Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23178 del 23/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 23/10/2020, (ud. 23/09/2020, dep. 23/10/2020), n.23178

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12437-2019 proposto da:

B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso da se stesso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 1473/2018 del TRIBUNALE di UDINE, depositata

il 10/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GRASSO

GIUSEPPE.

 

Fatto

RITENUTO

per quel che qui rileva, riassumere la vicenda processuale nei termini di cui appresso:

– disattesa la domanda di Primo Colonnello, ammesso al patrocinio a spese dello Stato, il Tribunale di Udine rigettò l’istanza di liquidazione dei compensi avanzata dal difensore, avv. B.A.;

– con successivo decreto veniva rigettata l’opposizione, ex art. 170, D.P.R. n. 115 del 2002, proposta del medesimo professionista;

– con la sentenza n. 1617/2016 la Corte di Cassazione cassò con rinvio il provvedimento di cui appena detto, poichè emesso senza che fosse stato instaurato il contraddittorio nei confronti del Ministero della Giustizia;

– in sede di rinvio il Tribunale di Udine confermò il rigetto dell’opposizione;

– con la sentenza di cui in epigrafe lo stesso Tribunale dichiarò inammissibile domanda di revocazione della precedente decisione; ritenuto potersi riassumere, in sintesi, come di seguito gli argomenti posti a base della declaratoria d’inammissibilità, a fronte della prospettazione di un duplice errore di fatto ex art. 395 c.p.c., n. 4, per avere il Giudice rigettato opposizione mai proposta avverso il decreto dir evoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato e per avere erroneamente presupposto sussistente un provvedimento di revoca della predetta ammissione:

a) il primo motivo di revocazione, poichè implicava un vizio di ultrapetizione, non poteva costituire errore di fatto, ma, semmai, di diritto;

b) il secondo motivo era del pari inammissibile, in quanto il Giudice non si era limitato a dare per esistente un atto che non lo fosse, ma, ben diversamente, interpretando il primigenio provvedimento, poi confermato in sede di opposizione, vi aveva rinvenuto la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ciò risultando ampiamente dalla motivazione; inoltre, la questione aveva costituito punto controverso, “visto che nell’atto di opposizione dell’avv. B.A. questi ha contestato proprio tale potere”;

ritenuto che avverso quest’ultima sentenza l’avv. B. propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi tra loro osmotici e che gli intimati non hanno svolto difese;

ritenuto che avverso la sentenza di cui sopra il B. propone ricorso sulla base di tre motivi tra loro osmotici, con i quali denunzia violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 112 e 136, nonchè art. 395, c.p.c., evidenziando che:

– con la citazione in riassunzione il ricorrente aveva chiesto revocarsi il decreto emesso dal Presidente del tribunale di Udine e liquidarsi quanto di spettanza per spese e competenze professionali, senza alcun accenno a una opposizione (mai proposta) alla revoca del patrocinio a spese dello Stato, di talchè il vizio di ultrapetizione, non sorgendo da una interpretazione (pur erronea) della domanda, è stato correttamente riportato al travisamento del fatto, avendo il giudice affermato la proposizione di una domanda di revoca mai avanzata, peraltro, la revoca avrebbe investito l’interesse del patrocinato, che non era parte in causa;

– dal diniego di liquidazione dei compensi non avrebbe giammai potuto trarsi il convincimento di una revoca implicita dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato;

– non poteva condividersi l’asserto della sentenza, secondo il quale la questione costituiva punto controverso, e, quindi dibattuto, per il fatto che il ricorrente aveva avversato con l’opposizione il decreto presidenziale qualificandolo come di “revoca del patrocinio a spese dello Stato e rigetto dell’istanza di liquidazione”, in quanto “un conto è sostenere che la revoca è erronea, altro conto è sostenere che la revoca non sia stata pronunciata e su quest’ultimo fatto la sentenza del primissimo giudice non si è affatto intrattenuta e pronunciata”.

