Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23156 del 22/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 22/10/2020, (ud. 13/03/2019, dep. 22/10/2020), n.23156

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

Dott. GHITTI Italo Mario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 8315/2014 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la cui sede in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12,

elettivamente domicilia;

– ricorrente –

contro

COSTA D’ORO s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore

rappresentata e difesa, giusta delega in atti, dagli avv.ti Edoardo

Torlini e Riccardo Carnevali, presso il cui studio in Roma, alla

piazza Giovine Italia n. 7, elettivamente domicilia.

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale

dell’Umbria n. 131/1/13 depositata il 10/10/2013, non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

13/03/2019 dal consigliere Roberto Succio;

udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del sostituto

procuratore generale che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

uditi l’avvocato dello Stato Giovanni Palatiello e l’avvocato Lorenzo

Tizi.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1) La Commissione Tributaria Provinciale di Perugia respinse il ricorso proposto da Costa D’Oro s.p.a. (autorizzata all’importazione temporanea di olio in regime di perfezionamento attivo) avverso l’avviso di rettifica dell’accertamento, con invito al pagamento di complessivi Euro 19.629,21, notificatole il 22.6.2010 dall’Agenzia delle Dogane per il recupero dei diritti doganali pretesi in ragione della non appartenenza alla categoria (extravergine) dichiarata di una partita di olio riesportato dalla società, a scarico parziale di quello equivalente importato dalla Tunisia, risultato olio vergine a seguito di analisi eseguita a campione, il cui esito era stato confermato nel procedimento amministrativo per la risoluzione della controversia promosso da Costa D’Oro ai sensi del D.P.R. n. 43 del 1973, art. 65, e segg., (TULD).

2) L’appello proposto dalla soccombente contro la decisione è stato accolto dalla Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria, sezione staccata di Perugia, che, con sentenza del 10.10.2013, ha annullato l’avviso impugnato in quanto, nel predetto procedimento amministrativo, la decisione del Capo del Dipartimento delle Dogane era intervenuta oltre il termine – assegnato dal TULD, art. 68, comma 1, e ritenuto perentorio – di quattro mesi dalla presentazione da parte di Costa D’Oro della formale istanza a provvedere.

3) L’Agenzia delle Dogane ricorre per la cassazione della sentenza, con atto affidato a due motivi; Costa D’Oro s.p.a. resiste con controricorso illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c., con la quale eccepisce l’avvenuta formazione del giudicato esterno, per essere intervenuta medio tempore sentenza definitiva tra le parti sullo stesso rapporto giuridico e sugli stessi fatti oggetto della presente controversia, in forza di sentenza resa dalla CTR dell’Umbria n. 275/02/2014 divenuta definitiva per mancata impugnazione in data 15.2.2019.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1) L’eccezione di giudicato esterno sollevata da Costa D’Oro nella memoria ex art. 378 c.p.c., è infondata.

1.1.) Con la sentenza definitiva n. 275/02/014 la CTR dell’Umbria ha annullato l’atto di contestazione delle sanzioni separatamente notificato alla società, e da questa separatamente impugnato, in conseguenza della medesima verifica che ha dato luogo all’emissione dell’avviso di rettifica oggetto di questo giudizio.

1.2) Ciò precisato, non appare superfluo rilevare, in primo luogo, che qualora i ricorsi separatamente proposti dal contribuente contro l’originario atto impositivo e contro quello di contestazione delle sanzioni si fondino su identiche ragioni di fatto e di diritto, la decisione della controversia riguardante il secondo atto dipende (è cioè pregiudicata) dalla definizione di quella riguardante la validità, o meno, del primo, in difetto del quale nessuna sanzione potrebbe mai essere irrogata (sicchè il giudice che ne fosse investito sarebbe tenuto, a rigore, a sospendere il processo, secondo quanto previsto dall’art. 295 c.p.c.).

1.3) Poichè, viceversa, la validità dell’avviso di rettifica non dipende dalla validità dell’atto di irrogazione delle sanzioni, va nella specie escluso che la controversia nella quale è stata emessa la sentenza definitiva fosse pregiudiziale rispetto alla decisione della presente causa: ciò significa che il giudicato formatosi sull’annullamento delle sanzioni non è vincolante in questo giudizio.

1.4) Va altresì escluso che la sentenza definitiva sia destinata, comunque, ad esplicare la sua efficacia sul presente processo per aver deciso su questioni che costituiscono presupposti logicamente e giuridicamente ineliminabili anche della statuizione finale che dovrà in esso essere assunta.

