Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23175 del 22/10/2020

Cassazione civile sez. I, 22/10/2020, (ud. 09/09/2020, dep. 22/10/2020), n.23175

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2105/2018 proposto da:

NPL Securitisation Italy SPV s.r.l., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, largo

di Torre Argentina n. 11, presso lo studio dell’avvocato Federico

Guardascione, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati

Adriana Boscagli, Alberto Maffei Alberti, giusta procura a margine

del ricorso e procura speciale per notaio D.P.M. di

(OMISSIS);

– ricorrente –

contro

Società Italiana per l’Industria degli Zuccheri s.p.a. in

liquidazione, in persona dei liquidatori pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma, via F. Cesi n. 21, presso lo studio

dell’avvocato Patrizia Parenti, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato Bruno Inzitari, giusta procura in calce al

controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

Cavarzere Produzioni Industriali s.p.a. in Amministrazione

Straordinaria, e Finanziaria Industriale Veneta s.p.a. in

Amministrazione Straordinaria, in persona dei rispettivi Commissari

Liquidatori pro tempore, elettivamente domiciliate in Roma, via

Federico Cesi n. 72, presso lo studio dell’avvocato Domenico

Bonaccorsi Di Patti, rappresentate e difese dall’avvocato Roberto

Fiscon, giusta procura in calce al controricorso e ricorso

incidentale;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

contro

NPL Securitisation Italy SPV s.r.l., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, largo

di Torre Argentina n. 11, presso lo studio dell’avvocato Federico

Guardascione, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati

Adriana Boscagli, Alberto Maffei Alberti, giusta procura a margine

del ricorso principale e procura speciale per notaio Monica D.P.

di (OMISSIS);

– controricorrente ai ricorsi incidentali –

e sul ricorso successivo:

Intesa San Paolo s.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Lazio n. 20/c,

presso lo studio dell’avvocato Claudio Coggiatti, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato Paolo Gnignati, giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

e contro

Società Italiana per l’Industria degli Zuccheri s.p.a. in

liquidazione, in persona dei liquidatori pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma, via F. Cesi n. 21, presso lo studio

dell’avvocato Patrizia Parenti, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato Bruno Inzitari, giusta procura in calce al

controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

Cavarzere Produzioni Industriali s.p.a. in Amministrazione

Straordinaria, e Finanziaria Industriale Veneta s.p.a. in

Amministrazione Straordinaria, in persona dei rispettivi Commissari

Liquidatori pro tempore, elettivamente domiciliate in Roma, via

Federico Cesi n. 72, presso lo studio dell’avvocato Domenico

Bonaccorsi Di Patti, rappresentato e difeso dall’avvocato Roberto

Fiscon, giusta procura in calce al controricorso e ricorso

incidentale;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

contro

Intesa San Paolo s.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Lazio n. 20/c,

presso lo studio dell’avvocato Claudio Coggiatti, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato Paolo Gnignati, giusta procura in

calce al ricorso principale;

– controricorrente ai ricorsi incidentali –

avverso la sentenza n. 2461/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

pubblicata il 02/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/09/2020 dal cons. Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA;

lette le conclusioni scritte del P.M. in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. PATRONE IGNAZIO, che chiede che il

ricorso venga trattato alla pubblica udienza.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- La s.p.a. Società Italiana per l’industria degli zuccheri è stata sottoposta alla procedura di amministrazione straordinaria di cui alla L. n. 95 del 1979 con D.M. Industria emesso 23 dicembre 1983.

La procedura è stata chiusa con D.M. Sviluppo Economico 15 luglio 2013. Il riparto finale dell’attivo ha visto l’integrale pagamento per tutti i creditori della linea capitale e degli interessi di cui alla L. Fall., artt. 54 e 55, pure residuando delle somme in avanzo.

2.- Intervenuta la chiusura della procedura, la s.p.a. Intesa San Paolo – che si era insinuata nel passivo fallimentare della procedura – ha convenuto avanti al Tribunale di Padova la Società Italiana per l’industria degli zuccheri in liquidazione, per sentirla condannare al pagamento degli interessi, nella misura fissata nel titolo convenzionale o in subordine in quella legale, maturati a far tempo dalla data di dichiarazione di insolvenza di questa.

