Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23170 del 04/10/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 04/10/2017, (ud. 17/07/2017, dep.04/10/2017),  n. 23170

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19803/2011 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, Via dei

Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

Z.A.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria centrale, sezione di

Bologna, n. 856/03/10, depositata il 10 giugno 2010;

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 17 luglio

2017 dal Consigliere Dott. Emilio Iannello.

Fatto

FATTO E DIRITTO

rilevato che l’Agenzia delle entrate ricorre, con unico mezzo, nei confronti di Z.A. (che non svolge difese in questa sede), avverso la sentenza in epigrafe con la quale la Commissione tributaria centrale, sezione di Bologna, ha rigettato l’impugnazione da essa proposta, ritenendo illegittimo il diniego opposto all’istanza con cui il predetto aveva chiesto il rimborso delle somme trattenute dalla Enichem Polimeri S.p.A., quale sostituto d’imposta, per Irpef sull’indennità di fine rapporto erogatagli, in data 23/1/1984, in occasione del suo collocamento a riposo;

che la C.T.C. ha infatti ritenuto, per quel che ancora in questa sede interessa, applicabile l’esenzione dall’Irpef sulla parte dell’indennità di buonuscita rappresentata dai contributi a carico del dipendente “essendo il sostituto d’imposta una società facente parte del gruppo Eni rientrante nel concetto di amministrazione dello Stato”;

considerato che, con l’unico motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate deduce la violazione della L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 1, comma 3, censurando l’affermazione secondo cui l’Enichem Polimeri S.p.A. sia da considerare un’amministrazione dello Stato, essendo essa una società per azioni;

che, ciò premesso, rileva la ricorrente che il regime tributario delle indennità di fine rapporto di lavoro non è analogo tra pubblici dipendenti e dipendenti privati, tenuto conto anche che, a formare l’indennità di buonuscita, concorrono i contributi dei pubblici dipendenti, mentre i lavoratori privati non versano alcun contributo per formare la loro indennità di fine rapporto;

che per tal motivo non può quindi considerarsi applicabile, secondo la ricorrente, quanto previsto dalla sentenza della Corte costituzionale n. 178 del 1986 e dal successivo D.L. 14 marzo 1988, n. 70, convertito con modificazioni dalla L. 13 maggio 1988, n. 154, che ha esteso i benefici previsti dalla detta sentenza a tutti i dipendenti pubblici;

ritenuto che la censura è fondata, nei termini appresso precisati;

che occorre rammentare in premessa che, con la richiamata sentenza n. 178 del 7 luglio 1986, la Corte costituzionale ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale della L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 2 e art. 4, commi 1 e 4, nella parte in cui non prevedono che dall’imponibile da assoggettare ad imposta vada detratta anche una somma pari alla percentuale dell’indennità di buonuscita (di cui al D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 3), corrispondente al rapporto esistente alla data del collocamento a riposo tra il contributo del 2,50% posto a carico del pubblico dipendente e l’aliquota complessiva del contributo previdenziale obbligatorio versato al Fondo di previdenza dell’E.N.P.A.S.”;

che, a fondamento di tale pronuncia, è posto il rilievo secondo cui “l’elemento indicato nelle ordinanze di rimessione (la contribuzione degli aventi diritto) è necessariamente rilevante al fine di assicurare il principio del rispetto della capacità contributiva, giacchè non appare razionale la tassazione anche di quella parte delle indennità di buonuscita erogate dall’E.N.P.A.S. percepite in correlazione ai contributi versati dallo Stato che gravano sui dipendenti statali”, atteso che, così operando “lo Stato verrebbe a colpire col tributo un esborso da sè stesso effettuato (ma con incidenza diretta sul pubblico dipendente a seguito della rivalsa), trascurando anche la circostanza che le somme versate sono affidate alla esclusiva ed autonoma gestione di un apposito ente con relativi redditi ed incrementi, dei quali nessun meccanismo assicura i favorevoli riflessi sul soggetto inciso al momento della percezione della indennità di liquidazione”, essendo conseguentemente “illogico e arbitrario” ritenere che “per la parte afferente in via virtuale a tale contribuzione… la indennità di buonuscita si profili come reddito”;

