Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23172 del 08/11/2011

Cassazione civile sez. lav., 08/11/2011, (ud. 28/09/2011, dep. 08/11/2011), n.23172

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 9836-2008 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, PATTERI ANTONELLA, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AGRI 1,

presso lo studio dell’avvocato NAPPI PASQUALE, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato VITIELLO ERNESTO, giusta delega in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 292/2007 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 2/04/2007 r.g.n. 1035/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/09/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI AMOROSO;

udito l’Avvocato PATTERI ANTONELLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ricorso al Tribunale di Vigevano, proposto il 26 ottobre 2004, M.M., premesso di aver beneficiato, con decorrenza dal 10 dicembre 1997, del pensionamento anticipato previsto dal D.L. n. 501 del 1995, convertito in L. n. 11 del 1996, chiedeva l’accertamento del diritto alla liquidazione della pensione in relazione ad una anzianità contributiva di 35 anni, con condanna dell’INPS al pagamento delle differenze rispetto al minor trattamento pensionistico sino ad allora erogato, oltre successivi adeguamenti, interessi e spese.

Allegava di aver presentato ricorso amministrativo il 6 maggio 2000, come da copia del suddetto ricorso unita all’atto introduttivo ed indicata al n. 6 dell’elenco in calce dei documenti prodotti.

Si costituiva l’INPS che proponeva eccezione preliminare di decadenza e chiedeva il rigetto della domanda in quanto la maggiorazione di anzianità, prevista dalla legge, riguardava soltanto il conseguimento del diritto a pensione ma non anche l’entità del trattamento pensionistico anticipato.

Il Tribunale accoglieva la domanda del ricorrente e ne dichiarava il diritto alla riliquidazione della pensione su base contributiva pari a 35 anni, condannando l’istituto alla riliquidazione della pensione e al pagamento delle differenze sui ratei maturati.

2. Avverso detta sentenza interponeva gravame l’INPS, riproponendo le difese ed eccezioni svolte in primo grado, compresa la eccezione preliminare di decadenza.

Resisteva l’appellato.

La Corte di appello di Milano, con sentenza n. 292/2007, del 30 gennaio 2007-12 aprile 2007, respingeva il gravame confermando la sentenza del Tribunale di Vigevano e condannava l’INPS a rifondere le spese del grado di giudizio.

3. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’INPS. Resiste con controricorso l’intimato che ha depositato anche memoria.

All’odierna udienza la causa veniva decisa come da dispositivo infra trascritto. Il collegio autorizzava la motivazione semplificata della sentenza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il ricorso articolato in un unico motivo, l’Istituto ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639 come sostituito dal D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 4 convertito in L. 14 novembre 1992, n. 438, e del D.L. 29 marzo 1991, n. 103, art. 6 convertito nella L. 1 giugno 1991, n. 166;

in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Osserva l’Istituto che il M. ha avuto accesso al pensionamento anticipato in virtù del D.L. 25 novembre 1995, n. 501, art. 4 convertito nella L. 5 gennaio 1996, n. 11. Quindi la domanda di pensione è stata presentata successivamente all’entrata in vigore del D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 4 convertito in L. 14 novembre 1992, n. 438. Ne consegue che nella fattispecie in esame trova applicazione il termine di decadenza triennale, come stabilito dal D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 nella versione novellata, e non il termine decennale risalente alla stesura precedente all’entrata in vigore del citato D.L. n. 384 del 1992. Emerge pertanto – secondo la difesa dell’istituto – che è intervenuta la decadenza in relazione a tutti i ratei di pensione antecedenti ai tre anni calcolati a ritroso dalla data di deposito del ricorso giudiziario, avvenuto il 26 ottobre 2004.

L’Istituto pone quindi il seguente quesito di diritto: “In ipotesi di soggetto che ha avuto accesso alla pensione anticipata in virtù del D.L. 25 novembre 1995, n. 501, art. 4 convertito nella L. 5 gennaio 1996, n. 11, che proponga ricorso giudiziario per ottenere la commisurazione della pensione sulla base anche della maggiorazione di anzianità contributiva riconosciuta in forza del citato D.L. n. 501 del 1995, trova applicazione il termine triennale di decadenza introdotto dal D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 4 convertito in L. 14 novembre 1992, n. 438 oppure il termine decennale stabilito dalla stesura del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47 precedente all’entrata in vigore del citato D.L. n. 384 del 1992?”.