La convenuta si è costituita, con richiesta di reiezione delle pretese attoree. A sostegno della sua posizione, sono pure intervenute in giudizio la s.p.a. Caverzere produzioni industriali e la s.p.a. Finanziaria industriale veneta, entrambe socie di SIIZ.

Nell’ulteriore prosieguo è altresì intervenuta la s.r.l. NPL Securitisation Italy Spv, assumendo di essere cessionaria dei crediti per interessi, che erano stati azionati da Intesa San Paolo.

3.- Con sentenza depositata nel giugno 2016, il Tribunale di Padova ha respinto la pretesa attorea.

In particolare, la pronuncia ha rilevato che, non essendo dimostrata l’esistenza del credito ammesso al passivo, non poteva essere accolta la domanda relativa agli interessi. In esito a questo rilievo, ha dichiarato assorbite tutte le altre questioni proposte dalle parti, in quanto comunque superate da tale rilievo.

4.- Avverso questo provvedimento hanno proposto impugnazione avanti alla Corte di Appello di Venezia le società NPL e Intesa San Paolo.

Le appellate società si sono tutte costituite.

Con sentenza depositata il 2 novembre 2017, la Corte territoriale ha rigettato il proposto appello, in motivazione tra l’altro precisando che “l’appello va deciso come da dispositivo, alla luce delle seguenti considerazioni, assorbenti su ogni altra questione”.

5.- In avvio di motivazione, la pronuncia ha rilevato che la norma dell’art. 55 (cui rinvia, per la liquidazione coatta amministrativa, la L. Fall., art. 201 a cui rinvia la L. n. 95 del 1979, art. 1), “si limita a stabilire la “sospensione” del corso degli interessi “agli effetti del concorso””; e che dunque tale norma “non pone alcuna limitazione al corso degli interessi a carico del debitore sottoposto a procedura concorsuale e dei suoi condebitori solidali”; che, “diversamente opinando, si raggiungerebbe l’inspiegabile risultato di liberare il debitore sottoposto a procedura concorsuale della obbligazione degli interessi non a carico delle procedura, con un ingiustificato depauperamento del creditore”.

6.- A fronte dell’eccezione di prescrizione presentata dalle appellate (sulla scorta di quanto già effettuato nel primo grado del giudizio), la pronuncia ha poi osservato che, “anche riconoscendo valore interruttivo al pagamento effettuato dalla procedura nel 2007, non risulta (nè le parti lo deducono) che siano stati compiuti atti interruttivi successivi, nei termini della prescrizione quinquennale, che è, quindi, maturata”.

“La questione” – ha aggiunto la Corte territoriale – comunque “non viene qui ulteriormente approfondita, perchè l’appello può essere respinto anche nel merito, con la reiezione dei motivi di appello”.

7.- A quest’ultimo proposito (della valutazione del merito), la Corte ha preso in distinto esame il “primo motivo di appello”, per cui il giudice del primo grado “non avrebbe considerato che l’originaria attrice aveva prodotto in giudizio… tutti i piani di riparto eseguiti dalla procedura e la copia dello stato passivo SIIZ”.

Per rilevare in contrario che la decisione del Tribunale ha, in specie, “scritto che “la banca non ha nemmeno enunciato qual è il rapporto in forza del quale il credito sarebbe sorto. Non è nemmeno noto se si tratti, ad esempio, di saldo passivo di conto corrente o di residuo di un mutuo””; che ha riscontrato, inoltre, che l’ammissione al passivo della procedura fa stato esclusivamente all’interno di essa, mentre non ha alcuna efficacia di giudicato nei confronti della società tornata in bonis, a meno che l’ammissione non sia avvenuta in forza di una sentenza pronunciata a seguito di opposizione allo stato passivo”; che ha rilevato, e soppesato, ancora, le contestazioni mosse dalle società appellate, specie con riferimento alle prassi bancarie in uso all’epoca degli assunti rapporti.

8.- La Corte veneziana è poi passata all’esame del “secondo motivo di appello” formulato dalle appellanti a riguardo del merito, secondo cui il Tribunale non avrebbe considerato che SIIZ non aveva presentato querela di falso avverso le risultanze dello stato passivo, che sarebbero quindi da ritenersi provate e opponibili; che sarebbe stato onere del debitore tornato in bonis provare i fatti estintivi o modificativi del credito ammesso al passivo; che comunque non era stata dimostrata l’erroneità dello stato passivo a suo tempo predisposto.