che, recependo le indicazioni di tale pronuncia, il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 17, comma 1, ultimo periodo, nel testo originario, così disponeva: “per la indennità di buonuscita corrisposta ai pubblici dipendenti dal Fondo di previdenza dell’Ente nazionale di previdenza ed assistenza per i dipendenti statali, l’ammontare netto è computato previa detrazione di una somma pari alla percentuale di tale indennità corrispondente al rapporto, alla data del collocamento a riposo, tra il contributo del 2,50 per cento posto a carico del dipendente e l’aliquota complessiva del contributo previdenziale obbligatorio versato al Fondo predetto”;

che tale disposizione è stata successivamente modificata dal D.L. 14 marzo 1988, n. 70, art. 4, comma 3-ter, convertito con modificazioni dalla L. 13 maggio 1988, n. 154, in modo da estendere il medesimo trattamento a tutte le “indennità equipollenti al trattamento di fine rapporto, comunque denominate, alla cui formazione concorrono contributi previdenziali posti a carico dei lavoratori dipendenti e assimilati”, stabilendosi che l’ammontare netto di tale indennità “è computato previa detrazione di una somma pari alla percentuale di tali indennità corrispondente al rapporto, alla data del collocamento a riposo o alla data in cui è maturato il diritto alla percezione, fra l’aliquota del contributo previdenziale posto a carico dei lavoratori dipendenti e assimilati e l’aliquota complessiva del contributo stesso versato all’ente, cassa o fondo di previdenza”;

che il D.L. 2 marzo 1989, n. 69, art. 2-bis, convertito con modificazioni dalla L. 27 aprile 1989, n. 154, ha poi disposto che la suddetta disciplina si applica su tutte le indennità erogate dopo il 30 settembre 1985 ed anche su quelle precedenti, fino al 1 gennaio 1980, sempre che il dipendente, collocato in pensione, abbia presentato istanza ai sensi della L. 26 settembre 1985, n. 482 o entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della L. 27 aprile 1989, n. 154, secondo le disposizioni della L. n. 482 del 1985, art. 4, comma 5;

che, successivamente, con D.M. Finanze 24 aprile 1991, sono state fissate le modalità di individuazione degli enti che hanno erogato indennità alla cui formazione hanno contribuito i lavoratori dipendenti;

ritenuto che, dalla superiore rassegna, emerge con evidenza che presupposto per la riliquidazione dell’imposta relativa alle indennità equipollenti al trattamento di fine rapporto è che alla formazione di tale indennità abbiano concorso contributi previdenziali posti a carico dei lavoratori dipendenti e assimilati;

che la sentenza impugnata si è mossa invece in prospettiva diversa;

che invero – al di là della incongrua riconduzione della società (la Enichem Polimeri S.p.A.) che, nel caso di specie, risulta aver corrisposto l’indennità su cui sono state operate ritenute fiscali delle quali l’odierno intimato chiede il parziale rimborso, al “concetto di amministrazione dello Stato” – nessun accertamento risulta condotto circa detto elemento essenziale e scriminante ai fini dell’invocato regime fiscale, costituito come detto dal concorso alla formazione delle stesse indennità di contributi posti a carico dello stesso dipendente;

che, pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza va cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale competente per territorio, la quale, nell’esaminare la fattispecie, dovrà adeguarsi ai princìpi sopra enunciati, accertando anche la sussistenza dei requisiti formali richiesti dal D.L. n. 69 del 1989, citato art. 2-bis;

che al giudice di rinvio va anche demandato il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

 

accoglie il ricorso; cassa la sentenza; rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 17 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2017

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