Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23171 del 08/11/2011

Cassazione civile sez. lav., 08/11/2011, (ud. 28/09/2011, dep. 08/11/2011), n.23171

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 3528-2009 proposto da:

B.R., C.R., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA G. PISANELLI 2, presso lo studio dell’avvocato FELSANI

MARIA CECILIA, rappresentati e difesi dall’avvocato STORACE ISIDE,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, GIANNICO GIUSEPPINA, giusta delega in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 26/2008 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 18/02/2008 r.g.n. 243/06 + 1;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/09/2011 dal Consigliere Dott. GABRIELLA COLETTI DE CESARE;

udito l’Avvocato PULLI CLEMENTINA per delega RICCIO ALESSANDRO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Genova ha rigettato la domanda proposta da B.R. e C. R. nei confronti dell’INPS al fini del riconoscimento del diritto al beneficio previsto dalla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, per i periodi in cui avevano lavorato, eon esposizione all’amianto, presso la OMSAV s.r.l. di (OMISSIS), ritenendo pienamente condivisibili le conclusioni della CTU disposta in appello, che aveva escluso l’esistenza, per i due lavoratori, di una esposizione media annuale alle fibre di amianto superiore alla soglia di rischio richiesta dalla legge citata per l’attribuzione del beneficio previdenziale rivendicato in giudizio. In particolare, la Corte ha sottolineato la correttezza della metodica seguita dall’ausiliare tecnico, il quale aveva raccolto dati e documentazione relative all’ambiente di lavoro presso la società OMSAV, aveva verificato le mansioni cui era stato personalmente adibito ciascuno dei lavoratori ricorrenti, aveva acquisito i dati relativi al livello di concentrazione di fibre di amianto per tipo di attività reperibili presso la banca AMYANT (ciò, nell’impossibilità di rilevare in concreto i valori effettivi, essendo quella dell’OMSAV una realtà industriale da tempo dimessa) aveva, poi, proceduto a individuare il fattore temporale di esposizione (importantissimo per la determinazione del superamento annuo della soglia di rischio) sempre con riferimento alle mansioni svolte da ciascuno dei ricorrenti e fatto, infine, applicazione, per il calcolo della esposizione media annua, della formula utilizzata dalla CONTARP (organo tecnico dell’INAIL).

Per la cassazione di questa sentenza i due lavoratori hanno proposto ricorso fondato su quattro motivi.

L’INPS ha resistito con controricorso e ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivazione Semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Nel primo motivo, con denunzia di vizi di motivazione in punto di rinnovo della CTU, fa sentenza d’appello è censurata per aver disposto una nuova indagine tecnica senza alcuna giustificazione, posto che da quella espletata in primo grado emergevano tutti gli elementi di cognizione necessari per la verifica della esposizione a rischio per ciascuno dei lavoratori ricorrenti.

2. Nel secondo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione degli artt. 156, 194 e 195 c.p.c. e dell’art. 90 disp. att. c.p.c., per violazione del contraddittorio e nullità della CTU, sussistenti, secondo i ricorrenti, per il fatto che l’ausiliare tecnico non aveva ottemperato alle prescrizioni del provvedimento di conferimento dell’incarico, nel quale il giudice d’appello aveva previsto, per il CT di parte, la facoltà – in concreto esercitata – di chiedere all’ausiliare tecnico di mettere la sua relazione a disposizione per eventuali osservazioni scritte da consegnargli prima del deposito della relazione stessa. Sottolineano i ricorrenti che le questioni di nullità e di violazione dei diritti della difesa erano state espressamente sollevate all’udienza (immediatamente successiva alla data di deposito della relazione tecnica) del 5 ottobre 2007 e che, ciononostante, il giudice d’appello nulla aveva disposto in merito alla richiesta di sostituzione del CTU. 3. Nel terzo motivo, con deduzione di difetto di motivazione, si contesta alla sentenza impugnata di non aver fatto alcun riferimento alla memoria difensiva autorizzata nella quale si eccepiva la nullità della CTU (anche) mettendosi in discussione l’imparzialità, la ritualità dell’indagine e l’attendibilità delle conclusioni dell’ausiliare tecnico risultando da una lettera del consulente di parte degli attuali ricorrenti, che il nominato CTU aveva in qualche modo paventato le conseguenze di ordine economico e politico derivanti dall’accoglimento di un eccessivo numero di domande del controverso beneficio previdenziale.

4. Nel quarto motivo, con deduzione di difetto di motivazione in ordine alla prevalenza attribuita alle conclusioni della CTU di secondo grado rispetto a quella esperita in primo grado, nonchè in ordine alle censure mosse alla medesima CTU, si sostiene che la Corte di merito si è limitata ad esprimere un’acritica adesione a conclusioni fondate su una scelta arbitraria ed immotivata dei coefficienti di calcolo della esposizione a rischio e sul mancato esame delle risultanze probatorie dalla quali emergeva come altri lavoratori dello stesso reparto – e adibiti alle medesime mansioni dei ricorrenti – avessero ricevuto l’attestazione di rischio da parte dell’INAIL e il riconoscimento del diritto al richiesto beneficio contributivo.

5. Il ricorso non è fondato.

6. Premette la Corte che le questioni prospettate nei vari motivi sono state da essa già state esaminate in sede di decisione di controversie in tutto analoghe (cfr., tra tante, Cass. nn.5897, 6507, 7494 del 2011) ed osserva che le considerazioni espresse nell’occasione non possono che ribadirsi con riferimento alle censure mosse dai ricorrenti alla sentenza qui impugnata.