Al riguardo, la pronuncia ha osservato che “SIIZ aveva tempestivamente lamentato carenze probatorie”; che “correttamente il giudice di primo grado ha appuntato la propria attenzione sulle contestazioni che concernono la quantificazione degli interessi”; “che non appare oggi possibile procedere al calcolo degli interessi post fallimento, perchè non risulta provato, nei confronti di SIIZ, che le somme ammesse al passivo fossero effettivamente dovute nella loro integrità”; che “non risulta provato che fosse dovuto un tasso superiore a quello legale”; che neppure è possibile riconoscere gli interessi nella misura del tasso legale, posto che “non è dato di conoscere l’ammontare della somma su cui calcolarli”.

9. Avverso questo provvedimento, insorgono – con distinti ricorsi, ma di non diverso tenore -, la s.r.l. NPL Securisation e Intesa San Paolo, sviluppando due motivi di cassazione.

Resiste, con controricorso, la s.p.a. SIIZ, che pure propone ricorso incidentale. Con altro ricorso resistono, altresì, la s.p.a. Cavarzere e la s.p.a. Finanziaria Industriale Veneta, che pure promuovono ricorso incidentale, di formulazione sostanziale non dissimile da quello formulato dalla s.p.a. SIIZ.

La s.r.l. NPL Securisation e Intesa San Paolo hanno depositato distinti controricorsi ai ricorsi incidentali.

Le parti si sono scambiate memorie.

La s.p.a. SIIZ ha anche proposto istanza diretta al Primo Presidente di questa Corte per l’assegnazione del ricorso R.G. 2108/2018 alle Sezioni Unite.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

10.- I ricorsi principali censurano la sentenza della Corte di Appello di Venezia, con i seguenti motivi.

Primo motivo: “violazione e falsa applicazione della L. n. 95 del 1979, art. 1, comma 3, L. Fall., artt. 51, 54, 93,94,120,201,203, nonchè dell’art. 2935 c.c. e art. 2948 c.c., n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.”.

Secondo motivo: “violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., L. n. 95 del 1979, art. 1, comma 3, L. Fall., artt. 199, 207, 208 e 209, nonchè degli artt. 2697,2709 e 2710 c.c., e omessa valutazione di fatti decisivi, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5; erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto non dimostrata l’esistenza e l’entità del credito ammesso al passivo, sulla base del quale sono stati poi calcolarti e richiesti gli interessi insoluti e ha omesso di valutare le circostanze di fatto addotte a supporto dell’accertamento della natura, quantificazione e consistenza del credito ammesso al passivo”.

11.- Il motivo del ricorso incidentale proposto dalla s.p.a. SIIZ assume “violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 42,43,44,51,55, art. 120, comma 3, art. 216; artt. 1282,1224 e 1284 c.c., nonchè, per altro verso, omesso esame di fatti e argomentazioni decisive per la risoluzione della presente controversia – censure di legittimità alla pronuncia Corte App. Venezia n. 2461/17, qui impugnata in via principale dalla Ricorrente”.

Non diverso ordine di censure muove il ricorso incidentale formulato dalla s.p.a. Cavarzere e dalla s.p.a. Finanziaria industriale veneta. Che pure censura la Corte di Appello per avere erroneamente ritenuto che, nel corso della procedura concorsuale, continuino a maturare gli interessi sui crediti chirografari nei confronti del debitore e che, perciò, tali interessi diano vita a un credito nei confronti del debitore, liberamente azionabile una volta che questi sia tornato in bonis.

12.- Nel venire a esaminare i termini articolati dal ricorso principale, va osservato che – nel confermare quella del giudice del primo grado, di denegato ingresso alla pretesa creditoria avanzata dall’attore – la decisione della Corte di Appello si è richiamata a due distinti argomenti, tra loro affatto indipendenti: alla ragione consistente nella mancata dimostrazione della detta pretesa creditoria, cui s’era per intero affidato il primo giudice, stabilendo così di affiancare, pur se con il caveat di un “approfondimento ulteriore” (cfr. sopra, il secondo capoverso del n. 6), il rilievo della sopravvenuta prescrizione del credito, come ritenuto ipoteticamente esistente.