2. Il ricorso è infondato.

3. Va premesso che l’Istituto ricorrente non contesta il fondamento della domanda del pensionato, ritenuto dai giudici di merito, i quali peraltro hanno prestato adesione all’orientamento giurisprudenziale di questa corte (Cass. 28 giugno 2004 n. 1605) che ha affermato che nel pensionamento anticipato dei lavoratori addetti ai pubblici servizi di trasporto (autoferrotranvieri), disciplinato dal D.L. 25 novembre 1995, n. 501, art. 4 convertito con modificazioni dalla L. 5 gennaio 1996, n. 11, l’aumento figurativo o convenzionale dell’anzianità contributiva rileva non solo ai fini del conseguimento del diritto alla pensione di anzianità, ma anche ai fini della misura della stessa.

4. La questione che pone l’Istituto ricorrente riguarda soltanto la quantificazione delle differenze spettanti al pensionato sui ratei pregressi in ragione della dedotta applicazione del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47.

Nella specie il pensionato ha avuto accesso alla pensionamento anticipato successivamente all’entrata in vigore del D.L. n. 384 del 1992. Ne consegue che trova applicazione il tenni ne di decadenza triennale come stabilito dal D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 nella versione novellata e non già il termine decennale previsto dalla precedente formulazione della norma prima dell’entrata in vigore del citato D.L. n. 384 del 1992.

5. Però deve considerarsi che in proposito sono intervenute, a comporre un contrasto di giurisprudenza, le Sezioni Unite di questa Corte con due pronunce.

La prima (Cass., sez. un., 29 maggio 2009, n. 12718) ha affermato il seguente principio di diritto: “In tema di decadenza dall’azione giudiziaria per il conseguimento di prestazioni previdenziali, il D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47 (nel testo modificato dal D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 4, convertito, con modificazioni, nella L. 14 novembre 1992, n. 438) dopo avere enunciato due diverse decorrenze delle decadenze riguardanti dette prestazioni (dalla data della comunicazione della decisione del ricorso amministrativo o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della detta decisione), individua infine – nella “scadenza dei termini prescritti per l’esaurimento del procedimento amministrativo” – la soglia di trecento giorni (risultante dalla somma del termine presuntivo di centoventi giorni dalla data di presentazione della richiesta di prestazione di cui alla L. 11 agosto 1973, n. 533, art. 7 e di centottanta giorni, previsto dalla L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 46, commi 5 e 6), oltre la quale la presentazione di un ricorso tardivo – pur restando rilevante ai fini della procedibilità dell’azione giudiziaria – non consente lo spostamento in avanti del “dies a quo” per l’inizio del computo del termine decadenziale (di tre anni o di un anno). Ne consegue che, al fine di impedirne qualsiasi sforamento in ragione della natura pubblica della decadenza regolata dall’anzidetto art. 47, il termine decorre, oltre che nel caso di mancanza di un provvedimento esplicito sulla domanda dell’assicurato, anche in quello di omissione delle indicazioni di cui al medesimo art. 47, comma 5.

La seconda pronuncia (Cass., sez. un., 29 maggio 2009, n. 12720) ha poi precisato l’ambito di applicazione della decadenza di cui al D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47 – come interpretato dal D.L. 29 marzo 1991, n. 103, art. 6, convertito, con modificazioni, nella L. 1 giugno 1991, n. 166. Hanno affermato le sezioni unite che la decadenza non può trovare applicazione in tutti quei casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere non già il riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale in se considerata, ma solo l’adeguamento di detta prestazione già riconosciuta in un importo inferiore a quello dovuto, come avviene nei casi in cui l’Istituto previdenziale sia incorso in errori di calcolo o in errate interpretazioni della normativa legale o ne abbia disconosciuto una componente, nei quali casi la pretesa non soggiace ad altro limite che non sia quello della ordinaria prescrizione decennale.

Nella specie si tratta proprio di riliquidazione di pensione e quindi, in ragione dei principi affermati dalle Sezioni Unite, cit., non trovava affatto applicazione il termine decadenziale di cui all’art. 47 cit., ma solo quello ordinario di prescrizione.

In proposito questa corte (Cass., sez. lav., 20 gennaio 2010, n. 948), dando continuità all’orientamento espresso dalle sezioni unite, ha ribadito che la decadenza di cui al D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47 – come interpretato dal D.L. 29 marzo 1991, n. 103, art. 6 convertito, con modificazioni, nella L. 1 giugno 1991, n. 166 – non si applica ove la domanda giudiziale sia diretta ad ottenere la riliquidazione della prestazione pensionistica già attribuita (nella specie, di reversibilità), venendo in rilievo solo l’adeguamento di un diritto già riconosciuto sia pure per un importo inferiore, nel qual caso la pretesa non soggiace ad altro limite che non sia quello dell’ordinaria prescrizione decennale.

5. Il ricorso va quindi rigettato.

Alla soccombenza consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali di questo giudizio di cassazione nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione liquidate in Euro 40,00 oltre Euro 2.500,00 (duemilacinquecento) per onorario d’avvocato ed oltre IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2011

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