Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23180 del 17/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 17/09/2019, (ud. 28/05/2019, dep. 17/09/2019), n.23180

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9899-2018 proposto da:

H.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE d CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato PIPITONE GIACOMO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 424/2018 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 28/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. DI MARZIO

MAURO.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. – H.A., cittadino del Bangladesh, ricorre, per due mezzi, nei confronti del Ministero dell’Interno, contro la sentenza del 28 febbraio 2018 con cui la Corte d’appello di Palermo ha respinto l’appello dal medesimo proposto avverso la sentenza del locale Tribunale che aveva disatteso la sua domanda di protezione internazionale o umanitaria.

2. Il Ministero dell’Interno è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

3. – Il primo motivo denuncia: “Violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e art. 19, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3-5. Mancato riconoscimento della protezione umanitaria. Insufficiente, illogicità e contraddittorietà della motivazione”, censurando la sentenza impugnata laddove aveva affermato che il ricorrente aveva allegato solo in appello la sua condizione di affezione da epatite B.

Il secondo motivo denuncia: “Illegittimità dell’impugnata ordinanza a seguito della violzioone del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3-5. Erronea valutazione dell’onere probatorio. Insufficienza e contraddittorietà della motivazione”, censurando la sentenza impugnata per aver omesso di considerare la situazione socio-politica della Libia, ultimo paese in cui il ricorrente aveva vissuto.

RITENUTO:

Che:

4. – Il collegio ha autorizzato la redazione del provvedimento in forma semplificata.

5. – Il ricorso va accolto.

5.1. E’ difatti fondato il primo motivo.

Secondo la Corte d’appello “solo in questo grado del giudizio l’appellante ha dedotto, al sostegno della domanda, di essere affetto da epatite B, mentre in primo grado si è limitato a dedurre che il paese dal quale proviene (Bangladesh) è “una delle realtà ancora lontane da un processo di democratizzazione e di fondazione di un assetto istituzionale posto a tutela e garanzia dei diritti fondamentali”. Trattasi, dunque, della prospettazione di un fatto assolutamente nuovo, ma non sopravvenuto alla decisione di primo grado, se è vero che l’ H. ha sostenuto (astenendosi dal fornire sul punto, tuttavia, la benchè minima prova) di non essere stato in grado di produrre la relativa certificazione medica davanti al tribunale, perchè, in un primo momento, era stata data per dispersa e, solo successivamente, era stata rinvenuta presso il centro di accoglienza in cui egli si trovava”.

Viceversa, il ricorrente aveva allegato la propria condizione di malattia fin dalla fase amministrativa del procedimento, come si desume dalla sentenza di primo grado ove si afferma che “nonostante le dichiarazioni rese dal ricorrente in sede di audizione non vi è prova che egli soffra della patologia (HBS AG), non avendo prodotto alcuna certificazione sanitaria”: sicchè la Corte d’appello ha senz’altro errato nell’affermare che la condizione di malattia non fosse stata allegata, così tralasciando di considerare un fatto potenzialmente decisivo.

5.2. – è fondato anche il secondo motivo.

Il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari costituisce una misura atipica e residuale, volta ad abbracciare situazioni in cui, pur non sussistendo i presupposti per il riconoscimento di una tutela tipica (status di rifugiato o protezione sussidiaria), non può disporsi l’espulsione e deve provvedersi all’accoglienza del richiedente che si trovi in condizioni di vulnerabilità, da valutare caso per caso, anche considerando le violenze subite nel Paese di transito e di temporanea permanenza del richiedente asilo, potenzialmente idonee, quali eventi in grado di ingenerare un forte grado di traumaticità, ad incidere sulla condizione di vulnerabilità della persona (Cass. 15 maggio 2019, n. 13096).

6. – Il ricorso è cassato e la sentenza impugnata rinviata anche per le spese di questo giudizio di legittimità alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese di questo giudizio di legittimità alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 28 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2019

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