Con il primo motivo, i ricorrenti principali attaccano quest’ultima parte della motivazione svolta dalla Corte territoriale, in punto di prescrizione della pretesa; con il secondo motivo, quella invece propriamente confermativa della motivazione sviluppata dal primo giudice, come attinente alla prova dell’esistenza e quantità del credito preteso.

Riscontrato che la “riserva”, dall’impugnata sentenza apposta all’argomentazione in punto di prescrizione del credito, non incide sulla natura di vera e propria ratio decidendi che è propria della stessa (cfr., su questo tema, Cass. 10 aprile 2018, n. 8755), il Collegio ritiene comunque opportuno muovere la trattazione dal secondo motivo che è stato proposto dai ricorrenti principali. Ciò anche in ragione del fatto che tale scelta risponde, a un esame complessivo delle diverse tematiche proposte dai ricorsi principali e incidentali presentati, al principio della c.d. “ragione più liquida” (su cui v., tra gli interventi più recenti, Cass., 9 gennaio 2019, n. 363; Cass., 18 aprile 2019, n. 10839; Cass. 26 novembre 2019, n. 30745).

13.- Col secondo motivo – che distintamente richiama sia il vizio di violazione di legge, sia quello di omesso esame di fatto decisivo -, i ricorrenti assumono che la Corte veneziana ha errato nel ritenere la pretesa creditoria sfornita di supporto probatorio.

Nei fatti, la critica si compone di due ordini di rilievi.

14.- La prima censura assume in particolare che “lo stato passivo di SIIZ”, prodotto in giudizio, “è stato compilato dai Commissari attraverso l’analisi diretta delle scritture contabili e dei documenti del debitore, L. Fall., ex art. 207 “; che “l’esistenza e la rilevazione del debito di SIIZ”, così compiuta “per la suddetta posizione creditoria distinta al n. 1849,… ha necessariamente conseguenze giuridiche e presuntive inoppugnabili”; che le dette risultanze, infatti, “giacchè compiute da pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, rivestono fede privilegiata e costituiscono piena prova sino a querela di falsa relativamente al dato contabile del debito evinto ex artt. 2699 e 2700 c.c.”; che nel contesto va anche considerato che “due dei Commissari che hanno riconosciuto e certificato l’esistenza, la natura e la quantificazione del credito ammesso al passivo in via chirografaria di SIIZ, compongono il Collegio del liquidatori della società SIIZ”.

15.- L’altra doglianza, che riveste tratto subordinato rispetto alla prima, fa perno sulla circostanza che la L. Fall., art. 120, comma 4 norma introdotta dal D.Lgs. n. 5 del 2006 -… ha attribuito al decreto o alla sentenza con il quale il credito è stato ammesso al passivo il valore di prova scritta agli effetti di cui all’art. 634 c.p.c.”: lo stato passivo sembra “comunque” dotato di un “certo valore probatorio”; appare insomma “evidente” – così si viene a concludere – lo “scopo di agevolare il creditore che vuole agire in giudizio nei confronti del debitore tronato in bonis”.

16.- Nei confronti dell’esposto motivo, si deve prima di ogni altra cosa rilevare che lo stesso – pur espressamente iscritto anche nel vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 – non viene a isolare, nè individuare, alcun fatto il cui esame sia stato (in ipotesi) omesso dall’analisi della Corte territoriale.

17.- In effetti, il motivo – che nel concreto i ricorrenti sono venuti a sviluppare – viene a risolversi senza residui nel predicare un peculiare valore probatorio che l’ordinamento verrebbe ad assegnare allo stato passivo formato dal Commissario nell’ambito delle procedure di amministrazione straordinaria.

Il motivo, peraltro, non viene a contestualizzare il regime positivo che, in ipotesi, verrebbe ad attribuire allo stato passivo uno speciale valore probatorio. Come pure avrebbe dovuto: posto se non altro che, nella specie in esame, se lo stato passivo è stato depositato L. Fall., ex art. 209 ben prima dell’avvio delle riforme della legge fallimentare, la possibilità per il creditore di agire personalmente contro il debitore – e quindi di venire a utilizzare in termini di documento probatorio il citato stato passivo – si è nel concreto rappresentata solo nel corso del 2013, anno durante il quale è stata portata a chiusura la procedura (cfr. sopra, nel n. 1).

