente nella motivazione della sentenza (Cassazione civile sez. III, 19/10/2015, n. 21083; Cassazione civile sez. VI, 17/10/2013, n. 23632; Cass. civ., sez. VI, 4 ottobre 2013 n. 22763); in particolare, è stato affermato che la mancata opposizione dell’Amministrazione alla domanda di equa di riparazione rivolta nei suoi confronti – principio che si applica evidentemente a tutti i giudizi in cui è parte la P.A.- non giustifica, di per sè, la compensazione delle corrispondenti spese processuali, allorchè comunque l’istante sia stato costretto ad adire il giudice per ottenere il riconoscimento del diritto (Cassazione civile sez. VI, 17/10/2013, n. 23632; Cass. civ., sez. VI, 4 ottobre 2013 n. 22763)

il giudice di merito non si è adeguato ai principi di diritto affermati da questa Corte, compensando le spese di lite per mancata costituzione del Ministero convenuto, in assenza dei presupposti di cui all’art. 92 c.p.c., comma 2;

la sentenza impugnata ha omesso di esaminare le varie ipotesi che giustificano la compensazione delle spese, ovvero l’assoluta novità della questione trattata, il mutamento della giurisprudenza o altre gravi eccezionali ragioni, enucleate dal giudice delle leggi;

il riferimento alla “peculiare natura e struttura della controversia” è una formula priva di contenuto e connotata da apparente motivazione, così come non può escludere il diritto al compenso del professionista, ma solo una riduzione, l’aver svolto una “scarna attività di udienza”;

il ricorso va, pertanto accolto; l’ordinanza va cassata e rinviata innanzi al Tribunale di Patti, in persona di altro magistrato, che provvederà in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, innanzi al Tribunale di Patti in persona di altro magistrato.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2020

 

 

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