1.5) La nullità dell’atto di irrogazione delle sanzioni è stata infatti dichiarata unicamente in ragione del mancato rispetto del termine previsto dal Reg. CEE n. 2568 del 1991, art. 2, fra la data del prelievo a campione e quella di comunicazione del risultato delle analisi, avendo la CTR ritenuto, in base ad una propria interpretazione della norma esaminata, che detto termine sia perentorio e che la sua violazione pregiudichi, di per se stessa, il diritto di difesa del contribuente, che non potrebbe più richiedere le controanalisi.

1.6) Ora, sotto un primo e generale profilo, va osservato che l’esegesi compiuta da un giudice in ordine al significato ed alla portata di una disposizione di legge non può mai vincolare altro giudice, neppure nel caso in cui la medesima questione interpretativa sia stata posta in una diversa causa avente ad oggetto il medesimo rapporto giuridico.

Invero, come è stato già affermato da questa Corte, le questioni che riguardano l’applicabilità di una norma giuridica e la sua interpretazione non sono suscettibili di passare in giudicato autonomamente dalla domanda, o dal capo di essa, cui si riferiscono, assolvendo ad una funzione meramente strumentale rispetto alla decisione (Cass. n. 21561 del 20/10/2010).

Tanto basterebbe ad escludere che la sentenza di cui Costa D’Oro invoca l’autorità di giudicato esterno possa far stato fra le parti al di fuori del processo in cui è stata resa.

1.7) Va peraltro rilevato che, nella sentenza oggi impugnata, la CTR ha sì esaminato la problematica afferente l’interpretazione del Reg. CE cit., art. 2, comma 4, giungendo alla conclusione della perentorietà dei termini in esso previsti per l’effettuazione delle analisi e delle controanalisi, ma ciò ha fatto al solo fine di trarne ulteriore argomento a sostegno della tesi, della perentorietà del diverso termine di cui al TULD, art. 68, comma 1, sulla quale ha fondato la propria decisione. Si legge infatti ai parr. 6.4.3, 6.4.5 della pronuncia qui impugnata che: “La procedimentalizzazione nel predetto regolamento, art. 2,…delle modalità per la verifica… delle caratteristiche organolettiche degli oli di oliva… da parte delle autorità nazionali, del prelievo dei campioni… della tempistica per il compimento delle analisi e delle eventuali controanalisi… comporta che eventuali violazioni delle disposizioni interne e comunitarie debbano essere sorrette da specifici motivi, pena la loro inammissibilità. Specificità che non è dato rinvenire nè dalle argomentazioni dell’appellante Costa D’Oro nè dalle controdeduzioni dell’agenzia delle dogane”.

In sostanza, con statuizione che non è stata censurata dall’odierna controricorrente, il giudice d’appello ha escluso che il tema della nullità dell’avviso di accertamento per violazione dei termini di cui al richiamato Reg. CE n. 2568 del 1991, art. 2, comma 4, fosse stato devoluto alla sua cognizione.

Ne deriva, a maggior ragione, l’insussistenza di un giudicato esterno costituito dalla sentenza definitiva, con la quale la CTR ha annullato l’atto di contestazione delle sanzioni decidendo in via esclusiva di una questione estranea al presente giudizio.

2) Si può a questo punto procedere all’esame del ricorso.

2.1) Con il primo motivo l’Agenzia delle Dogane denuncia violazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – del D.P.R. n. 43 del 1973, art. 68, (c.d. TULD), in relazione anche alla L. n. 241 del 1990, artt. 2 e 2 bis, per avere la CTR erroneamente ritenuto che il termine di quattro mesi previsto per l’emissione della decisione del Capo del Dipartimento delle Dogane sia perentorio e debba essere rispettato, a pena di nullità dell’avviso per decadenza dell’Ufficio dal proprio potere impositivo.

2.2) Il motivo è fondato.

Questa Corte ha già affermato che “in tema di dazi doganali, la natura o composizione delle merci presentate alla dogana è accertabile mediante analisi di laboratorio, i cui risultati sono contestabili dall’operatore con richiesta di ripresa del contraddittorio ai sensi del D.P.R. n. 43 del 1973, art. 61, nell’ambito della quale la fase della contestazione può svolgersi con la richiesta di intervento dei periti, che dà luogo alla subprocedura delineata dal successivo art. 65, ovvero senza richiedere la controvisita o l’esame dei periti: in ogni caso, dalla sottoscrizione del verbale decorre il termine previsto dall’art. 66, per la presentazione dell’istanza di risoluzione della controversia al Direttore regionale dell’Agenzia delle Dogane (già Capo del compartimento doganale), il quale adotta un provvedimento motivato nel termine di quattro mesi, da ritenersi ordinatorio, non essendo prevista alcuna decadenza (Cass. n. 28667/018).

2.3) Al principio da ultimo enunciato va data continuità.