Diritto

CONSIDERATO

che le critiche censuratorie, nel loro complesso sono manifestamente infondate, tenuto conto di quanto segue:

a) anche a voler accedere, per comodità espositiva, all’interpretazione maggiormente estensiva evocata dal ricorrente (Cass. n. 12958,14/06/2011), a fronte dell’indirizzo che appare più conforme al contenuto dell’art. 395 c.p.c., n. 4, (Cass. n. 2970, 29/12/1966 e successive), non par dubbio che la natura dei poteri assegnati al giudice nella materia rende la deduzione destituita di giuridico fondamento, infatti, questi revoca (cioè deve revocare) il provvedimento di ammissione provvisoriamente disposto dal consiglio dell’ordine, ove ricorrano le condizioni di al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, comma 2, con la conseguenza che, ove il giudice dell’opposizione reputi (a torto o ragione qui non rileva) che la denegazione del compenso dipenda dalla revoca dell’ammissione, non è dubbio che di questa debba occuparsi, senza che rilevi la circostanza che il patrocinato non abbia presentato opposizione in proprio, trattandosi di questione pregiudiziale all’accoglimento dell’istanza di liquidazione;

b) la sentenza impugnata evidenzia che quella fatta oggetto di revocazione aveva espressamente riconosciuto al giudice adito per la liquidazione il potere di revocare l’ammissione, giudicando manifestamente infondata la domanda per la quale era stata ottenuta la predetta ammissione, quindi il punto aveva formato oggetto di valutazione giuridica e interpretazione del decreto presidenziale;

c) il punto era rimasto trattenuto nel perimetro della controversia, avendo lo stesso ricorrente inteso opporsi al “decreto di revoca del patrocinio a spese dello Stato e rigetto dell’istan. za di liquidazione di onorar”, non potendo condividersi la costruzione logica sopra riportata, per la quale “un conto è sostenere che la revoca è erronea, altro conto è sostenere che la revoca non sia stata pronunciata e su quest’ultimo fatto la sentenza del primissimo giudice non si è affatto intrattenuta e pronunciata”, per la basilare ragione che intanto si avversa un provvedimento in quanto esso esista, pur se viziato, e una tale sussistenza, quindi, costituiva punto presupposto, sul quale non occorreva spendere pronuncia espressa;

considerato che la circostanza (evidenziata con nota del nuovo procuratore, avv. Russo Elisabetta) che in pendenza del giudizio di cassazione è venuto mancare l’originario patrono della parte ricorrente, non ha rilievo alcuno, avendo questa Corte avuto modo di chiarire che nel giudizio di cassazione, in considerazione della particolare struttura e della disciplina del procedimento di legittimità, non è applicabile l’istituto dell’interruzione del processo, con la conseguenza che la morte di una delle parti, intervenuta dopo la rituale instaurazione del giudizio, non assume alcun rilievo, nè consente agli eredi di tale parte l’ingresso nel processo (Cass. n. 1757/2016);

considerato che, di conseguenza, siccome affermato dalle S.U. (sent. n. 7155, 21/3/2017, Rv. 643549), lo scrutinio ex art. 360-bis c.p.c., n. 1, da svolgersi relativamente ad ogni singolo motivo e con riferimento al momento della decisione, impone, come si desume in modo univoco dalla lettera della legge, una declaratoria d’inammissibilità, che può rilevare ai fini dell’art. 334 c.p.c., comma 2, sebbene sia fondata, alla stregua dell’art. 348-bis c.p.c. e dell’art. 606 c.p.p., su ragioni di merito, atteso che la funzione di filtro della disposizione consiste nell’esonerare la Suprema Corte dall’esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi “inconsistenti”;

considerato che non v’è luogo a regolamento delle spese di causa poichè le controparti sono rimaste intimate;

considerato che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte del ricorrente, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2020

 

 

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