18.- Fermato questo punto, si rende ora opportuno rilevare che, comunque, non sussiste la denunciata violazione di legge.

Nè il regime anteriore alle riforme avviatesi nel 2005/2006, nè quello successivo allo svolgersi delle medesime, riconoscono alle risultanze dello stato passivo delle amministrazioni straordinarie (ovvero, e più in generale, delle procedure fallimentari) uno “speciale” valore probatorio nei giudizi post-concorsuali in cui il creditore agisce nei confronti del debitore tornato in bonis per il recupero di quanto ancora gli manca.

Con la conseguenza che – se sotto il profilo del lamentato vizio di omesso esame il motivo è inammissibile – sotto quello della violazione di legge lo stesso si manifesta infondato.

19.- Per quest’ultimo riguardo, si deve richiamare il precedente reso da Cass., 5 aprile 2013, n. 8431, con diretto riferimento al decreto di esecutività dello stato passivo posto in essere dal giudice delegato nell’ambito delle procedure fallimentari.

“Pur in assenza di specifica previsione nel regime della legge fallimentare, applicabile ratione temporis, anteriore alla riforma” si deve ritenere – così è stato rilevato – che il decreto in discorso abbia una mera “efficacia endoconcorsuale”; “ed altrettanto dicasi” – si è puntualizzato inoltre – “per le sentenze che, nel medesimo regime, concludono i giudizi a cognizione ordinaria previsti per l’accertamento del passivo”.

A base di questa soluzione, la citata sentenza ha in via espressa posto due ordini di considerazioni. Da un lato, quello dato dalla “speciale disciplina della opponibilità degli atti alla massa dei creditori”; dall’altro, quello rappresentato dalla “posizione marginale del fallito che non dispone di mezzi per impugnare la decisione del giudice delegato”. Con tutte le criticità, anche di livello costituzionale, che l’accoglimento di una diversa soluzione non potrebbe non venire a porre in ragione degli enunciati profili; come altresì – è bene pure aggiungere – in ragione delle spiccate peculiarità di natura propriamente processuale che il procedimento di opposizione L. Fall., ex art. 98 e ss. non manca di delineare.

20.- Le riforme della legge fallimentare avviate nel 2005 sono venute a rafforzare ulteriormente, d’altra parte, la prospettiva dell’efficacia meramente endofallimentare degli accertamenti compiuti nell’ambito della procedura di verifica del passivo (opposizioni comprese).

La norma dell’art. 96, comma 3 (nella versione introdotta nel 2012) dispone esplicitamente, infatti, che “il decreto che rende esecutivo lo stato passivo e le decisioni assunte dal tribunale all’esito dei giudizi di cui all’art. 99, producono effetti soltanto ai fini del concorso”.

Non meno importante al riguardo si manifesta, poi, la norma della L. Fall., art. 120, comma 4 (nella versione introdotta nel 2006), che in modo espresso circoscrive la peculiarità probatoria delle risultanze endofallimentari dello stato passivo alla fase della richiesta del provvedimento di ingiunzione.

Al “decreto” e alla “sentenza” che comunque vengano pronunciati nel contesto dell’accertamento del passivo – va in specie sottolineato – la legge non riconosce nemmeno il peso che la norma dell’art. 642 c.p.c. assegna a cambiali, assegni, atti ricevuti da notaio o da “altro pubblico ufficiale autorizzato” in punto di “esecuzione provvisoria”. In effetti, la norma della L. Fall., art. 120, comma 4 non si spinge oltre un nudo richiamo dell’art. 634 c.p.c.

21.- Non appare condivisibile, inoltre, la tesi dei ricorrenti principali, secondo cui dalla disposizione del citato art. 120 si ritrarrebbe comunque che l’ordinamento riconosce un “certo valore probatorio” generale – di segno esterno alla fase di richiesta dell’ingiunzione, cioè – alle risultanze dello stato passivo (cfr. sopra, n. 15, nella seconda censura mossa dai ricorrenti principali col secondo motivo).

