Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23168 del 04/10/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 04/10/2017, (ud. 17/07/2017, dep.04/10/2017),  n. 23168

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 26133/2010 R.G. proposto da:

A. s.n.c. di A.A. & C., A.A. e

A.C., rappresentati e difesi dall’Avv. Pietro Carlino e

dall’Avv. Guido Luigi Battagliese con domicilio eletto in Roma,

piazza Cola di Rienzo, n. 92, presso lo studio del primo;

– ricorrenti –

contro

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, Via dei

Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia, n. 103/50/09, depositata l’11 settembre 2009;

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 17 luglio

2017 dal Consigliere Dott. Emilio Iannello.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che la società A. s.n.c. di A.A. & C. ed i soci A.A. e C. propongono ricorso per cassazione, con tre mezzi, nei confronti dell’Agenzia delle entrate (che resiste con controricorso), avverso la sentenza in epigrafe con la quale la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha rigettato l’appello da essi proposto, ritenendo legittimi gli avvisi di accertamento emessi, per l’anno d’imposta 1998: il primo a carico della s.n.c. (ai soli fini dell’accertamento dell’Irpef a carico dei soci); gli altri due a carico di questi ultimi per l’Irpef gravante sul rispettivo reddito di partecipazione; avvisi tutti emessi sulla base della definizione concordata, L. 27 dicembre 2002, n. 289, ex art. 15, comma 5, con riferimento esclusivo alla pendenza a carico della società medesima e previo rigetto implicito dell’istanza di definizione presentata dai soci ai sensi dell’art. 9 L. cit.;

che secondo i giudici d’appello, infatti, in virtù del principio della unitarietà dell’accertamento D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, ex art. 5 e della conseguente automatica imputazione a ciascun socio pro quota dei redditi accertati in capo al soggetto collettivo, l’accertamento con adesione stipulato dalla società per gli anni dal 1995 al 2000 (e, prima ancora, gli atti ad esso prodromici) ha dispiegato i suoi effetti nei confronti dei soci: conclusione questa peraltro rafforzata – hanno essi evidenziato – anche dalla circostanza che il procuratore agente delle parti private in quella circostanza aveva operato, come espressamente rilevabile dalla procura, “per la definizione delle pendenze fiscali relative ai tributi per gli anni 1995, 1996, 1997, 1998, 1999 e 2000, accertati e in corso di accertamento, della società e conseguentemente dei soci”;

che conseguentemente – si rileva ancora in sentenza – le persone fisiche dei soci non versavano nella situazione di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9, per effetto dell’esclusione di cui al comma 14, lett. a), della medesima norma, donde la legittimità dell’azione accertatrice dell’Ufficio, da considerarsi tempestiva in considerazione della proroga disposta dalla L. n. 289 del 2002, art. 10;

considerato che, con il primo motivo di ricorso, la società e i soci deducono violazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, commi 10 e 14, lett. a), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la C.T.R. ritenuto che il condono operato dalla società ai sensi dell’art. 15 L. cit. produce effetti, in automatico, anche nei confronti dei due soci persone fisiche, precludendo agli stessi di beneficiare della diversa modalità di definizione di cui all’art. 9 della legge medesima: rimarcano al riguardo che, come già dedotto nei gradi di merito, alle persone fisiche dei soci non erano stati notificati nè processi verbali di constatazione, nè avvisi di accertamento, nè formali inviti al contraddittorio D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, ex art. 5, unici atti elencati dal comma 14 della L. n. 289 del 2002, art. 9;

che, al riguardo, i ricorrenti eccepiscono altresì l’esistenza di giudicato esterno formatosi sulla sentenza n. 02/28/10 depositata il 25 gennaio 2010, resa dalla stessa C.T.R. in separato giudizio relativo a identiche controversie tributarie promosse in relazione agli anni di imposta 1999 e 2000, essendosi in questa riconosciuto che i soci legittimamente si sono avvalsi della definizione automatica degli anni pregressi L. n. 289 del 2002, ex art. 9, dal momento che l’accertamento con adesione riguardava solo la società e non risultava che ai soci fossero stati notificati processi verbali di constatazione o avvisi di accertamento o inviti al contraddittorio;