Il TULD, art. 68, rubricato “Procedimento amministrativo di seconda istanza per la risoluzione di controversie” prevede che: “la decisione del capo del compartimento doganale deve essere emessa nel termine di quattro mesi dalla data di presentazione della formale istanza di cui all’art. 66, e deve essere subito notificata all’interessato dalla competente dogana.

Avverso la decisione del capo del compartimento doganale è ammesso ricorso al Ministro per le finanze; il ricorso deve essere presentato alla dogana competente, a pena di decadenza, entro quaranta giorni dalla notifica della decisione medesima.

Il ricorso di cui al comma 2, unitamente a tutti gli atti della controversia, è dalla dogana trasmesso al Ministero delle finanze. Il Ministro decide con provvedimento motivato dopo aver sentito il collegio consultivo centrale dei periti doganali, costituito a norma del successivo articolo.

Decorso inutilmente il termine indicato nel comma 2, si intende accettata la decisione di prima istanza. In tal caso la dogana procede ai sensi dell’art. 61, u.c.”.

2.4) Orbene, la CTR ha desunto la perentorietà del termine di cui alla Disp. dalla perentorietà del termine, comma 1, che il comma 2 assegna al contribuente per presentare ulteriore ricorso, contro la decisione del capo del compartimento doganale, al Ministero delle Finanze; sennonchè, a parte l’evidente non equiparabilità di un termine espressamente previsto a pena di decadenza dalla facoltà di azione con un termine assegnato per il deposito di una decisione, il giudice a quo non ha tenuto conto che i commi dell’art. 68, successivi al primo, così come il TULD, artt. 69 e 70, (e dunque il procedimento amministrativo di secondo grado in essi disciplinato) sono stati tacitamente abrogati a seguito dell’emanazione del D.Lgs. n. 300 del 1999, che, all’art. 8, ha sancito la piena autonomia delle agenzie (fra cuì quella delle dogane), destinate a svolgere attività tecnico-operative di interesse nazionale già esercitate da ministeri ed enti pubblici, e sottoposte ai soli poteri di indirizzo e di vigilanza del competente ministero, e del D.Lgs. n. 165 del 2001, il cui art. 16, prevede, al comma 4, che gli atti e i provvedimenti dei dirigenti degli uffici dirigenziali generali (fra i quali vanno annoverati i Direttori regionali dell’Agenzia già Capi dei relativi compartimenti) non sono suscettibili di ricorso gerarchico.

Analogamente, il collegio consultivo centrale dei periti doganali è stato soppresso dal D.L. n. 223 del 2006, art. 29, comma 4, convertito dalla L. n. 248 del 2006.

Posto che il procedimento amministrativo di risoluzione della controversia non ha carattere sanzionatorio, ma accertativo, la perentorietà del termine di cui si discute non può neppure desumersi, così come affermato dalla CTR, dai principi generali dell’ordinamento interno (dai quali si ricava, al contrario, stante la previsione dell’art. 152 c.p.c., che un termine non può essere ritenuto perentorio in difetto di un’espressa previsione legislativa); nè ricorre analogia fra il cit. art. 68, comma 1, e il disposto del Reg. CE n. 2568 del 1991, art. 2, comma 4, che attiene ai diversi termini entro i quali vanno compiute le analisi e le eventuali controanalisi.

Il termine in questione non rileva, dunque, ai fini della consumazione del potere di accertamento doganale; si tratta, per contro, di un termine acceleratorio, ovvero assegnato al fine di una sollecita definizione della controversia amministrativa (assimilabile a quelli che il c.p.c., fissa per il deposito dei provvedimenti giurisdizionali), che ha natura meramente ordinatoria e la cui mancata osservanza può, eventualmente, costituire elemento valutabile sotto il profilo della responsabilità disciplinare del dirigente e/o della responsabilità da ritardo dell’amministrazione nella conclusione del procedimento (cfr. anche, con riferimento all’analogo termine previsto dall’art. 70, prima della soppressione del ricorso gerarchico al Ministro, Cass. Sez. 5, n. 13678 del 12/06/2009).

3) Il secondo motivo di ricorso, che denuncia la violazione e falsa applicazione del Reg.to CEE n. 2568 del 1991, art. 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è invece inammissibile, atteso che, come si è già rilevato in sede di esame dell’eccezione di giudicato esterno, le considerazioni svolte dalla CTR circa la perentorietà dei termini previsti dalla norma suddetta per lo svolgimento delle analisi non integrano un’ulteriore ratio decidendi posta a sostegno della pronuncia di accoglimento dell’appello, suscettibile di autonoma impugnazione.

4) All’accoglimento del primo motivo del ricorso conseguono la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio della causa alla CTR dell’Umbria, in diversa composizione, che liquiderà anche le spese di questo giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 12 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2020

 

 

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