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il creditore, che pur ha ottenuto il decreto ingiuntivo, rimane in ogni caso l'”attore sostanziale nel giudizio di opposizione”, con l’onere conseguente di dare piena e specifica prova delle proprie pretese (cfr., tra le altre, Cass., 19 settembre 2013, n. 21466; Cass., 11 giugno 2018, n. 15148; Cass., 20 agosto 2019, n. 21522). Onere la cui effettiva dimensione pratica viene, naturalmente, a confrontarsi con i dati fattuali volta a volta proposti delle singole fattispecie concrete: senza, peraltro, che sulla valutazione del materiale istruttorio, che sia stata compiuta dal giudice del merito (nel suo complesso, come pure rispetto alle singole produzioni probatorie), possa porsi una questione di violazione o falsa applicazione della norma dell’art. 115 c.p.c. (cfr., per tutte, Cass., 27 dicembre 2016, n. 27000; a parte restando solo, va da sè, i casi riconducibili al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4).

22.- Nell’ambito delle valutazioni rimesse alla discrezionalità del giudice del merito rientra, tra le altre, anche quella relativa alla circostanza, secondo cui taluni dei liquidatori della s.p.a. SIIZ avrebbero in precedenza tenuto l’ufficio di commissari della procedura concorsuale inerente a tale società, in base a quanto evidenziato dal ricorso principale (cfr. l’ultima frase del n. 14).

Del resto, i ricorrenti principali si sono limitati ad allegare tale circostanza, senza illustrare quale significato la stessa potrebbe, o dovrebbe, venire a rivestire in ordine al valore probatorio da riconoscere proprio alle risultanze dello stato passivo nella sede del giudizio post-concorsuale.

23.- Ciò detto, è ancora opportuno aggiungere che non viene a manifestare differenze di un qualche rilievo la circostanza che, nella specie, si tratti di una procedura non fallimentare, bensì di amministrazione straordinaria.

Posto il vigente sistema delle procedure concorsuali, per sostenere un esito diverso occorrerebbe, invero, una norma che espressamente lo prevedesse. Nè idonea al riguardo potrebbe mai essere considerata quella che la L. Fall., art. 199 dedica alla “responsabilità del commissario liquidatore” (a cui pure alludono i ricorrenti principali, nel ricordare che questi è da ritenere pubblico ufficiale): chè tale previsione si limita a ripetere quanto prevedono – per la posizione del curatore fallimentare – le norme della L. Fall., art. 30 e art. 38, comma 2.

24.- Il complesso delle considerazioni sin qui sviluppate comporta – si deve pure puntualizzare – che va corretta, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 4 la motivazione della Corte di Appello, là dove questa, riprendendo quanto ritenuto dal giudice del primo grado, assume che, a differenza del decreto che rende esecutivo lo stato passivo, le pronunce emesse in sede di opposizione, godono di un’efficacia esofallimentare (sopra, nel 7). Anche queste ultime, in realtà, “producono effetti soltanto ai fini del concorso”.

25.- Il mancato accoglimento del secondo motivo del ricorso principale comporta l’assorbimento del primo motivo del medesimo ricorso principale (per il principio, secondo cui il rigetto di una delle rationes decidendi determina l’inammissibilità delle censure svolte nei confronti delle altre rationes, v. Cass., 14 febbraio 2012, n. 2108).

26.- Comporta altresì l’assorbimento del ricorso incidentale formulato dalle resistenti. La proposizione di questo ricorso deve infatti ritenersi implicitamente condizionato all’accoglimento del ricorso principale; in ogni caso, non vi è necessità di provvedere, non avendo i ricorrenti incidentali interesse a una decisione in proposito.

27.- In conclusione, va respinto il secondo motivo del ricorso principale, con assorbimento del primo motivo del ricorso incidentale e assorbimento del ricorso incidentale.

28.- Le spese seguono la regola della soccombenza e si liquidano in sede di dispositivo.

PQM

La Corte respinge il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale. Condanna i ricorrenti principali, in solido tra loro, al pagamento delle spese relative al giudizio di legittimità, che liquida nella misura di Euro 5.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) oltre a spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge, in favore di ciascuno dei resistenti.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 9 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2020

 

 

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