che, con il secondo motivo, i ricorrenti denunciano inoltre violazione e/o falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 10, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere erroneamente ritenuto la C.T.R. applicabile alla fattispecie la proroga dei termini per l’accertamento disposto dell’art. 10 L. cit., in difetto dei relativi presupposti, ossia del mancato avvalimento da parte dei soci di alcuno dei condoni fiscali previsti dagli artt. da 7 a 9 della legge medesima: condizione questa – essi assumono – apprezzabile solo nel caso in cui fosse riconosciuta in astratto la possibilità di avvalersi di tali condoni e, dunque, non nel caso di specie, nel quale la C.T.R. ha invece ritenuto, avallando l’operato dell’Ufficio, che i soci non potessero avvalersi della definizione automatica ex art. 9 L. cit. in ragione della divisata sussistenza delle condizioni ostative di cui al comma 14 della medesima disposizione;

che sotto altro profilo la violazione dell’indicata norma è anche dedotta per avere la C.T.R. ritenuto la detta proroga operante anche con riferimento all’accertamento emesso nei confronti della società (“strumentale e senza conseguenze impositive per i tributi propri”), atteso che la società non si era avvalsa delle tipologie di condono di cui agli articoli da 7 a 9, relativamente alla cui mancata definizione era prevista la suddetta proroga, ma aveva usufruito del condono ex art. 15, in relazione ad un processo verbale di constatazione, con conseguente inapplicabilità della proroga;

che anche sul punto i ricorrenti invocano la forza di giudicato asseritamente attribuibile alla sopra citata sentenza resa dalla C.T.R. della Lombardia in separato giudizio relativo agli anni 1999-2000;

che con il terzo motivo i ricorrenti deducono infine insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere i giudici a quibus malamente interpretato il contenuto della procura conferita al difensore per la definizione delle pendenze fiscali, omettendo di considerare che dai relativi verbali si ricava che solo la società, e non anche i soci, ha definito in contraddittorio con l’Ufficio la propria posizione fiscale;

ritenuto che è fondato il primo motivo di ricorso, con assorbimento dei rimanenti, nei sensi appresso precisati;

che invero – esclusa preliminarmente la possibilità di attribuire alla succitata sentenza separatamente resa con riferimento a diversi anni di imposta forza di giudicato nella presente sede, ostandovi l’autonomia dei periodi di imposta – occorre osservare che, secondo principio incontrastato della giurisprudenza di questa Corte, i soci delle società di persone, in quanto titolari di una soggettività tributaria autonoma rispetto a quella della società, oltre che quello di presentare dichiarazioni integrative indipendentemente dalla stessa, hanno il potere di contestare il reddito di partecipazione ad essi attribuito dal Fisco in funzione di quello determinato, ai fini Ilor/Irap, nei confronti della società, e, nei loro confronti, quindi può configurarsi la nullità dell’accertamento per carenza del potere impositivo nei limiti in cui il socio si sia, a sua volta, avvalso della facoltà di sanare la propria posizione tributaria (v. Cass. 19/06/2013, n. 15329; Cass. 12/02/2013, n. 3359; Cass. 01/06/2007, n. 12886);

che nel caso di specie la ricorrenza della causa ostativa alla definizione agevolata non può ritenersi accertata, essendosi al riguardo esclusivamente attribuito rilevanza – erroneamente alla luce del surrichiamato principio – all’accertamento con adesione richiesto per gli anni dal 1997 al 2000 dalla società e poi alla adesione della stessa al condono L. n. 289 del 2002, ex art. 15, ossia a circostanze che, afferendo esclusivamente alla distinta posizione fiscale della società, non possono, come detto, nè precludere contestazioni da parte dei soci, nè per converso ostare alla proposizione da parte degli stessi di istanze di condono ad essi riferibili;

che, pertanto, accolto il ricorso, va cassata la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, non essendovi necessità di ulteriori accertamenti in fatto, va accolto il ricorso introduttivo, con annullamento degli atti impugnati;

che avuto riguardo allo svolgimento del processo, vanno compensate le spese di ambo i gradi del giudizio di merito;

alla soccombenza segue invece la condanna dell’amministrazione resistente al pagamento delle spese relative al presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

PQM

 

accoglie il primo motivo di ricorso, nei termini di cui in motivazione; dichiara assorbiti i rimanenti; cassa la sentenza; decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo. Compensa le spese di entrambi i gradi del giudizio di merito. Condanna la controricorrente al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 17 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2017

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