7. In particolare, quanto al primo motivo, decisiva è la considerazione che la consulenza tecnica non è un mezzo di prova, bensì (come riconoscono gli stessi ricorrenti) un mezzo istruttorie sottratto alla disponibilità delle parti e affidato al prudente apprezzamento del giudice, al quale spetta decidere sulla esaustività degli accertamenti già compiuti e valutare l’opportunità di disporre indagini tecniche suppletive o integrative di quelle già espletate, ovvero di sentire a chiarimenti il consulente, nonchè di procedere alla rinnovazione delle indagini con la nomina di altri consulenti; e l’esercizio di tale potere (così come il suo mancato esercizio) non può essere sindacato in sede di legittimità sotto il profilo del difetto di motivazione, salvo che l’esigenza di procedere a una nuova consulenza (o di chiamare il consulente a chiarimenti o, ancora, di effettuare accertamenti suppletivi o integrativi) sia stata segnalata dalle parti e il giudice non ritenga di accogliere la relativa istanza (vedi Cass. nn. 17906 del 2003, n. 5777 del 1998, 8611 del 1995, 10972 del 1994).

8. Parimenti, quanto al secondo motivo, deve ribadirsi che nessuna norma del codice di rito impone al consulente tecnico di ufficio di fornire ai consulenti di parte una “bozza” della propria relazione (cfr. Cass. n. 5897 del 2011, n. 24792 del 2010). Il fatto, pertanto, che, nella specie, il CTU non abbia ottemperato al provvedimento del giudice d’appello, dal contenuto più sopra descritto, non comporta certamente nullità della consulenza, ma, a massimo, una irregolarità peraltro non tradottasi in nocumento del diritto di difesa, tant’è che gli stessi ricorrenti ammettono di “… avere tempestivamente contestato la CTU, mettendo in discussione l’imparzialità, la ritualità dell’indagine e la attendibilità delle conclusioni del perito …” (ric. pagg. 13 e 14). Irrilevante, pertanto, è la mancanza di una esplicita pronuncia della Corte territoriale sulle questioni sopra indicate.

9. Prive di fondamento sono, a loro volta, le censure espresse nel terzo motivo, non risultando che odierni ricorrenti abbiano fatto valere le loro riserve nei confronti della imparzialità del CTU tramite istanza di ricusazione ex artt. 51 e 63 c.p.c.; di talchè la Corte territoriale non era onerata di motivare sul sospetto del difetto di terzietà dell’ausiliare. In ogni caso, non può dubitarsi dell’imparzialità del CTU rispetto alle valutazioni da compiere (e poi espresse) con riferimento alla posizione lavorativa degli odierni ricorrenti, per il solo fatto che l’ausiliare tecnico avesse in qualche modo paventato le conseguenze di ordine politico-economico derivanti dal numero di domande (all’epoca) pendenti per il riconoscimento dei benefici previdenziali riconosciuti dalla L. n. 257 del 1992 ai lavoratori esposti all’amianto.

10. Infine, quanto alle censure svolte nel quarto motivo, si osserva che la confutazione, da parte della Corte territoriale, delle contestazioni formulate nei confronti della disposta CTU è implicita nel giudizio di piena attendibilità ed esaustività dell’elaborato tecnico che il giudice d’appello ha ampiamente motivato riferendo della correttezza della metodica seguita dal proprio ausiliare. Nè rileva il fatto che altri lavoratori della stessa azienda, operanti nel medesimo ambiente e adibiti alle medesime mansioni degli odierni ricorrenti fosse stata rilasciata dall’INAIL l’attestazione di esposizione a rischio, posto che dall’avvenuta esposizione di un lavoratore non è lecito inferire, in assenza di ulteriori precisi elementi di prova, il verificarsi di un’ identica esposizione per un altro lavoratore. La verifica da compiere è, infatti, quella della consistenza e del periodo di “personale” esposizione del lavoratore di volta in volta interessato e, dunque, il mancato rilascio a costui dell’attestazione in questione è, semmai, significativa della insussistenza, nei suoi confronti, del rischio che condiziona l’attribuzione del beneficio di cui alla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8.

E’ da aggiungere, quanto al dedotto vizio di motivazione, consistente nel non avere la sentenza impugnata messo a confronto le conclusioni del proprio ausiliare tecnico con quelle, di segno diverso, espresse dai CTU nominati in primo grado, che i ricorrenti non espongono dati e considerazioni della consulenza di primo grado suscettibili di porre sicuramente in dubbio le conclusioni dell’ausiliare tecnico di secondo grado, così da obbligare il giudice d’appello a motivare la scelta dell’ un elaborato piuttosto che dell’altro.

11. In definitiva, le censure di vizio di motivazione che i ricorrenti addebitano alla sentenza impugnata non evidenziano lacune o vizi logici del suo impianto motivazionale, tali da rendere la decisione priva di razionale giustificazione, ma si risolvono, per la gran parte, attraverso la messa in discussione dell’operato e delle conclusioni del CTU, in critiche strumentali a una revisione del merito del convincimento del giudice (che quelle conclusioni ha fatto proprie) e, per ciò stesso, devono ritenersi inammissibili, in quanto incompatibili con il sindacato di (sola) legittimità proprio del giudizio di cassazione.

12. In conclusione il ricorso è rigettato.

13. Non vi è luogo a condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo anteriore alle modifiche apportate dal D.L. n. 269 del 2003 (conv. in L. n. 326 del 2003), nella specie inapplicabile ratione temporis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2011

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